Un suono indistinto ha echeggiato,
e m'ha d'improvviso destato:
rintocco di qualche campana
lontana lontana lontana,
pispiglio di topo fugace,
stridìo di tignuola vorace,
o pianto di bimbo malato
in van dalla madre cullato?
Guaìto di cane errabondo,
canto a stesa di vagabondo,
furtivo richiamo d'amante,
o rantolo d'agonizzante?
Un suono indistinto ha echeggiato,
e m'ha d'improvviso destato.
"Notturno" è una poesia di Mario Venditti (1889-1964), scrittore partenopeo oggi praticamente ignorato che ebbe discreta fama verso la fine della seconda decade del XX secolo, quando fu collaboratore di riviste letterarie valide come "La Diana" e pubblicò alcune raccolte poetiche come "Il terzetto" (1911), da cui è tratta questa poesia, e "Il cuore al trapezio" (1921). "Notturno" risente molto della poetica di Giovanni Pascoli; lo si nota facilmente se si legge, del poeta emiliano, la sezione "Misteri" di "Myricae". Venditti vuole qui accentuare il carattere enigmatico del "suono indistinto" che lo ha destato dal sonno per giungere ad una considerazione: la vita è piena di episodi misteriosi che percepiamo, ma che mai saremo in grado di spiegare.
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