sabato 18 febbraio 2012

L'albero nella poesia italiana simbolista e decadente

Quella dell'albero è una immagine diffusissima in molte tradizioni religiose e non; a seconda del tipo di albero muta la sua simbologia: per fare alcuni esempi potremmo dire che i salici rappresentano il dolore ed il lutto, i pini e gli abeti l'immortalità, i pioppi la vecchiaia, gli ontani la spiritualità, le acacie e gli olivi la rinascita, i lauri la gloria, le palme il martirio. I cipressi, invece, meritano un discorso più approfondito. Si coglie poi, in molti casi, il riferimento ad una precisa simbologia che ha a che vedere con la superiorità e l'isolamento (l'albero in questi casi spesso si trova in paesaggi aridi dove s'impone e svetta quasi con superbia). Analizzando in breve alcuni testi poetici notiamo che ne "L'abete solitario" di Arturo Graf il sempreverde sembra assumere il ruolo di grande saggio o spettatore muto e superbo delle lontane vicende terrene; ne "I gattici" di Giovanni Pascoli, gli alberi brulli e dalle foglie color argento rappresentano la perdita di speranza e il disfacimento; in "Ai lauri" di Gabriele D'Annunzio, gli arbusti simboleggiano un passato felice e irripetibile; nelle poesie di Mario Morasso e di Luigi Fallacara diviene arduo individuare un significato preciso, ma si avvertono dei vaghi riferimenti a mondi, sogni e colori. Nella poesia "La morte dell'albero" di Sergio Corazzini, la triste sorte del colosso immenso e forte simboleggia l'imprevedibilità del destino; in "L'albero ucciso" di Giovanni Alfredo Cesareo gli alberi divengono esseri pensanti capaci di comprendere il significato della morte. In una poesia di Nino Oxilia c'è una pianura in cui svetta una quercia libera e sicura che silenziosamente | consuma nella fiamma il gran segreto. Ne "Il laureto" di Enrico Cardile si assiste ad una sorta di rito iniziatico che si svolge in una viva e densa | selva.
 
 
Poesie sull'argomento
Diego Angeli: "Il vischio" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Umberto Bottone: "Gli Ulivi" e "I Salici" in "Lumi d'argento" (1906).
Giovanni Camerana: "Autunnale" in "Poesie" (1968).
Enrico Cardile: "Il laureto" in "Sintesi" (1923).
Giovanni Alfredo Cesareo: "L'albero ucciso" in "Le consolatrici" (1905).
Carlo Chiaves: "Il pino" in "Sogno e ironia" (1910).
Sergio Corazzini: "La morte dell'albero" in «Marforio», febbraio 1903.
Italo Dalmatico: "I vecchi" in "Juvenilia" (1903).
Gabriele D'Annunzio: "Ai lauri" in "Poema paradisiaco" (1893).
Luigi Fallacara: "L'albero" in "Illuminazioni" (1925).
Cosimo Giorgieri Contri: "L'alloro" e "Alberi antichi" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).
Cosimo Giorgieri Contri: "Il ginepro" in «Nuova Antologia», aprile 1906.
Corrado Govoni "L'acacia" e "Il pioppo" in "Gli aborti" (1907).
Corrado Govoni: "I pioppi d'argento" in "Poesie elettriche" (1911).
Arturo Graf: "L'abete solitario" in "Medusa" (1890).
Arturo Graf: "Vecchi ontani" in "Dopo il tramonto" (1893).
Giuseppe Lipparini: "L'albero dei sogni" in "Le foglie dell'alloro. Poesie (1898-1913)" (1916).
Tito Marrone: "Il pesco" in "Cesellature" (1899).
Pietro Mastri: "L'albero e l'aquilone" in "L'arcobaleno" (1900)
Pietro Mastri: "Olivo e cipresso", "La fronda oscillante" e "L'albero insonne" in "Lo specchio e la falce" (1907).
Mario Morasso: "Le sacre palme nelle notti di passione" e "I giunchi" in "I Prodigi" (1894).
Angiolo Orvieto: "Abeti" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Nino Oxilia: "In fondo alla giallognola pianura" in "Canti brevi" (1909).
Enrico Panzacchi: "Notte insonne" in "Poesie" (1908).
Giovanni Pascoli: "I gattici" e "Il pesco" in "Myricae" (1900).
Romolo Quaglino: "La orgogliosa umiltà - Preludio" in "Dialoghi d'Esteta" (1899).
Antonio Rubino: "L'albero umano" in «Poesia», ottobre 1908.
 
 
Testi
L'ALBERO
di Luigi Fallacara

Lignum habet spem.
Job. XIV - 7

Una parola vivida di grazia
al corpo assorto in suo stupore d'atto,
come per gloria d'albero che spazia
su vasta foga di rosso disfatto;

se una constatazione non ci sazia,
noi, smarriti nel vivere compatto,
e tu, esaltata, contorta a disgrazia
di colpa, carne che ancor chiede patto.

Ma così, sempre invano. Pentimento
solo, sconforto di virtù negata;
questo, alla tua grandezza che si sfoglia.

Incongruenza, in cogliere suo intento,
fatta legge; potenza disperata
d'albero umano che non rifà foglia.

(Da "Illuminazioni")

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