giovedì 24 settembre 2015

Antologie: Il canto strozzato

Il canto strozzato. Poesia italiana del Novecento (saggi critici e antologia di testi a cura di Giuseppe Langella e Enrico Elli, nuova edizione accresciuta, Interlinea, Novara 1997) è un'opera particolare, nel suo genere. Si potrebbe definire metà saggio e metà antologia, visto che la parte dedicata ai saggi critici occupa più della metà del volume (378 pagine su 616). Sebbene la prima parte sia indubbiamente interessante, l'antologia ne esce assai penalizzata. Molti poeti sono infatti mal rappresentati, visto che gli viene concessa appena una pagina o due (e si tratta di nomi importanti come Fortini, Gatto, Govoni, Jahier, Moretti, Onofri, Parronchi, Penna, Sinisgalli e Solmi); ad altri invece (Gozzano e Ungaretti) viene riservato uno spazio ben più cospicuo. Alla fine si riscontra che i poeti, ristretti in poche pagine, sono tanti (ben 96, dialettali compresi), troppo spesso rappresentati da una sola composizione in versi (e alle volte questa è anche breve). Decisamente migliore è la parte bibliografica ma non quella biografica, ridotta all'osso. Ho parlato della seconda edizione di questa antologia; per quanto riguarda la prima (uscita nel 1995), direi che si differenzia soltanto per il minor numero di poeti antologizzati. Ecco l'elenco dei poeti presenti nella parte antologica della 2° edizione.





IL CANTO STROZZATO


Riccardo Bacchelli,  Raffaello Baldini, Nanni Balestrini,  Fernando Bandini, Giorgio Barberi Squarotti, Angelo Barile, Dario Bellezza, Attilio Bertolucci, Carlo Betocchi, Piero Bigongiari,  Giovanni Boine, Gian Piero Bona, Franco Buffoni, Dino Campana, Cristina Campo, Giorgio Caproni, Vincenzo Cardarelli, Bartolo Cattafi, Girolamo Comi, Sergio Corazzini, Maurizio Cucchi, Gabriele D'Annunzio, Milo De Angelis, Libero De Libero, Luciano Erba, Luigi Fallacara, Elio Fiore, Franco Fortini, Alfonso Gatto, Virgilio Giotti, Giovanni Giudici, Alfredo Giuliani, Corrado Govoni, Guido Gozzano, Adriano Grande, Tonino Guerra, Margherita Guidacci, Piero Jahier, Franco Loi, Gian Pietro Lucini, Mario Luzi, Valerio Magrelli, Giancarlo Majorino, Biagio Marin, Filippo Tommaso Marinetti, Alda Merini, Eugenio Montale, Marino Moretti, Roberto Mussapi, Giampiero Neri, Mario Novaro, Giacomo Noventa, Arturo Onofri, Giorgio Orelli, Elio Pagliarani, Aldo Palazzeschi, Alessandro Parronchi, Giovanni Pascoli, Pier Paolo Pasolini, Cesare Pavese, Elio Pecora, Sandro Penna, Albino Pierro, Antonio Porta, Antonia Pozzi, Salvatore Quasimodo, Giovanni Raboni, Silvio Ramat, Clemente Rebora, Angelo Maria Ripellino, Nelo Risi, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Amelia Rosselli, Roberto Roversi, Umberto Saba, Edoardo Sanguineti, Camillo Sbarbaro, Gregorio Scalise, Franco Scataglini, Rocco Scotellaro, Vittorio Sereni, Sandro Sinigaglia, Leonardo Sinisgalli, Ardengo Soffici, Sergio Solmi, Maria Luisa Spaziani, Delio Tessa, David Maria Turoldo, Giuseppe Ungaretti, Patrizia Valduga, Diego Valeri, Giorgio Vigolo, Cesare Viviani, Rodolfo Wilcock, Andrea Zanzotto, Valentino Zeichen, 

domenica 20 settembre 2015

Poeti dimenticati: Alfredo Galletti

Nacque a Cremona nel 1872 e morì a Milano nel 1962. Critico letterario e docente di letteratura italiana in varie università, scrisse anche delle poesie che raccolse in un volume pubblicato nel 1903. Leggendolo si nota una stretta osservanza da parte dell'autore ai temi dei classici ma anche a quelli di Carducci e di Pascoli; d'altronde Galletti fu un fervente ammiratore e studioso di questi due poeti, a cui dedicò importanti saggi.



Opere poetiche

"Odi ed elegie", Zanichelli, Bologna 1903.



Presenze in antologie

"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (p. 368).
"Antología della poesia italiana dei secoli XVIII e XIX", a cura di Ernesto Lamma, Neri, Bologna 1917 (pp. 297-300).



Testi

TRENO NOTTURNO

Mentre ansimando va per l'alta notte
Il ferreo treno, e a l'urlo, impaurito
Balza il cuore a un gentil sogno rapito,
E balenano l'ombre intorno rotte,

Le stelle in alto scintillando a frotte.
Navigli d'or del pelago infinito,
Vogan concordi ad un arcano lito,
Da ignoto cenno a ignoto porto addotte.

Così l'uomo e il suo sogno infermo e frale,
E il luminoso e puro astro remoto
Errano senza tregua in lor cammino:

Voler non rompe il gran cerchio fatale,
E tutto muove ad un destino ignoto
Del ciel sotto l'immenso arco divino.

(Da "Odi ed elegie")




LONTANANZA

Come pacato è il mare! ne 'l sole si stendono l'onde:
per le sue vie profonde non una vela appare.

Cupo è l'azzurro e uguale; il solco dov'è che segnava
la prua che ti recava lungi al terren natale?

solco, che gli occhi intenti seguian verso il cielo lontano,
molli e velati invano di lacrime cocenti,

Come la Vita, o solco, lieve tu segni l'abisso,
e a pena il flutto è scisso la nuova trama è ordita;

Vita, così tu fuggi, e l'onda ti copre d'oblio,
e d'immortal desio invan dentro ti struggi!

O Amor dolente, tale baleni su 'l nostro cammino,
ma il flutto del Destino copre il tuo solco frale.

(Da "Odi ed elegie")

domenica 13 settembre 2015

I fiori nella poesia italiana decadente e simbolista

A parte i crisantemi, i gigli e le rose per i quali ho predisposto capitoli a sé stanti, sono qui riassunte delle poesie in cui compaiono dei fiori. I poeti simbolisti hanno privilegiato alcuni di essi: gli asfodeli, le ninfee e le tuberose infatti prevalgono su tutti gli altri. Ogni fiore ha una sua simbologia, e occorrerebbe troppo tempo per specificare quali siano per ognuno di essi. Per tornare ai soli fiori citati in precedenza, gli asfodeli sono una specie di gigli che, secondo un'antica leggenda, servivano a consolare gli spiriti eletti dagli dei, che avrebbero dovuto entrare nei Campi Elisi; rappresentano, quindi, un simbolo funebre, dell'oltretomba. Le ninfee sono fiori che si trovano negli stagni, e, pur vivendo in un luogo tutt'altro che lindo, non hanno mai i petali sporchi; posseggono inoltre un profumo particolarmente intenso; tali elementi determinarono la loro simbologia: la purezza e la verginità. Infine le tuberose sono sempre associate alla sensualità, tanto è che, quando nelle poesie qui sotto elencate, sono presenti questi fiori, vi è anche descritto il fascino femminile.  



Poesie sull'argomento

Rosario Altomonte: "Poema floreale. Le tuberose" in «Il Trionfo d'Amore», febbraio 1904.
Rosario Altomonte: "Poema floreale. Le ninfee" in «Il Trionfo d'Amore», giugno 1904.
Diego Angeli: "L'elleboro" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Sandro Baganzani: "Fiori di Pasqua" in "Senzanome" (1924).
Gustavo Botta: "I doni" in "Alcuni scritti" (1952).
Sergio Corazzini: "Asfodeli" in "Dolcezze" (1904).
Giuliano Donati Pétteni: "Motivo di primavera" in "Intimità" (1926).
Vincenzo Fago: "Fior di mistero" in "Discordanze" (1905).
Enrico Fondi: "I papaveri" in «Poesia», agosto 1905.
Giulio Gianelli: "Battesimo" in "Intimi vangeli" (1908).
Cosimo Giorgieri Contri: "I fiori del colchico" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).
Cosimo Giorgieri Contri: "Un fiore" in «Nuova Antologia», giugno 1908.
Domenico Gnoli: "Fiori secchi" in "I canti del Palatino. Nuove solitudini" (1923).
Corrado Govoni: "Il garofano" in "Le Fiale" (1903).
Corrado Govoni "Le violette", "I giaggioli", " Le tuberose", "Edelweiss", "Magnolie", "Le azalee", "Le peonie", "I ciclami" e "Gli aster" in "Gli aborti" (1907).
Corrado Govoni: "Fiori" in "Poesie elettriche" (1911).
Gesualdo Manzella Frontini: "Ninfea" in "Novissima" (1904).
Tito Marrone: "Ne la pace del sol le rose sognano" in "Cesellature" (1899).
Pietro Mastri: "Fior di bella notte" e "Viola del pensiero" in "Lo specchio e la falce" (1907).
Pietro Mastri: "Il rosolaccio" e "Il girasole" in "La fronda oscillante" (1923).
Enrico Panzacchi: "Sinfoniale di maggio" in "Poesie" (1908).
Giovanni Pascoli: "Pervinca" in "Myricae" (1900).
Romolo Quaglino: "Circonfusa di gigli e tuberose" in "I Modi. Anime e Simboli" (1896).
Romolo Quaglino: "Fior d'anima" in "Fior' brumali" (1897).
Giacinto Ricci Signorini: "Fior di gardenia" in "Poesie e prose" (1903).
Antonio Rubino: "Ninfea" in "versi e disegni" (1911).
Francesco ed Emilio Scaglione: "L'asfodelo" in "Limen" (1910).
Alice Schanzer: "Primi ciclami" in "Motivi e canti" (1901).
Domenico Tumiati: "La ghirlanda", "Violaciocche" e "La donna dei tuberosi" in "Musica antica per chitarra" (1897).
Domenico Tumiati: "Anemoni" e "Il rosaio" in "Liriche" (1937).
Mario Venditti, "Similitudine" in "Il terzetto" (1911)



Testi

ASFODELI
di Sergio Corazzini

Madonna, se il cuore v’offersi,
il cuore giovine e scarlatto,
e se voi, con un magnifico atto,
lo accettaste insieme a’ miei versi

di fanciullo poeta, e se voi
con l’olio del vostro amore
teneste vivo il suo splendore
e lo appagaste de’ suoi

capricci assiduamente,
perché ieri lo faceste
sanguinare, lo faceste
lagrimare dolorosamente?

Tutte le sue gocce rosse
caddero a terra, mute,
e poi che furono cadute
il cuore più non si mosse

e come per incantamento
in ognuna fiorì un asfodelo,
il triste giglio del cielo
da l’eterno ammonimento.

(Da "Dolcezze")





NINFEA
di Antonio Rubino

Sui cieli di piropo un volo d'ibi
s'allunga verso la fumante duna:
riprende il costellato èpos Varùna,
chinando il corso agli orizzonti libi.

E tu, che di tristizia ti cibi,
Ninfea, serpentello di laguna,
che cangi il limo in un pallor di luna,
cullando i pigri amori degli anfibi,

guardi alla duplicata inquietudine
delle stelle, che van pei cieli a torme,
riflesse dalle iridee paludi,

né più senti la breve onda, che scivola,
e il contatto d'un vermo, che s'addorme
nella coppa del tuo fiore lascivo.

(Da "Versi e disegni")





LA DONNA DEI TUBEROSI
di Domenico Tumiati

Dal candelabro pendono
cinque lampade accese:
in un buio paese
come fiaccole splendono.

O splendore notturno!
o profumo improvviso!
Ella mi guarda fiso,
e piega il collo eburno.

Le sue iridi splendono
(i giardini vaporano,
i tuberosi odorano)
e le chiome ampie scendono.

Il martirio è sottile,
e la donna lontana.
Dai cinque sensi, ostile
torbida fiamma emana.

Che desiderio fiero
del giorno! ma l'odore
dei tuberosi! e l'ore
sono a mezzo sentiero.

Le cinque fiamme splendono,
né si flettono mai:
sembrano i cinque rai
spade che un crine fendono.


(Da "Musica antica per chitarra")



Odilon Redon, "Bouquet of flowers in a green vase"

domenica 6 settembre 2015

La finestra nella poesia italiana decadente e simbolista

La finestra rappresenta la possibilità di osservare l'esterno, ovvero di guardare ed interpretare la realtà. Se la finestra è chiusa, ovviamente vuole significare una mancanza di interesse per ciò che accade "al di fuori", oppure può palesare una rinuncia alla vita, o, ancora, rappresentare una perdita, la fine di qualcosa. Quando la finestra è aperta, le immagini, gli odori e i rumori provenienti dall'esterno possono trasmettere il trionfo della vita o, al contrario, della morte. Spesso, soprattutto nei poeti crepuscolari, chi sta alla finestra osserva paesaggi piovosi, che stanno a indicare una interpretazione della realtà e della vita assolutamente negative, poiché dominate dalla tetraggine e dalla noia. Vista dall'esterno, la finestra può avere altre simbologie, spesso legate al mistero e all'amore (quest'ultimo rappresentato da giovani e belle donne affacciate).



Poesie sull'argomento

Italo Mario Angeloni: "Neve rossa" in "Il conquistatore" (1910).
Antonino Anile: "Lontananza" in "Poesie" (1921).
Francesco Cazzamini Mussi: "Convalescenza in settembre" in "Fogline d'assenzio" (1913).
Sergio Corazzini: "La finestra aperta sul mare" in "Le aureole" (1905).
Giuseppe Deabate: "Finestra" in "Il canzoniere del villaggio" (1897).
Federico De Maria: "La sua finestra" in "La leggenda della vita" (1909).
Lionello Fiumi: "Due prigionieri" in "Polline" (1914).
Domenico Gnoli: "Veglia" in "Eros" (1896).
Corrado Govoni: "Su la mia finestra, la pioggia" in "Armonia in grigio et in silenzio" (1903).
Corrado Govoni: "Le finestre" in "Poesie elettriche" (1911).
Olindo Malagodi: "La fronda alla finestra" in "Un libro di versi" (1908).
Guido Marta: "La finestra aperta", "Finestra sul canale" e "Finestra sul giardino" in "La neve in giardino" (1922).
Pietro Mastri: "Spesso, in qualche viucola sperduta" in "La Meridiana" (1920).
Nicola Moscardelli: "Finestra chiusa" in "La Veglia" (1913).
Nino Oxilia: "Alla finestra mentre piove" in "Gli orti" (1918).
Aldo Palazzeschi: "Le finestre di Borgo Tramontano" e "La finestra terrena" in "Poemi" (1909).
Teresah: "Mistero" in "Il libro di Titania" (1909).



Testi

LONTANANZA
di Antonino Anile

Son chiuse le finestre de la nota
tua casa. Io passo solo per la via,
con chiusa dentro l'anima l'ombria,
che più m'invade, d'una angoscia ignota.

Non un tempio deserto, a cui non resta
un solo nume, un solo altare, è triste
come ora la tua casa. Non esiste
una tristezza al mondo eguale a questa!

Tu sei lontana. Piovono dolore
le finestre del tuo vedovo lare;
io passo per la via solo: e mi pare
che intorno pianga in ogni cosa un cuore

umano, pianga un'esistenza vinta,
pianga una parte dell'anima mia,
Tu sei lontana. Io passo per la via
solo e vivente d'una vita estinta!

(Da "Poesie")





ALLA FINESTRA MENTRE PIOVE
di Nino Oxilia

Piove e la pioggia lascia andare al vento
le sue chiome leggere;
torce il vento i capelli d'acqua; sento
l'anima a fili torcersi e cadere.

I fili del telegrafo, sottili
tagliano il muro in faccia;
vanno le gocce d'acqua sopra i fili
ad una ad una e l'una e l'altra caccia.

Sono le vene dell'abisso umano
questi fili; imprecisi
nervi del sogno, recano lontano
i pensieri degli uomini divisi.

Che passa ora? Che passa ora, nell'attimo,
sui fili paralleli?
Ecco il mio cuore, umanità che batti
diversa in questo stesso attimo i cieli!

Ecco il mio cuore! Piove e l'acqua striscia
grigia nell'aria scialba:
pensieri in corsa, io vi darei la liscia
cava anima a riparo fino all'alba.

Fino all'alba che rida il sole. Andare
è bello, al sol, sui ponti
sonori di ferrati archi; passare
dalla gioia dei liberi orizzonti

a città tumultuose ove divine
parole e gesti iniqui
s'alternano nei sottosuoli obliqui,
dentro ai palazzi e dentro alle officine;

poi nel fumo oleoso di bitume,
vomitato da gole
profonde, ritrovare un altro fiume
e ribalzare nello stesso sole...

andare è bello! andare è bello! Ma
piove e i pensieri vanno
sotto la pioggia nell'oscurità
silenziosi verso un nuovo affanno:

vanno, e le vene del dolore umano
recano sotto i venti
i pensieri degli uomini lontano,
i pensieri degli uomini piangenti.

Che passa, ora, che passa, ora, nell'attimo,
sui fili paralleli?
Ecco il mio cuore, Umanità che batti
diversa in questo stesso attimo i cieli.

Ecco il mio cuore! Dà la pioggia al vento
le sue chiome leggere;
torce il vento i capelli d'acqua; sento
l'anima a fili torcersi e cadere.


(Da "Gli orti")  


Carl Vilhelm Holsøe, "Waiting by the window"