venerdì 9 marzo 2012

[Marzo lucendo nell'aria]

Marzo lucendo nell'aria
Con vena sottile rinnova
L'esangue terra invernale
E come occhio di bimbo
Tutto s'apre a guardare,
E dà i riccioli al vento.
Che val, primavera, con spire
Irrequiete turbare
L'inerte mia spoglia?
Fra quattro mura di libri e d'ombre,
Sopra pagine ingombre,
L'amabil giovinezza
Qui s'infosca e si spezza,
L'amabil giovinezza
Che tranne sé
Non ha chi non conosca;
Che val, primavera, con avida
Gioia invitare il mio senso
All'ebbrezza del sole e del vento?
Dall'incessante via
Una canzone appassionata esulta,
E un rider sento d'uomini e di donne
Che nel lavoro preparan le voglie:
Dalle pagine ingombre, ottenebrato
Il mio volto s'alza a chiedere
La verità della vita
Che l'àttimo contrasta
E il dolor solo accoglie.
Ma il dolore non basta
E l'amore non viene.


 
È la 55° poesia di "Frammenti lirici", raccolta poetica di Clemente Rebora (Milano 1885 - Stresa 1957) pubblicata nel 1913. I versi di questa poesia rappresentano un'eccezione nell'opera citata, che presenta in prevalenza elementi espressionistici ardui, immagini che contrappongono la città e la natura e tendenti alla ricerca di una verità che appare nascosta ai più. Tramite una analisi dell'uomo del suo tempo e delle città in cui quest'uomo vive e crea il suo futuro, Rebora vorrebbe identificare una ragione esistenziale, vorrebbe estrapolare il significato recondito dell'esistenza; ma la sua indagine e le sue deduzioni sono spesso mortificate dall'assenza di ideali che predominava (e predomina ancor più oggi) nella società primonovecentesca, e ciò era più che mai palese in città come Milano, dove stava avvenendo un mutamento drastico delle abitudini e dei comportamenti umani. Tornando però alla poesia di cui sopra, si notano facilmente alcuni tratti leopardiani. È marzo e il poeta si accorge che la terra sta iniziando a cambiare: l'aria diviene più tiepida, il sole scalda di più ed il vento porta nuovi profumi invitanti. La gente è influenzata e incoraggiata all'allegria dalla mutata situazione climatica e così capita più facilmente di sentire qualcuno cantare o ridere, magari mentre sta lavorando e si sente invogliato a fare progetti per il futuro. Questo non vale per il poeta, che si rivolge alla primavera quasi fosse un essere reale, chiedendogli il motivo delle sue "avance" verso chi è estraneo alla insorgente, rinnovatrice vitalità e preferisce rimanere solo e in disparte, trascorrendo così l'intera sua giovinezza.

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