mercoledì 16 gennaio 2013

La città nella poesia italiana decadente e simbolista

Fondamentale, per comprendere le simbologie riguardanti la città, è il titolo di un'opera poetica del 1895 di Èmile Verhaeren: "Les villes tentaculaires" (Le città tentacolari) a voler indicare agglomerati urbani molto vasti che si espandono in maniera veloce a mo' di tentacoli, in svariate direzioni alla ricerca ed alla soddisfazione di valori negativi come il piacere e il guadagno. Ecco quindi il motivo per cui le città divengono emblema di corruzione, amoralità e, in alcuni casi, male assoluto. Ma le città possono anche rappresentare altro; per esempio, se si tratta di città morte, mitiche o immaginarie hanno a che vedere con un mondo spesso costruito dal poeta, che a volte può avvicinarsi alla perfezione (si pensi all'Utopia di Thomas Moore) o comunque ad una fantasioso luogo che non ha alcuna attinenza con la realtà ma che potrebbe averla coi sogni.
 

 
Poesie sull'argomento

Mario Adobati: "Obliopoli" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).
Diego Angeli: "La città di Vita" in "La città di Vita" (1896).
Antonino Anile: "Le due città" in "Poesie" (1921).
Ugo Betti: "La città di ferro" in "Il Re pensieroso" (1922).
Paolo Buzzi: "Notturno veneziano" in "Aeroplani" (1909).
Giovanni Camerana: "Catania" in "Poesie" (1968).
Dino Campana: "Genova" in "Canti Orfici" (1914).
Francesco Cazzamini Mussi: "Piazza della Repubblica a Tolone" in "Il cuore e l'urna" (1923).
Giovanni Alfredo Cesareo: "La città della morte" e "Or che le stelle affogano" in "Poesie" (1912).
Ugo Ghiron: "Riva degli Schiavoni" in "Poesie (1908-1930)" (1932).
Corrado Govoni: "Le città di provincia", "Le capitali" e "Ferrara" in "Gli aborti" (1907).
Corrado Govoni: "A Venezia elettrica" in "Poesie elettriche" (1911).
Arturo Graf: "La città dei Titani" in "Le Danaidi" (1905).
Achille Leto: "La città fantastica" e "Il vicoletto" in "Piccole ali" (1914).
Fausto Maria Martini: "L'arco del Trionfo" in "Le piccole morte" (1906).
Arturo Onofri: "Guarda: la notte agguaglia tutte le vanità" in "Canti delle oasi" (1909).
Nino Oxilia: "Dal mio balcone scruto..." in "Canti brevi" (1909).
Ettore Romagnoli: "La città morta" in "Le più belle pagine dei poeti d'oggi" (1929).
Antonio Rubino: "Dacri, la Città del pianto" in «Poesia», ottobre 1908.
Francesco Scaglione: "Le città sommerse" in "Litanie" (1911).
Emanuele Sella: "La morte delle città" in "Monteluce" (1909).
Diego Valeri: "Folla" in "Umana" (1916).
 
 

 
Testi
DACRI, LA CITTA' DEL PIANTO
di Antonio Rubino

Dacri! Le ventimila anguicrinite
vergini nella tua cerchia di pietra,
erte sui cieli che la sera invetra
piangono in sommo delle tue meschite.

E il pianto cola per le illividite
muraglie, onde la tua fronte s'attetra,
cola mettendo in tintinnìo di cetra
verso paludi di pianto nutrite.

Dacri!, e tu per le tue ferree porte
guardi una landa, ove notturno brivido
guida per l'erbe un pullular di vermi,

ed una plebe d'umili e d'infermi
si trascina per entro il fango livido
tra l'erbe attorte come serpi attorte.

(Dalla rivista "Poesia")

Nessun commento:

Posta un commento