Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
mercoledì 29 febbraio 2012
Ò visto
martedì 28 febbraio 2012
Da "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust

lunedì 27 febbraio 2012
Candori
L'amore nella poesia italiana decadente e simbolista
Poesie sull'argomento
Diego Angeli: "Hic iacet amor" in "L'Oratorio d'Amore" (1904).
Fausto M. Bongioanni: "Via Santa Chiara" e "Via Cottolengo" in "Venti poesie" (1924).
Antonio Bruno: "Sérénade d'autrefois" in "Fuochi di Bengala" (1917).
Giovanni Camerana: "Se non ci sei..." in "Poesie" (1968).
Enrico Cavacchioli: "L'amore morto" in "L'Incubo Velato" (1906).
Guelfo Civinini: "Lamento d'amore sul mare" in "I sentieri e le nuvole" (1911).
Guido Da Verona: "Amore" in "Il libro del mio sogno errante" (1919).
Italo Dalmatico: "Amore splende come il sole..." in "Juvenilia" (1903).
Luigi Donati: "Il Risorto Amore" in "Le ballate d'amore e di dolore" (1897).
Luigi Fallacara: "Il segno lieto" in "Illuminazioni" (1925).
Cosimo Giorgieri Contri: "L'ultima lettera" in "Il convegno dei cipressi" (1894).
Cosimo Giorgieri Contri: "Amor del passato" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).
Corrado Govoni: "Amore spirituale" e "Amore libidinoso" in "Le Fiale" (1903).
Corrado Govoni "L'amore è triste" e "O amante mia!" in "Gli aborti" (1907).
Guido Gozzano: "Convito" in "I colloqui" (1911).
Arturo Graf: "Il tempio dell'Amore" in "Le Danaidi" (1905).
Virgilio La Scola: "Primo incontro" in "La placida fonte" (1907).
Marco Lessona: "Sempre" in "Ritmi" (1902).
Gian Pietro Lucini: "Amore insidia dalla rosa e tace" e "La Ballata delle Dame del Fiore" in "Il Libro delle Figurazioni Ideali" (1894).
Fausto Maria Martini: "Esaltazione dell'amore" in "Panem nostrum" (1907).
Arturo Onofri: "Nulla è più lucido e bianco de' tuoi piccoli denti" in "Canti delle oasi" (1909).
Nino Oxilia: "Tu e io" in "Gli orti" (1918).
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi: "Come un rosaio" in "Sillabe ed Ombre" (1925).
Guido Ruberti: "A Marcella" in "Le Evocazioni" (1909).
Carlo Vallini: "L'amore" in "Un giorno" (1907).
Remigio Zena: "Colloquio spirituale" in "Le Pellegrine" (1894).
Testi
CONVITO
di Guido Gozzano
I.
M'è dolce cosa nel tramonto, chino
sopra gli alari dalle braci roche,
m'è dolce cosa convitar le poche
donne che mi sorrisero in cammino.
II.
Trasumanate già, senza persone,
sorgono tutte... E quelle più lontane,
e le compagne di speranze buone
e le piccole, ancora, e le più vane:
mime crestaie fanti cortigiane
argute come in un decamerone...
Tra le faville e il crepitio dei ceppi
sorgono tutte, pallida falange...
Amore no! Amore no! Non seppi
il vero Amor per cui si ride e piange:
Amore non mi tanse e non mi tange;
invano m'offersi alle catene e ai ceppi.
O non amate che mi amaste, a Lui
invan proffersi il cuor che non s'appaga.
Amor non mi piagò di quella piaga
che mi parve dolcissima in altrui...
A quale gelo condannato fui?
Non varrà succo d'erbe o l'arte maga?
III.
- Un maleficio fu dalla tua culla,
né varrà l'arte maga, o sognatore!
Fino alla tomba il tuo gelido cuore
porterai con la tua sete fanciulla,
fanciullo triste che sapesti nulla,
ché ben sa nulla chi non sa l'Amore.
Una ti bacierà con la sua bocca,
sforzando il chiuso cuore che resiste;
e quell'una verrà, fratello triste,
forse l'uscio picchiò con la sua nocca,
forse alle spalle già ti sta, ti tocca;
già ti cinge di sue chiome non viste...
Si dilegua con occhi di sorella
indi ciascuna. E si riprende il cuore.
«Fratello triste, cui mentì l'Amore,
che non ti menta l'altra cosa bella!»
(Da "I colloqui").
domenica 26 febbraio 2012
Ora io non guardo
su una lavagna scancellata.
Questa poesia brevissima è stata scritta da Leonardo Sinisgalli (1908-1981) e fa parte del volume "Il passero e il lebbroso" che il poeta lucano pubblicò nel 1970. Col passare degli anni i versi di Sinisgalli, esponente di spicco dell'ermetismo, andarono sempre più verso una sintesi, una scarnificazione che s'avvicina all'epigrammaticità. In questo caso è intuibile uno stato di fissità oculare, forse sintomo di stanchezza, forse di apatia o forse di chiusura. La lavagna scancellata però fa pensare al periodo scolastico e quindi i due versi potrebbero essere riferiti ad un ricordo lontano; ma l'avverbio di tempo con cui inizia la poesia fa riferimento al presente e quindi ad una situazione diversa. Questa difficile interpretazione conferma che Sinisgalli mantenne, in qualche modo, la sua caratteristica ermeticità anche nelle opere più tarde.
giovedì 23 febbraio 2012
Verrà un giorno
scoppierà la pace sulla terra
come un sole di cristallo.
Una luce nuova
avvolgerà le cose.
Gli uomini canteranno per le strade
ormai liberi dalla morte menzognera.
Il frumento crescerà sui resti
delle armi distrutte
e nessuno verserà
il sangue del fratello.
Il mondo allora apparterrà alle fonti
e alle spighe che imporranno il loro impero
di abbondanza e freschezza senza frontiere.
L'autore di questa poesia è Jorge Carrera Andrade (Quito 1903 - Parigi 1978), poeta e storico ecuadoregno che nel suo paese ricoprì cariche prestigiose prima di trasferirsi a Parigi, nel 1946, perchè in contrasto col regime instauratosi nel paese sudamericano. In Europa divenne amico di letterati come Tzara ed Eluard. Tornò in Ecuador per un breve periodo (rischiò infatti il carcere per essersi opposto al governo militare) e quindi si stabilì negli Stati Uniti, dove insegnò alla State University di New York. Morì a Parigi all'età di 75 anni.
Nella poesia si parla di una utopia: la pace su tutta la Terra. L'impressione che si ha è quella di un sogno ad occhi aperti; un ottimismo che va al di là di ogni più rosea previsione fa immaginare al poeta che in un imprecisato futuro arriverà il giorno in cui finiranno per sempre gli odi e le guerre tra gli esseri umani. Da questo fantastico giorno anche la luce e la natura muteranno aspetto e si vivrà in una specie di paradiso terrestre in cui non esisteranno le armi, la fame né tanto meno le frontiere. Una delle cose che fanno grande la poesia ed i poeti è la capacità, con la forza del pensiero e con la bellezza delle parole, di immaginare mondi meravigliosi ma irreali, riuscendo a convincere che tali mondi possano divenire un giorno realtà.
martedì 21 febbraio 2012
Da "Gente in Aspromonte" di Corrado Alvaro

lunedì 20 febbraio 2012
Antologie: "Poeti della rivolta"

domenica 19 febbraio 2012
Poeti dimenticati: Mercurino Sappa
Opere poetiche
"Affetti lirici", Roux e Favale, Torino 1879.
"Poesie di Mercurino Sappa", S. Calderini e figlio, Reggio Emilia 1884.
"Rime", G. Issoglio, Mondovì 1890.
"Le pie rime", Casanova, Torino 1896.
"Le Monregalesi", Tip. fratelli Lobetti-Bodoni, Saluzzo 1899.
"Ballatette", Streglio, Torino-Venaria-Reale 1904.
"Il manipolo", Streglio, Torino-Genova 1908.
"Poesie (edite ed inedite)", Soc. Tip. Ed. Lobetti-Bodoni, Torino 1926.
Presenze in antologie
"Poeti minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda, Bologna 1955 (pp. 374-381).
"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (volume quarto, pp. 188-193).
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 621-627).
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Piatto anteriore de "Il manipolo" |
sabato 18 febbraio 2012
L'albero nella poesia italiana simbolista e decadente
Poesie sull'argomento
Diego Angeli: "Il vischio" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Umberto Bottone: "Gli Ulivi" e "I Salici" in "Lumi d'argento" (1906).
Giovanni Camerana: "Autunnale" in "Poesie" (1968).
Enrico Cardile: "Il laureto" in "Sintesi" (1923).
Giovanni Alfredo Cesareo: "L'albero ucciso" in "Le consolatrici" (1905).
Carlo Chiaves: "Il pino" in "Sogno e ironia" (1910).
Sergio Corazzini: "La morte dell'albero" in «Marforio», febbraio 1903.
Italo Dalmatico: "I vecchi" in "Juvenilia" (1903).
Gabriele D'Annunzio: "Ai lauri" in "Poema paradisiaco" (1893).
Luigi Fallacara: "L'albero" in "Illuminazioni" (1925).
Cosimo Giorgieri Contri: "L'alloro" e "Alberi antichi" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).
Cosimo Giorgieri Contri: "Il ginepro" in «Nuova Antologia», aprile 1906.
Corrado Govoni "L'acacia" e "Il pioppo" in "Gli aborti" (1907).
Corrado Govoni: "I pioppi d'argento" in "Poesie elettriche" (1911).
Arturo Graf: "L'abete solitario" in "Medusa" (1890).
Arturo Graf: "Vecchi ontani" in "Dopo il tramonto" (1893).
Giuseppe Lipparini: "L'albero dei sogni" in "Le foglie dell'alloro. Poesie (1898-1913)" (1916).
Tito Marrone: "Il pesco" in "Cesellature" (1899).
Pietro Mastri: "L'albero e l'aquilone" in "L'arcobaleno" (1900)
Pietro Mastri: "Olivo e cipresso", "La fronda oscillante" e "L'albero insonne" in "Lo specchio e la falce" (1907).
Mario Morasso: "Le sacre palme nelle notti di passione" e "I giunchi" in "I Prodigi" (1894).
Angiolo Orvieto: "Abeti" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Nino Oxilia: "In fondo alla giallognola pianura" in "Canti brevi" (1909).
Enrico Panzacchi: "Notte insonne" in "Poesie" (1908).
Giovanni Pascoli: "I gattici" e "Il pesco" in "Myricae" (1900).
Romolo Quaglino: "La orgogliosa umiltà - Preludio" in "Dialoghi d'Esteta" (1899).
Antonio Rubino: "L'albero umano" in «Poesia», ottobre 1908.
Testi
L'ALBERO
di Luigi Fallacara
Una parola vivida di grazia
al corpo assorto in suo stupore d'atto,
come per gloria d'albero che spazia
su vasta foga di rosso disfatto;
se una constatazione non ci sazia,
noi, smarriti nel vivere compatto,
e tu, esaltata, contorta a disgrazia
di colpa, carne che ancor chiede patto.
Ma così, sempre invano. Pentimento
solo, sconforto di virtù negata;
questo, alla tua grandezza che si sfoglia.
Incongruenza, in cogliere suo intento,
fatta legge; potenza disperata
d'albero umano che non rifà foglia.
(Da "Illuminazioni")
giovedì 16 febbraio 2012
Poeti dimenticati: Gustavo Botta
«Autocritico, severo, corretto, estimatore di gusto, va regalando rarissime prose e più scarse poesie ai giornali, ma si rifiuta dall'opera grande. Tuttora incalza il suo pensiero, ripolisce la sua forma, eccessivamente incontentabile; ma quanto dignitoso è il suo silenzio e più nobile la sua avarizia! Sa dove risieda probità nell'arte, rispetto a sè medesimo; e condanna i tentativi ingiustificati come altrettanti attentati al proprio buon nome, obbligo che noi tutti dobbiamo verso le lettere patrie ed al buon senso italiano».
Opere poetiche
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Piatto anteriore di "Alcuni scritti" |
Presenze in antologie
"L'antologia dei poeti italiani dell'ultimo secolo", a cura di Giuseppe Ravegnani e Giovanni Titta Rosa, Martello, Milano 1963 (pp. 279-283).
Testi
NEL SOGNO
(da "Alcuni scritti")
martedì 14 febbraio 2012
Una frase di Bertrand Russell
Questa frase del filosofo britannico Bertrand Russell (1872-1970) pone in evidenza una reltà tristissima e incontestabile; tutti penso siano a conoscenza dei motivi per cui, sia in tempi recenti che in tempi lontani sono scoppiate le guerre, e risulta chiaro il fatto che, a parte le grandi rivoluzioni, mai è stato il popolo a decidere in tal senso ma soltanto una persona o al massimo un piccolo gruppo di persone le quali da queste guerre cercavano dei vantaggi economici e di altra natura. Né è mai accaduto che chi ha deciso di iniziare una guerra sia sceso sul campo di battaglia ed abbia rischiato la propria vita; per il fronte sono sempre partite le classi sociali più basse delle nazioni: contadini, operai, pescatori, disoccupati e molti di questi hanno perso la vita in giovane età.
Una frase di Voltaire
Questa famosa frase di Voltaire, pseudonimo del famoso filosofo e scrittore francese François-Marie Arouet (1694-1778), rirengo che vada posta alla base di qualsiasi società democratica che metta al primo posto la libertà di opinione e di espressione. Purtroppo nelle dittature del passato e in quelle del presente, è proprio la libera opinione ad essere proibita; si potrebbero fare centinaia di esempi, ma basti, nel caso della nostra nazione, il periodo del fascismo, quando fu praticamente vetata qualsiasi espressione personale che criticasse il potere politico vigente. Da qui la chiusura di molti quotidiani e giornali che si opponevano al regime e, in alcuni casi, le azioni repressive violente nei confronti degli editori e dei giornalisti che continuavano a voler esprimere liberamente le loro opinioni. Due esempi per tutti: Pietro Gobetti e Antonio Gramsci, entrambi eliminati dal regime soltanto per le loro idee dissimili da quelle fasciste. Fortunatamente oggi sono assai di meno i paesi oppressi da questa totale mancanza di libertà, e si può sperare che in un futuro prossimo ve ne siano ancora meno.
lunedì 13 febbraio 2012
Momenti
Ho raggruppato queste otto mie poesie, intitolandole “Momenti”, perché sono versi che descrivono, per l’appunto, dei momenti più o meno importanti della mia vita. Esclusa la 3° poesia (che parla delle tante giornate estive trascorse presso la casa dei mie nonni, a giocare fino a sera da solo o coi miei compagni d’infanzia), si tratta di momenti o attimi, da me vissuti tra il 1990 e il 1999. La 6° poesia è incentrata sul ricordo di un amore breve (era l’estate del 1991), nato nelle corsie di un ospedale romano.
Piccola stazione di un paese
qualunque, con due binari e un terzo
staccato, abbandonato.
Si cammina lentamente sui sassolini
del terreno e si ascolta il dolce
rumore dei passi.
Ci si siede su una vecchia panchina
verniciata da poco con un verde
intenso e si guarda il paesaggio.
Davanti c'è un'altra panchina
con un altro signore seduto,
in attesa del treno che arriverà.
Più lontano lontano c' è un campo
giallo con degli uccelli che vi sostano
e poi volano via.
Si sente il rumore delle cicale e
null'altro.
È un quieto pomeriggio di settembre,
l'aria è ferma,
Il treno fra dieci minuti
passerà...
2
Passeggiare sulla spiaggia
deserta
in una grigia giornata
di fine ottobre.
Osservare i gabbiani che cercano il cibo,
guardare le onde del mare
che lentamente s'infrangono
a riva;
cercare l'orizzonte lontano...
meravigliarsi delle impronte
lasciate dai passi sulla sabbia,
rattristarsi alla visione
di detriti sparsi lasciati dal mare.
Respirare l'odore di salsedine,
immergersi nell'aspetto più languido
e affascinante dell'autunno.
Andare...
3
Ricordo di un giorno d'estate.
Svegliarsi poco prima dell'alba e osservare attraverso le persiane la nascita di un nuovo giorno.
Alzarsi felici pensando alle ore future come si pensa ad un paradiso in Terra.
Uscire sull'amato cortile e passare tutto il tempo a giocare.
Sapersi divertire con poco, con nulla: magia e incanto dell'età infantile.
Sentirsi chiamare e rientrare in casa delusi, consumare il pasto velocemente, desiderosi di tornare a giocare.
Trascorrere il pomeriggio assolato su strade deserte e invitanti, inventando fantasiose avventure.
Rincasare, arrivata la sera, con una tristezza indefinibile, pensare al giorno seguente.
Una giornata d'oro è terminata ma un'altra uguale ci attende.
Così è stato in un tempo e in un luogo al di fuori della realtà eppure reale.
4
Pensieroso, insoddisfatto
vagavo nelle viùcole
della città eterna
in cerca di vecchi volumi,
di parole scolpite
e misteriose.
Il mite pomeriggio invernale
pian piano moriva
lasciando alla sera
gelida e triste
l'ingrato compito
di uccidere il giorno.
5
Autunno glorioso
che ci regali, oh Roma,
antichissima, meravigliosa città
che offri agli occhi estasiati
dei tuoi ammiratori
una moltitudine di strade
alberate, le tue mura
battute dal sole pomeridiano,
le tue mille chiese nascoste,
le tue invitanti fontane;
e il tuo immenso cielo
che fa da sfondo
ad uno spettacolo ineguagliabile:
Cosa c'è più bello di Roma?
6
Ricordi quel giorno
che noi ci vedemmo
in quella piazzetta
svuotata dal caldo
tremendo d'agosto;
ricordi i piccioni
volare d'intorno
e gli alberi alti,
le foglie cadute
già in terra;
ricordi le risa
e il sole sui tetti
che illuminava
le anime nostre;
ricordi le fonti
cercate tra i vicoli,
quell'acqua purissima
nelle nostre mani.
Dove sei andata,
in quale punto,
luogo della Terra
ora vivi e pensi?
Ricordi ancora
i nostri giorni
distanti, sognanti
vissuti per caso
sommersi oramai
dal tempo spietato?
Io ancora ti vedo
ti cerco nel fondo
del cuore ormai stanco
e penso quel tempo
di fuori dal tempo.
Ci ritroveremo...
...
Tu scenderai le scale
di Trinità dei Monti;
io ti verrò incontro
e ci sembrerà
di non esserci
mai separati...
7
E ritorna novembre
coi suoi santi ed i suoi morti,
con la sua mite estate
di San Martino,
con le sue foglie secche
sparse sul terreno,
con le sue pioggie
sempre più fitte,
con le sue notti
fredde e lunghe,
con la sua aria di tristezza,
col suo messaggio che ammonisce:
«Un altro anno
sta per finire,
preparati
a morire».
8
È una gelida sera decembrina
ed io ritorno alla mia casa
in questo treno colmo di gente
e vuoto di felicità.
È finita un'altra giornata,
se ne è volata via
senza colpo ferire,
tra un nulla ed un altro
nulla, tra un viaggio di andata
e ritorno, tra un'alba
e un tramonto.
E la vita piano piano
ci lascia, se ne va
lentissimamente;
e si va avanti
solo perché si deve,
solo per necessità.
Una giornata è finita
e un'altra comincerà.
domenica 12 febbraio 2012
Da "Le confessioni" di Jean-Jacques Rousseau
Le confessioni di Jean-Jacques Rousseau (Ginevra 1712 – Ermenonville 1778) rappresentano qualcosa di veramente speciale nel panorama vastissimo della letteratura europea e mondiale. Si compongono di ben 12 libri, in cui lo scrittore elvetico ricorda i suoi primi 53 anni di vita. Cominciò a scriverle nel 1764, ma furono pubblicate postume, a partire dal 1782 (la seconda e ultima parte uscì nel 1789). Devo ammettere che io ho letto soltanto una piccola parte delle Confessioni; con tutto ciò sono rimasto affascinato dalla magistrale scrittura autobiografica di Rousseau, e, in certi frammenti (come quello che ho riportato qui sotto) mi ci sono perfettamente ritrovato.
sabato 11 febbraio 2012
Antologie: "Dai nostri poeti viventi"

DAI NOSTRI POETI VIVENTI
Da "I quaderni di Malte Laurids Brigge" di Rainer Maria Rilke
venerdì 10 febbraio 2012
Poeti dimenticati: Giovanni Croce
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