venerdì 23 marzo 2012

Poeti dimenticati: Giacinto Ricci Signorini

Gualtiero Giacinto Silvio Ricci Signorini nacque a Massalombarda nel 1861 e morì a Cesena nel 1893. Figlio di un medico, studiò Lettere all'università di Bologna, dove divenne allievo del Carducci. Dopo la laurea professò l'insegnamento a Campobasso, a Catanzaro e quindi a Cesena, dove visse fino al giorno del suicidio, che pose fine ad una vita inquieta e insoddisfatta, di un uomo che cercò invano la gloria. La sua opera poetica, in parte pubblicata mentre era in vita, in parte recuperata in un volume postumo da Luigi Donati, ha spesso toni drammatici, che dimostrano la profonda infelicità del poeta romagnolo; non frequente, ma apprezzabile, è la parte dei versi dedicati alla sua amata Romagna, evocata nella sua vita agreste.
 
 
 
Opere poetiche
"Rime", Vignuzzi, Cesena 1888.
"Il libro delle rime", Vignuzzi, Cesena 1890.
"Romagna", Zanichelli, Bologna 1891.
"Thanatos", Società Coop. per l'arte tipogr., Cesena 1892.
"Elegie di Romagna", Società Coop. per l'arte tipogr., Cesena 1893.
"Poesie e prose", Zanichelli, Bologna 1903.
"Poesie e prose scelte", Galeati, Imola 1966.
 
 
 
Presenze in antologie
"Poeti minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda, Bologna 1955 (pp. 346-351).
"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (volume terzo, pp. 371-377).
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 667-673).
"Parnaso italiano. Poesia dell'Ottocento", a cura di Carlo Muscetta ed Elsa Sormani, Einaudi, Torino 1968 (vol. II, pp. 2114-2123).
 
 
 
Testi

Rugge nel petto mio l'odio, s'annida
Nel mio cervello un pensiero tenace
Che mi tortura e non mi lascia in pace,
E spero ben che un urlo deh m'uccida.

Passai, deserto, e nella lunga via
Non un fiore spuntò per rallegrarmi;
Passai gettando nei miei dolci carmi
La speme i sogni la malinconia.

Ma son già stanco, nell'anima mia
Sta lo sconforto triste, a lusingarmi
Vien sol la morte da i vegliati marmi;
Né mi sostiene una fanciulla pia.

(Da "Poesie e prose scelte")



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