lunedì 27 febbraio 2012

L'amore nella poesia italiana decadente e simbolista

L'amore nella poesia simbolista e decadente italiana serve spesso da spunto per un discorso più ampio, che magari si ricollega al passato, alla sofferenza e alla morte. Altre volte (si legga la poesia del Vallini) il discorso si trasforma in una profonda meditazione sull'esistenza. Nei poeti crepuscolari anche l'amore è un'occasione per evidenziare uno status di compiaciuta tristezza e di dolce malinconia. Leggendo alcuni versi specifici, in "Se non ci sei..." di Giovanni Camerana l'assenza dell'amore causa al poeta una serie di sensazioni negative ben esplicitate da alcune parole del testo come: "sepolcreto", "nero", "noia" e "incubo". Nella prima lirica di "Intermezzo della primavera" Gian Pietro Lucini descrive "Amore" a guisa di una divinità che si acquatta e insidia chi gli capita a tiro. Ne "Il tempio dell'Amore" Arturo Graf immagina un edificio dedicato al dio Amore situato in mezzo ad un bosco selvaggio. Nelle due poesie di Corrado Govoni che fanno parte della raccolta "Le fiale", si crea una sorta di contrapposizione tra l'amore sacro e quello profano ovvero tra la santità ed il peccato, il bene ed il male, l'angelo ed il diavolo. In una poesia di Italo Dalmatico l'amore è simboleggiato dal sole splendente, mentre la morte è il mare sottostante in cui il sole si rispecchia. In una poesia di Diego Angeli si parla di un monumento dedicato all'amore morto, costruito dal poeta stesso che, pur avendo amato intensamente non ha ricevuto altrettanto amore. Infine Guido Gozzano in "Convito" vede malinconicamente apparire, dalle braci del suo camino, non più in forma umana, le (tante) donne che lo amarono ma che lui non seppe o non volle amare.
 

Poesie sull'argomento
Diego Angeli: "Hic iacet amor" in "L'Oratorio d'Amore" (1904).
Fausto M. Bongioanni: "Via Santa Chiara" e "Via Cottolengo" in "Venti poesie" (1924).
Antonio Bruno: "Sérénade d'autrefois" in "Fuochi di Bengala" (1917).
Giovanni Camerana: "Se non ci sei..." in "Poesie" (1968).
Enrico Cavacchioli: "L'amore morto" in "L'Incubo Velato" (1906).
Guelfo Civinini: "Lamento d'amore sul mare" in "I sentieri e le nuvole" (1911).
Guido Da Verona: "Amore" in "Il libro del mio sogno errante" (1919).
Italo Dalmatico: "Amore splende come il sole..." in "Juvenilia" (1903).
Luigi Donati: "Il Risorto Amore" in "Le ballate d'amore e di dolore" (1897).
Luigi Fallacara: "Il segno lieto" in "Illuminazioni" (1925).
Cosimo Giorgieri Contri: "L'ultima lettera" in "Il convegno dei cipressi" (1894).
Cosimo Giorgieri Contri: "Amor del passato" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).
Corrado Govoni: "Amore spirituale" e "Amore libidinoso" in "Le Fiale" (1903).
Corrado Govoni "L'amore è triste" e "O amante mia!" in "Gli aborti" (1907).
Guido Gozzano: "Convito" in "I colloqui" (1911).
Arturo Graf: "Il tempio dell'Amore" in "Le Danaidi" (1905).
Virgilio La Scola: "Primo incontro" in "La placida fonte" (1907).
Marco Lessona: "Sempre" in "Ritmi" (1902).
Gian Pietro Lucini: "Amore insidia dalla rosa e tace" e "La Ballata delle Dame del Fiore" in "Il Libro delle Figurazioni Ideali" (1894).
Fausto Maria Martini: "Esaltazione dell'amore" in "Panem nostrum" (1907).
Arturo Onofri: "Nulla è più lucido e bianco de' tuoi piccoli denti" in "Canti delle oasi" (1909).
Nino Oxilia: "Tu e io" in "Gli orti" (1918).
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi: "Come un rosaio" in "Sillabe ed Ombre" (1925).
Guido Ruberti: "A Marcella" in "Le Evocazioni" (1909).
Carlo Vallini: "L'amore" in "Un giorno" (1907).
Remigio Zena: "Colloquio spirituale" in "Le Pellegrine" (1894).
 

Testi

CONVITO
di Guido Gozzano

I.

M'è dolce cosa nel tramonto, chino
sopra gli alari dalle braci roche,
m'è dolce cosa convitar le poche
donne che mi sorrisero in cammino.
 

II.

Trasumanate già, senza persone,
sorgono tutte... E quelle più lontane,
e le compagne di speranze buone
e le piccole, ancora, e le più vane:
mime crestaie fanti cortigiane
argute come in un decamerone...

Tra le faville e il crepitio dei ceppi
sorgono tutte, pallida falange...
Amore no! Amore no! Non seppi
il vero Amor per cui si ride e piange:
Amore non mi tanse e non mi tange;
invano m'offersi alle catene e ai ceppi.

O non amate che mi amaste, a Lui
invan proffersi il cuor che non s'appaga.
Amor non mi piagò di quella piaga
che mi parve dolcissima in altrui...
A quale gelo condannato fui?
Non varrà succo d'erbe o l'arte maga?

 
III.

- Un maleficio fu dalla tua culla,
né varrà l'arte maga, o sognatore!
Fino alla tomba il tuo gelido cuore
porterai con la tua sete fanciulla,
fanciullo triste che sapesti nulla,
ché ben sa nulla chi non sa l'Amore.

Una ti bacierà con la sua bocca,
sforzando il chiuso cuore che resiste;
e quell'una verrà, fratello triste,
forse l'uscio picchiò con la sua nocca,
forse alle spalle già ti sta, ti tocca;
già ti cinge di sue chiome non viste...

Si dilegua con occhi di sorella
indi ciascuna. E si riprende il cuore.
«Fratello triste, cui mentì l'Amore,
che non ti menta l'altra cosa bella!»

(Da "I colloqui").
 
 

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