lunedì 17 ottobre 2011

Piccolo dizionario bio-bibliografico dei poeti italiani simbolisti, decadenti, liberty e crepuscolari: D

AURO D'ALBA (Umberto Bottone, Roma 1888 - ivi 1965). Amico di Sergio Corazzini, frequentò i cenacoli dei crepuscolari romani; le sue prime raccolte di poesie, a firma di Umberto Bottone: Lumi d'argento (1906) e Corde ai fianchi (1910), risentono di queste atmosfere. Si avvicinò poi al futurismo, acquisendo il nome d'arte "Auro d'Alba", trovò posto nell'antologia: I Poeti Futuristi e pubblicò altri volumi di versi tra i quali spiccano: Baionette (1915) e Cosmopolite (1919).

LUCIO D'AMBRA (Edoardo Renato Manganella, Roma 1877 - ivi 1939). Romanziere e drammaturgo, scrisse alcuni versi in prima gioventù che radunò nei volumi pubblicati col suo vero nome: Le Sottili pene (1896) e Monile (1898), dove si rintracciano forti tendenze alla lirica simbolista e dannunziana.

GABRIELE D'ANNUNZIO (Pescara 1863 - Gardone Riviera 1938). È il poeta più importante, insieme a Giovanni Pascoli, tra quelli attivi a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. I suoi volumi di versi, a cominciare da quelli pubblicati nell'ultimo decennio dell'Ottocento, fino alle Laudi, sono pilastri della poesia decadente italiana. Fu lui inoltre, tra i primi a importare in Italia quelle atmosfere care ai poeti simbolisti francesi; non di meno introdusse il liberty in poesia, tendenza assolutamente nuova nella letteratura italiana dell'epoca. Opere principali: L'Isotteo - La Chimera (1889), Elegie romane (1892), Poema paradisiaco (1893), Alcyone (1904).

GUIDO DA VERONA (Guido Verona, Saliceto Panaro 1881 - Milano 1939). Prosatore e poeta, pubblicò i seguenti volumi di liriche: I frammenti d'un poema (1902), Bianco amore (1907), Con tutte le vele (1910), Il libro del mio sogno errante (prose miste a poesie, 1919). È famoso più per i suoi romanzi che per le sue poesie, quest'ultime sono ricche di accenti sensuali, esotici e decadenti.

RAOUL DAL MOLIN FERENZONA (Firenze 1879 - Milano 1964). Artista "bohèmien" e "maudit", girovagò per le maggiori città europee (Parigi, Londra, Praga ecc.); si dedicò alle arti visive, alla prosa e alla poesia. I suoi versi presentano elementi di chiara ascendenza simbolista ed esoterica. Opere: La Ghirlanda di Stelle (1912), Zodiacale (1919), A ô B (1923), Ave, Maria! (1929).

ITALO DALMATICO (Gerolamo Italo Boxich, Zara 1868 - ?). Pubblicò un solo volume di versi (almeno in italiano), Juvenilia (1903); qui, oltre alla presenza di tematiche simboliste, si riscontra una prevalenza di modi colloquiali e di argomenti bucolici.

ENRICO DAMIANI (Palermo 1879 - ?). Non esistono suoi libri di poesie, pubblicò alcuni versi dai toni neoromantici e decadenti su riviste come "Il Trionfo d'Amore" e "La Stella e l'Aurora Milanese".

GUGLIELMO FELICE DAMIANI (Morbegno 1875 - Napoli 1904). Dopo la laurea, insegnò letteratura in varie località, tra cui Napoli; qui si dedicò anche al giornalismo e alla critica letteraria. Morto a soli ventinove anni, fece in tempo a pubblicare due libri di poesie: Le due fontane (1899) e La casa paterna (racconto in versi, 1903); la sua opera poetica completà uscì postuma in due volumi col titolo: Lira spezzata (1907-1912). L'ispirazione dei suoi versi nasce dalla contemplazione elegiaca della natura e da un senso profondo di malinconia.

ADOLFO DE BOSIS (Ancona 1863 - Pietralacroce 1924). Non ancora ventenne si trasferì a Roma per studiare giurisprudenza, qui entrò in contatto con vari circoli letterari e conobbe, tra gli altri, Gabriele D'Annunzio. Direttore della rivista "Il Convito", traduttore dell'opera di Shelley, compose versi dai contenuti decadenti e sensuali. Opere: Amori ac silentio sacrum (1900), Amori ac silentio e Le Rime sparse (1914).

FEDERICO DE MARIA (Palermo 1883 - ivi 1954). Poeta e giornalista, fu tra i primi a usare il verso libero, anticipando in parte il futurismo, non mancano nei suoi versi anche echi dannunziani e decadenti. Opere: Le Voci (1903), Le canzoni rosse (1904), La leggenda della vita (1909), La ritornata (1933). 


GIUSEPPE DE PAOLI (Genova 1885 -1913). Fu amico di Guido Gozzano e quest'ultimo si appropriò di una sua poesia. Collaborò a varie riviste tra le quali "Riviera Ligure" con articoli, traduzioni e poesie. Pubblicò i volumi di versi: Solitaria fonte (1905) e Il sistro d'oro (1909). Poeta d'ispirazione decadente, De Paoli ebbe ben presente la lirica dannunziana.

BENIAMINO DE RITIS (Ortona a Mare 1888 - Roma 1956). Studiò a Roma dove ottenne la laurea in Lettere; fu amico di Sergio Corazzini e di altri poeti romani. Pubblicò un solo volumetto di poesie: Nell'orto degli ulivi (1908) dove domina la tematica francescana.

MARCUS DE RUBRIS (Marco Rossi, 1885 - ?). Poeta, narratore e biografo di Massimo D'Azeglio, fu amico di Marino Moretti che ne recensì le poesie definendolo "promettente poeta simbolista", pubblicò le seguenti opere poetiche; Anima nova (1906), Ne l'estasi dell'anima (1907), La Veglia (1910).

GIUSEPPE DEABATE (San Germano Vercellese 1857 - Torino 1928). Dopo la laurea in legge si diede al giornalismo divenendo cronista della "Gazzetta del Popolo". La sua raccolta poetica principale s'intitola: Il canzoniere del villaggio (1897), qui, accanto alle poesie che celebrano la sua terra natale, si notano dei versi di gusto tardo-scapigliato e decadente.

GINO DEL GUASTA (Pisa 1875 - 1940). Esercitò la professione di medico; amico di Pietro Gori, inizialmente abbracciò la politica degli anarchici e pubblicò degli scritti fortemente antireligiosi, poi, in tarda età, si convertì al cristianesimo. Pubblicò anche qualche opera poetica in cui, raramente, si ritrovano atmosfere care al decadentismo. Opere: L'anima che piange sulla tomba delle memorie (1909), Fiori per l'altare della Vergine (1928).

WILLY DIAS (Fortunata Morpugo Petronio, Trieste 1872 - ivi 1956). È autrice di vari romanzi rosa; giornalista del "Caffaro", firmò un importante documento a favore della libertà di stampa ai tempi del fascismo; dal 1946 entrò nella redazione de "L'Unità". Scrisse pochi versi che pubblicò su riviste importanti come "Domenica Letteraria" e "Poesia". Le sue liriche mostrano chiari influssi pascoliani e decadenti.

LUIGI DONATI (Lugo di Romagna 1870 - 1946). Giornalista, scrittore e bibliotecario, curò l'edizione postuma delle poesie e delle prose di Giacinto Ricci Signorini, fu amico di Gian Pietro Lucini che scrisse una prefazione alla sua opera poetica più significativa: Le Ballate d'Amore e di Dolore (1897), questa si distingue per toni neoromantici, pascoliani e decadenti. Altre opere in versi di Donati sono: Tentativi (1893) e il riepilogativo Poesia di Passione (1928).

GIULIANO DONATI PETTENI (Giovanni Petténi, Bergamo 1894 - ivi 1930). Scrittore, musicologo e giornalista, non ancora diciottenne pubblicò il suo primo volume di versi; partecipò alla Grande Guerra dalla quale tornò con gravi ferite che nel tempo gli causarono la morte. Poeta delicato, dai toni languidi, sentì l'influenza del decadentismo. Opere: Alba (1910), Novo vere (1911), Versi dorati (1916), Intimità (1926).

domenica 16 ottobre 2011

Piccolo dizionario bio-bibliografico dei poeti italiani simbolisti, decadenti, liberty e crepuscolari: C

GIOVANNI CAMERANA (Casal Monferrato 1845 - Torino 1905). Intraprese la carriera di magistrato e per questo motivo in vita non pubblicò mai libri delle sue poesie, che comparvero con la sigla "Y" a sostituire il suo nome, in varie riviste di fine Ottocento. Postumi, nel 1907, uscirono i suoi Versi, nei quali si ritrovano, oltre ad alcuni temi della scapigliatura, motivi che anticipano il decadentismo.

DINO CAMPANA (Marradi 1885 - Castel Pulci 1932). Fu difficile la sua vita, interruppe presto gli studi e subì l'internamento in manicomio già a ventun'anni, uscito, cominciò a vagabondare in Europa e in Sud America, facendo vari mestieri. Tornato in Italia, a Firenze conobbe alcuni intellettuali della rivista "La Voce", in questo periodo pubblicò il suo unico volume di versi e prose poetiche: Canti orfici (1914). Dopo un'altra serie di viaggi e spostamenti attraverso l'Europa, Campana venne definitivamente rinchiuso nel manicomio di Castel Pulci nel 1918. Altri pochi versi non compresi nella raccolta del 1914, uscirono nel volume: Canti orfici e altre liriche (1928); mentre è recente l'uscita di tutte le poesie, edite ed inedite, del poeta toscano. Le sue poesie così come le sue prose sono ricchissime di visioni, allucinazioni e allegorie che molto lo avvicinano alla lirica di Arthur Rimbaud; è considerato da molti critici, insieme ad Arturo Onofri, il precursore della corrente poetica italiana nata all'inizio della terza decade del XX secolo, denominata: "ermetismo".

FRANCESCO CANGIULLO (Napoli 1888 - Livorno 1977). Dopo aver pubblicato la sua prima raccolta poetica: Le cocottesche (1912), in cui si evidenziano toni palazzeschiani, aderì al Futurismo e tentò forme nuove nel campo poetico e teatrale, sempre legate al movimento ideato da Marinetti. Altre sue raccolte di versi sono: Il debutto del sole (1919) e Il sifone d'oro (1924).

RICCIOTTO CANUDO (Gioia del Colle 1877 - Parigi 1923). Non ancora ventenne pubblicò un volume di versi e prose poetiche con lo pseudonimo di Karola Olga, intitolato: Piccole anime senza corpo, qui si percepisce la sua netta vicinanza alla poesia simbolista. Si trasferì in Francia nel 1902 e cominciò ad occuparsi, oltre che di letteratura, di molte altre discipline artistiche: musica, teatro, arti figurative, e soprattutto cinema. Altre sue poesie in lingua italiana uscirono sulle riviste "L'Uovo di Colombo", "Cordelia" e "Poesia".

ANTONELLO CAPRINO (Sassari 1886 - Roma 1954). Nato in Sardegna, si trasferì, giovane, a Roma; nella capitale conobbe Sergio Corazzini e la cerchia dei suoi amici, in questo periodo cominciò a scrivere versi dai toni crepuscolari e liberty che pubblicò nella rivista "Il Tirso". Dopo la laurea in giurisprudenza si allontanò dal mondo letterario per dedicarsi all'avvocatura.

ENRICO CARDILE (Messina - Siracusa 1951). Poeta, dopo una prima fase simbolista, testimoniata dalle raccolte: Le Apocalissi (1903) e I canti (1906), si avvicinò a Marinetti ed al movimento futurista, per questo il suo nome compare nell'antologia: I Poeti del Futurismo (1912). Allontanatosi dalle avanguardie letterarie, si interessò di esoterismo e pubblicò il suo libro di poesie più importante: Sintesi, nel 1923.

EMANUELE CASTELBARCO (Milano 1884 - ivi 1964). Di nobile famiglia, il conte di Castelbarco Pindemonte fu appassionato di poesia e di pittura e esercitò entrambe le discipline; fu direttore della casa editrice: "Bottega di poesia". Come poeta pubblicò i volumi: Per i sentieri della vita (1910), Pause e motivi (1915), Il viandante eterno (1921). Le sue poesie abbondano di sensualità e di echi dannunziani.

ALFREDO CATAPANO (Napoli 1881 - ivi 1927). Avvocato e poeta, diresse insieme a Francesco Gaeta la rivista "I Mattaccini". Scrisse versi d'ispirazione dannunziana raccolti nei volumi: I profili (1899), Le corone (1900) e Interludio (1905). Si tolse la vita poco tempo dopo il suicidio dell'amico Gaeta. Postumo uscì un volume antologico di sue poesie: Dai canti (1929).

ENRICO CAVACCHIOLI (Pozzallo 1885 - Milano 1954). Si trasferì giovanissimo a Milano dove si dedicò sia al giornalismo che alla poesia. Conobbe Filippo Tommaso Marinetti e cominciò a pubblicare liriche sulla rivista "Poesia". Le sue prime raccolte di versi: L'incubo velato (1906) e Le ranocchie turchine (1909) dimostrano un'adesione alla poetica simbolista; mentre, in Cavalcando il sole (1914) è più evidente una vicinanza al futurismo.

GIOVANNI CAVICCHIOLI (Mirandola 1894 - ivi 1964). Poeta, narratore e drammaturgo, nel 1916 pubblicò un volume di versi intitolato Palazzi incantati che si contraddistingue per le atmosfere liberty e visionarie.

FRANCESCO CAZZAMINI MUSSI (Milano 1888 - Baveno 1952). Poeta e saggista, amico di Marino Moretti, fu autore di molti volumi di versi. Le sue poesie dimostrano una spiccata propensione alle tematiche dannunziane e crepuscolari. Opere: I canti dell'adolescenza (1908), Le amare voluttà (1910), Fogline d'assenzio (1913), Le allee solitarie (1920), Il cuore e l'urna (1922), La fiamma e le ceneri (1930).

GIOVANNI CENA (Montanaro 1870 - Roma 1917). Fu giornalista, narratore e poeta. Qualche accenno a toni decadenti si può trovare nelle raccolte di versi: In umbra (1899) e Homo (1907).

ANNUNZIO CERVI (Sassari 1892 - Monte Grappa 1918). Assiduo collaboratore della "Diana", morì durante la prima guerra mondiale. Di lui restano due raccolte di versi: Cadenze di un monello sardo (1915) e Le liturgie dell'anima (postuma, 1922). Fu poeta espressionista e crepuscolare, non lontano dal clima di sperimentalità che si respirava nelle nostre lettere durante la seconda decade del Novecento.

GIOVANNI ALFREDO CESAREO (Messina 1860 - Palermo 1937). Giornalista, critico letterario, professore universitario, scrisse anche poesie inizialmente classicheggianti, poi bene inserite nelle nuove correnti letterarie. Opere principali: Le Occidentali (1887), Gl'inni (1895), Le consolatrici (1895), Poesie (1912), I canti di Pan (1920), Poemi dell'ombra (1923).

MARIO CESTARO (Napoli 1896 - Caserta 1918). Poeta stimato anche da Giuseppe Ungaretti, pubblicò molte poesie sulla "Diana"; postuma uscì la sua unica raccolta di liriche: Palpebre (1919). Poeta che si rifà in parte alla tradizione, Cestaro seppe cogliere la novità della sinteticità poetica che stava per affermarsi soprattutto grazie a Palazzeschi e Ungaretti.

STEFANO CESARE CHIAPPA (? - ?). Appartenne al cenacolo romano creatosi attorno alla imminente figura di Sergio Corazzini, sue poesie comparvero sulla rivista "L'Amore Illustrato", nei suoi pochi versi spicca una attiguità con le ambientazioni liberty e dannunziane.

BIAGIO CHIARA (Novara 1880 - Napoli 1918). Visse in varie città italiane prima di trasferirsi definitivamente a Napoli; diresse le riviste "Cronaca Bizantina" e "La Tavola Rotonda"; pubblicò, tra le altre cose, qualche raccolta poetica di impianto classico in cui però non mancano elementi riconducibili al decadentismo. Opere: Dumi e viole (1897), In difesa de l'Arte (1898), Le Spose di Gesù (1911).

CARLO CHIAVES (Torino 1882 - ivi 1919). Giornalista e poeta, pubblicò un solo volume di versi: Sogno e ironia (1910), definito dal critico Giuseppe Antonio Borgese: "crepuscolare", assieme ad altre due opere poetiche (di Fausto Maria Martini e di Marino Moretti). Le sue poesie sparse su riviste e inedite furono riunite nel libro Tutte le poesie edite e inedite (1971).

GIOVANNI CHIGGIATO (Venezia 1876 - 1923). Scrittore e giornalista, pubblicò alcune raccolte poetiche ricche di riferimenti al D'Annunzio e al Pascoli. Opere: Rime dolenti (1898), La dolce stagione (1901), La fonte ignota (1907).

DECIO CINTI (Forlì 1879 - Firenze 1954). Fu segretario privato di Filippo Tommaso Marinetti e tradusse molti scritti di quest'ultimo dal francese all'italiano; redattore della rivista "Poesia", ebbe un ruolo importante anche nel movimento futurista. Come poeta è poco conosciuto, qualche sua lirica comparve nelle riviste di fine Ottocento. I suoi versi non hanno nulla a che vedere col Futurismo, ma dimostrano una affinità col simbolismo e col decadentismo.

GUELFO CIVININI (Livorno 1873 - Roma 1954). Scrittore, giornalista e critico d'arte, si trasferì poco più che ventenne a Roma dove iniziò a collaborare con diverse riviste letterarie. Nel 1900 uscì la sua prima raccolta di versi: L'Urna, ricchissima di accenti liberty e decadenti; nel 1911 pubblicò il volume poetico: I sentieri e le nuvole, in cui dimostrò di essersi avvicinato alla poesia crepuscolare.

ARTURO COLAUTTI (Zara 1851 - Roma 1914). Giornalista, romanziere e librettista, non trascurò la poesia e pubblicò alcune raccolte di versi sensuali e decadenti. Tra le più significative ci sono: Canti virili (1896) e Il Terzo peccato (1902).

GIROLAMO COMI (Casamassella 1890 - Lucugnano 1968). I suoi esordi poetici furono influenzati dal simbolismo francese, poi conobbe Arturo Onofri e ne divenne amico abbracciandone anche la poetica filosofica; da questo punto in poi Comi resterà fedele ad una lirica altamente mistica ed ermetica, con riferimenti al panismo. Opere principali: Il Lampadario (1912), Lampadario (1920), I rosai di qui (1921), Smeraldi (1925), Boschività sotterra (1927), Cantico dell'albero (1928), Cantico del tempo e del seme (1930), Nel grembo dei mattini (1931), Cantico dell'argilla e del sangue (1933), Adamo-Eva (1935).

SERGIO CORAZZINI (Roma 1886 - ivi 1907). Esponente fondamentale del crepuscolarismo, le sue poesie riflettono una malinconia senza rimedio unita ad una sensazione di morire giorno dopo giorno (e purtroppo Corazzini morì di tisi appena ventunenne), questi elementi uniti alla presenza di un ironico distacco pongono il poeta romano come iniziatore di quella corrente poetica che qualche anno dopo la sua morte verrà definita crepuscolare. Opere: Dolcezze (1904), L'amaro calice (1905), Le aureole (1905), Piccolo libro inutile (con A. Tarchiani, 1906), Libro per la sera della domenica (1906), Liriche (postuma, 1909).

MASSIMO CORONARO (Pollenza 1884 - ivi 1962). Poeta, narratore e giornalista, lavorò per il "Nuovo Giornale" e per il "Giornalino della Domenica". È autore di alcuni volumi poetici che mostrano alcuni accenti decadenti. Opere: Fra querce e lauri (1913), Silenzi illuminati (1922).


EDMONDO CORRADI (Parma 1873 - Roma 1931). Giornalista, librettista e romanziere, scrisse versi di gusto decadente e sensuale raccolti nei volumi: Le supreme tristezze (1899), Ritmi (1900), Nova postuma (con lo pseudonimo di Ermanno Orlandi, 1904).

ETTORE COZZANI (La Spezia 1884 - Milano 1971). Insegnante, lavorò per un decennio a La Spezia, si trasferì quindi a Milano e poi a Perugia. Fondò la rivista "L'Eroica" e diresse l'omonima casa editrice. Narratore e poeta, nelle sue liriche si percepiscono evidenti echi dannunziani e decadenti. Opere: Poemetti notturni (1920), Il poema del mare (1928).

GIOVANNI CROCE (Torino 1889 - ivi 1911). Poeta appartenente al gruppo dei crepuscolari torinesi, morì giovanissimo nello stesso anno in cui uscì il suo volume di versi dedicato alla città dove nacque: L'Anima di Torino (1911); precedentemente aveva pubblicato Sul limite della luce (1908).

LUIGI CROCIATO (Luigi Krischan Wurmberg, Trieste 1870 - 1935). Narratore e poeta, la sua raccolta di liriche: Canta il selvaggio (1912), si caratterizza per toni tardo-scapigliati e liberty; mentre i versi de La tragedia divina (1926) sono dettati da una profonda fede cristiana.

martedì 11 ottobre 2011

Piccolo dizionario bio-bibliografico dei poeti italiani simbolisti, decadenti, liberty e crepuscolari: B

SANDRO BAGANZANI (Verona 1889 - ivi 1950). Agli esordi fu poeta dialettale, scrisse poi versi in lingua che presentano atmosfere e temi cari alla poesia crepuscolare. Tra le opere poetiche migliori si segnalano: Arie paesane (1920) e Senzanome (1924).

ADELCHI BARATONO (Firenze 1875 - Genova 1947). Fu filosofo affermato e scrisse poche poesie soltanto in gioventù, ciò è attestato dal suo unico volume di versi: Sparvieri (1900), dove son presenti anche poesie del fratello Pier Angelo. Le sue liriche mostrano un marcato influsso della poesia simbolista, in particolare quella di Verlaine, ma ben si inseriscono anche nella cosiddetta "linea ligure" che, partendo da Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, si svilupperà nelle opere di altri poeti importanti come Eugenio Montale, per circa mezzo secolo.

PIER ANGELO BARATONO (Roma 1880 - Trento 1927). Appena ventenne pubblicò insieme al fratello Adelchi, il suo unico volume di versi: Sparvieri (1900); si dedicò poi alla critica letteraria e alla scrittura di romanzi e novelle di argomento comico. Le sue poesie anticipano in parte i temi delle sue prose caratterizzate dalla descrizione di personaggi singolari e misteriosi.

CARLO BASILICI (Roma 1881 - ?). Godette di una certa notorietà nell'ambiente letterario romano e non solo dei primissimi anni del Novecento. Pubblicò un libro di poesie intitolato: Dai poemi (1904), altri versi suoi apparvero nello stesso periodo anche in riviste prestigiose come "Poesia" e "Riviera Ligure". La sua produzione poetica ha come principali peculiarità un profondo misticismo che va gradualmente trasformandosi nelle ultime liriche in acuto pessimismo.

GIANNOTTO BASTIANELLI (San Domenico di Fiesole 1883 - Tunisi 1927). Critico musicale e compositore, scrisse anche delle poesie (Poemi e musiche, 1910) e delle prose poetiche; alcune di queste ultime furono pubblicate sulla "Voce". Nelle sue composizioni poetiche si nota una naturale propensione alla musicalità mista ad alcuni toni decadenti.

ANTONIO BELTRAMELLI (Forlì 1879 - Roma 1930). Giornalista, lavorò anche al "Corriere della sera"; scrittore, pubblicò soprattutto romanzi e novelle. Nel 1908 uscì un suo volume di prose poetiche: I canti di Faunus che si sostanziano per un elevato estetismo e un recupero della mitologia primigenia.

ALESSANDRO BENEDETTI (? - ?). Amico di Sergio Corazzini, frequentò anche altri intellettuali vicini al poeta crepuscolare romano. Le sue poesie compaiono solo in alcune riviste del primo decennio del XX secolo tra le quali: "Capitan Fracassa", "Marforio" e "Giornale d'Arte". I suoi versi denotano un'attrazione per le atmosfere liberty e decadenti nonché crepuscolari.

UGO BETTI (Camerino 1892 - Roma 1953). Poeta, drammaturgo e magistrato, partecipò alla prima guerra mondiale e fu fatto prigioniero; durante la prigonia iniziò a scrivere delle poesie che poi formarono la sua prima raccolta: Il re pensieroso (1922), qui si trovano frequenti riferimenti alla lirica simbolista ed al mondo favolistico, con una riccha presenza di castelli, fate, orchi, principesse ecc.

BINO BINAZZI (Figline Valdarno 1880 - Prato 1930). Si occupò di giornalismo e ricoprì la carica di redattore-capo del "Resto del Carlino", fondò la rivista letteraria "La Brigata". Le sue liriche passarono dal classicismo delle prime raccolte, al crepuscolarismo della fase intermedia, per giungere ad una evidente vicinanza alla poesia frammentista e futurista. Opere poetiche: Eptacordo (1907), Turbini primaverili (1910), La via della ricchezza (1919), Poesie (postuma, 1934).

FRANCESCO BIONDOLILLO (Montemaggiore Belsito 1887 - Roma 1974). Critico letterario e professore di letteratura italiana, scrisse versi in gioventù che riunì nei volumi: Aneliti (1905) e Ali in cielo (1907); nelle sue liriche si trovano elementi di derivazione classicista e crepuscolare.

FAUSTO M. BONGIOANNI (Torino 1902 - 1979). Pubblicò un solo volume di versi: Venti poesie (1924). Le sue liriche che presentano dei versi piuttosto lunghi, risentono molto delle atmosfere futuriste.

MASSIMO BONTEMPELLI (Como 1878 - Roma 1960). Saggista, fondatore insieme a Curzio Malaparte della rivista letteraria "900", teorizzò il «realismo magico» che volle praticare nelle sue numerose opere di narrativa. Come poeta, iniziò con alcune raccolte classicheggianti (Egloghe, 1904; Odi siciliane, 1906; Settenari e sonetti, 1910; Odi, 1910) che in seguito ripudiò per avvicinarsi alla poetica futurista con le liriche de Il purosangue - L'ubriaco (1919).

GINO BORZAGHI (? - ?). È autore, insieme a Mario Morasso, di una tra le prime opere poetiche simboliste che comparvero in Italia: Sinfonie luminose (1893). In seguito pubblicò un altro libriccino di poesie: Nel passato (1902) in cui dimostrò una vicinanza alla poetica di Paul Verlaine.

GUSTAVO BOTTA (Milano 1880 - ivi 1948). Saggista, narratore e poeta, pubblicò versi su riviste letterarie d'inizio Novecento tra cui "Poesia". Le sue liriche insieme alle sue prose, furono raccolte quattro anni dopo la sua morte in Alcuni scritti (1952). Poeta vicino a Lucini e al simbolismo, fu abile e fantasioso creatore di immagini e visioni bizzarre.

ETTORE BOTTEGHI (Livorno 1874 - Calci 1900). Poeta sfortunato, morì di tisi a soli ventisei anni. Le sue Poesie furono pubblicate postume nel 1902. Il tema portante della sua opera poetica è la malattia e il presagio della propria morte che Botteghi espresse in toni fortemente drammatici.

GUSTAVO BRIGANTE COLONNA (Fano 1878 - Roma 1956). Partecipò alla prima guerra mondiale, quindi si dedicò al giornalismo e fece parte della redazione del "Messaggero" e del "Giornale d'Italia". Nel 1912 pubblicò un volume di versi intitolato: Gli ulivi e le ginestre che bene si inserisce nel clima crepuscolare dell'epoca.

ANTONIO BRUNO (Biancavilla 1891 - Catania 1932). Tradusse opere di Proust e di Baudelaire, fondò una rivista letteraria: "Picwick". Come poeta subì l'influenza del futurismo nelle raccolte Rose di macchia (1913) e Fuochi di Bengala (1917) dove non mancano atteggiamenti connessi alle liriche dei crepuscolari.

ENRICO ANNIBALE BUTTI (Milano 1868 - ivi 1912). Svolse molteplici attività, fu compositore di musiche, giornalista, romanziere e anche poeta. Si distinse soprattutto come drammaturgo e nelle sue opere teatrali si palesa una sincera critica alla società a lui contemporanea. Come poeta pubblicò alcuni versi su varie riviste tra le quali "Il Marzocco", questi hanno come caratteristiche principali una limpidezza concettuale derivante anche dalla poesia di Giovanni Pascoli, da cui lo scrittore milanese fu chiaramente influenzato.

PAOLO BUZZI (Milano 1874 - ivi 1956). Poeta, prosatore e drammaturgo, conobbe Filippo Tommaso Marinetti col quale collaborò alla nascita del Manifesto futurista ed ebbe grande spazio nell'antologia I Poeti Futuristi (1912). Aveva cominciato con poesie classicheggianti come si evince in Rapsodie leopardiane (1898), passò quindi a modi sperimentali in Aeroplani (1909) cui seguirono: Versi liberi (1913), Bel canto (1916), Popolo canta così (1920), Poema dei quarant'anni (1922).

Piccolo dizionario bio-bibliografico dei poeti italiani simbolisti, decadenti, liberty e crepuscolari: A

MARIO ADOBATI (Bergamo 1889 - 1919). Poeta malinconico e crepuscolare morì appena trentenne; lo stesso anno della sua morte uscì un volume di suoi versi: I cipressi e le sorgenti (1919).

VITTORIA AGANOOR POMPILIJ (Padova 1855 - Roma 1910). Di origine armena, ebbe come maestri Giacomo Zanella ed Enrico Nencioni, cominciò a comporre versi in giovane età ma la sua prima raccolta poetica, Leggenda eterna, uscì nel 1900. Qui già si notano le caratteristiche principali della sua poetica che si contraddistingue per uno spiccato tormento interiore e per una vicinanza ai modi della poesia decadente. Morì precocemente dopo un intervento chirurgico non riuscito. Altre sue opere: Nuove liriche (1908) e Poesie complete (postuma, 1912).

LIBERO ALTOMARE (Pseudonimo di Remo Mannoni, Roma 1883 - ivi 1942). Frequentò giovanissimo il cenacolo dei poeti del crepuscolarismo romano, tra i quali c'era Sergio Corazzini, la cui influenza è ben visibile nelle prime raccolte di Altomare: Il Monte (1904), Rime dell'Urbe e del Suburbio (1907), Procellarie (1910). In seguito abbracciò la poetica futurista e ottenne largo spazio nella famosa antologia: I poeti futuristi (1912). Raggruppò il meglio della sua produzione in versi nel volume: Fermento (1931).

GIUSEPPE ALTOMONTE (Reggio Calabria 1889 - Roma 1905). Morì appena sedicenne, malgrado ciò, la sua sorprendente precocità poetica gli permise di pubblicare moltissime poesie su svariate riviste letterarie. Il suo unico libro di versi fu pubblicato postumo col titolo: Canzoniere minuscolo (1905). Durante la sua breve vita, abitò per poco anche a Roma, dove entrò in contatto col cenacolo di Sergio Corazzini, infatti nelle sue liriche si possono evidenziare tratti che lo accomunano ai poeti crepuscolari e simbolisti.

ROSARIO ALTOMONTE (Reggo Calabria 1882 - Roma 1907). Fratello maggiore di Giuseppe, anche lui si trasferì ben presto a Roma dove visse fino alla precoce morte. Di lui rimangono poche cose: un volume di poemi in prosa intitolato: I salmi e le glorie (1905) e qualche sparuta poesia. Nei suoi versi e soprattutto nelle sue prose si respira un'aura mistica e decadente (eloquenti a tal proposito i "poemi floreali").

DIEGO ANGELI (Firenze 1869 - Roma 1937). Fondò insieme a Adolfo De Bosis, la rivista "Il Convito" di cui fu redattore-capo. Svolse attività di giornalista e critico d'arte; scrisse romanzi e versi che i critici definirono dannunziani, in realtà, almeno per ciò che concerne la sua opera poetica, fu sensibile alle tendenze letterarie che si rifacevano al simbolismo ed al liberty e anticipò per certi aspetti il crepuscolarismo. Pubblicò i seguenti volumi di liriche: La città di vita (1896) e L'Oratorio d'Amore (1904); molti altri suoi versi uscirono in riviste quali "Il Marzocco", "Nuova Antologia" e "Poesia".

ANTONINO ANILE (Pizzo Calabro 1869 - Raiano 1943). Medico e scienziato, fu anche eletto Deputato al Parlamento italiano e ricoprì incarichi ministeriali per poi ritirarsi dalla politica attiva all'avvento del fascismo. Scrisse poesie raccolte in vari volumi tra i quali si ricordano: Sonetti dell'anima (1907), La croce e le rose (1909), e Poesie (riepiloga le raccolte precedenti con altre poesie raggruppate nella sezione: Primi tumulti, 1921). Misticismo e spiritualità sono gli elementi portanti della sua opera in versi.

lunedì 10 ottobre 2011

Ricordi di estati lontane

1
Ricordo di un tempo lontano
nella dolce terra d'infanzia.
Il sole era pieno di rondini
che il cielo accoglieva
più vivo della luce divina.
L'alba nasceva meravigliata
di trovare la strada dei giuochi,
l'orologio segnava ore sognate
nel calore dei cortili e dei campi.
Dove sei?
Io ti cerco e ti trovo lontana,
in un paradiso abbandonato
nel tempo dei giardini fioriti.
Tutto quello che ho avuto
ho perduto.
 
 
2
Sonni pomeridiani
rifiutati con cruccio
per cercare
avventure impreviste
lungo le strade
vuote di gente,
piene di caldo
e di gioia infinita.
Quando era facile
la vita di tutti i giorni
e bastava un fuscello
per la felicità.


3
Quelle bolle di sapone
dal balcone di casa
volavano chissà dove
così come la fantasia
di un bambino lontano
che possedeva la felicità.
Nel cielo meraviglioso
le bolle salivano
parlando di favole vere,
di mondi semplici
che esistevano soltanto
nella mente libera e pura.
Sembra un sogno il ricordo
di una sera al balcone
con le bolle di sapone.



4
Le canzoni alla radio
ascoltavi con fervore
in un luglio recondito e magnifico.

La musica entrava
nella memoria ansiosa
di vita sconosciuta.

Le biciclette correvano
su strade polverose
portandosi via
la fanciullezza rimpianta.

Arriva il tempo
dell'adolescenza pensosa,
timidamente vedi comparire
le prime tristezze
nel chiuso di una stanza.

Ma io penso
ai motivi d'amore
che scandivano
i giorni sereni
di un'estate perduta
nel tempo.
 


5
Torna settembre
recando malinconica bellezza
e tornano
le spiagge deserte
dell'Adriatico.
Stanza d'albergo
angolo di sogni
di visioni
di lune sul mare
di chiarori
di paesaggi quieti
e sereni.
Stasera il vento si alza
e avverte con i nuvoloni
la fine di un'estate
trascorsa come le altre
in un cauto esistere disilluso
e solitario.
 


 

Ho riunito in questo post, cinque mie brevi poesie che sono nate dai miei ricordi più belli, relativi alla mia infanzia e, in minor misura, alla mia primissima gioventù. Alcuni anni or sono, spesso, mi succedeva di sognare ad occhi aperti; ciò mi riusciva soltanto quando andavo a frugare nei miei lontani ricordi, pensando a quando ero un bambino felice. Il periodo dell’anno che, a quei mitici tempi, coincideva con la più sfrenata felicità, era quello estivo; il motivo è facilmente comprensibile: d’estate, come tutti gli altri bambini, non andavo a scuola e, fortunatamente, neppure lavoravo; trascorrevo perciò le giornate all’aperto, soprattutto presso la casa dei miei nonni, insieme ad altri bambini che vivevano lì, divertendomi pazzamente anche con poco. L’ultima poesia si riferisce, invece, ai miei soggiorni in villeggiatura a Senigallia, quasi sempre all’inizio di settembre.


domenica 9 ottobre 2011

A ritroso

Felicità spensierata dell'età infantile, da quanto tempo ti ho perduto! Io ormai non vivo che del tuo ricordo non ancora sbiadito, bensì vivo, vivissimo...
Si correva sui campi di terra per calciare un pallone, tutto il mondo era nel sole, nelle rondini, nei giochi antichi.
Tempi miei, dove siete andati, in quale mondo io vi vedo attraverso occhi già stanchi, senza speranza...
Unica e vera vita mia, sei il cielo azzurro dove appare un ramo fiorito di primavera. Sei il vento che porta le foglie morte, la pioggia fresca che sa di terra.
Ogni giorno io torno nel paese che non tornerà.

sabato 8 ottobre 2011

Una croce di legno

Una croce di legno.
Un po' di terra smossa.
Non un fiore,
non un pianto,
solo qualche sguardo fugace.
Questo è il timbro
dei dimenticati.



Pur riconoscendo i miei evidenti limiti, anch'io ho avuto la sfacciataggine di scrivere dei versi. I primi risalgono a cinque lustri or sono, più o meno; fu, probabilmente, all'inizio dell'ultimo decennio del secolo scorso, ovvero quando nacque in me la passione per la poesia. Intitolai questo mio primo componimento Una croce di legno. È sicuro che non faticai più di tanto nel redigerlo, visto che è così breve da definirsi, più appropriatamente, un epigramma; d'altronde, all'epoca mi rincuorava il fatto che, celebri poeti come Ungaretti e Quasimodo, avessero scritto poesie più corte della mia. L'argomento riguarda i poveri morti dimenticati: coloro che hanno lasciato la vita in condizioni di povertà estrema e di solitudine totale. Tutto scaturì dalla mia prima visita al cimitero romano di Prima Porta, nel lontano 1985, in occasione della morte di mio nonno. All'interno del camposanto vidi un campo trascurato, con tante croci di legno; su alcune di esse c'era appeso un cartello che serviva ad identificare il defunto. Io domandai a mia madre il perché di quelle croci così scarne, e lei mi disse che, molto probabilmente, si trattava di persone morte in povertà. Per la verità, io, a ripensarci oggi, non sono affatto sicuro che fosse questa la spiegazione reale, e nemmeno sono a conoscenza di come vengano tumulate le salme dei poveri; fatto sta che quell'immagine rimase a lungo nella mia testa, insieme al pensiero di tutti quegli esseri umani, come i barboni, che concludono la loro misera esistenza completamente soli e privi di qualsiasi affetto; poi, appena morti e seppelliti, cadono nel dimenticatoio per sempre. Ebbene, a distanza di un lustro o poco più, quell'immagine ancora balenava nel mio cervello, così intensamente da farmi decidere di scrivere pochi versi (i primi) proprio sul tema dei morti dimenticati. Li riportai quindi su un'agenda vecchia, da me ritrovata e rispolverata tra gli oggetti in disuso dei miei genitori. In quest'agenda riportai anche molte ulteriori poesie trovate nei libri di scuola e non solo, insieme a qualche altra mia poesiola. I versi li scrivevo in stampatello, senza maiuscole o minuscole; i titoli delle poesie con la penna ad inchiostro rosso, il resto con la penna ad inchiostro blu. L'autore lo riportavo su una riga al di sotto dell'ultimo verso, sulla destra, in corsivo. Quando ricopiai la mia prima poesia, ebbi vergogna di firmarmi col vero nome, e allora adottai uno pseudonimo: Lamberto Barzeri; col medesimo nome mi firmai anche quando scrissi altri versi.