Il primo mese dell'anno, nei versi dei poeti italiani del XX secolo appare per quello che è: freddo, a volte gelido, altre volte ancora mite; alcuni si concentrano sulle speranze (quasi sempre non realizzate) di cui gennaio si rende portatore, quando regala in anticipo delle giornate primaverili così tiepide che alcune piante cominciano a gemmare. Nella maggior parte delle situazioni però domina la neve o il ghiaccio, e la natura dorme ancora profondamente nell'attesa del risveglio primaverile ancora lontano.
FLORA NIVALIS
di Arturo Graf (1848-1913)
Bianco di neve, lucido di gelo,
Grandeggia il bosco in cupo sonno immerso:
Scintillante di stelle, algido, terso,
Traspar fra i rami irrigiditi il cielo.
E la crescente luna di gennajo,
Che nel sommo del ciel splende falcata,
Sembra una squamma d’oro intarsïata
In uno specchio di brunito acciajo.
Trema per l’alta notte e pei divini
Soporati silenzii a quando a quando
Teneramente doloroso e blando
Un gorgheggio di flauti e di clarini.
Chi è costei che così sola e franca
Per la foresta, in mezzo all’ombre, incede,
E segna appena con lo scarso piede
In suo cammin la intatta neve e bianca?
Chi è costei che in verde gonna, cinta
L’aureo capo di sì pia corona,
Raggia da tutta la gentil persona
Il dolce lume onde l’aurora è tinta?
Di quanti fior la primavera i piani
Allieta e i clivi ed ogni erboso lembo,
Tu fiorite hai le trecce e pieno il grembo,
E piene, o cara, ambe le bianche mani.
O donzelletta, cui benigno elesse
A così nova meraviglia il cielo,
Stringe ogni gleba aspro e tenace il gelo:
Tu dov’hai colta sì gioconda messe?
O cara e pia! se amor non anche è morto,
Spargi lungo la via; spargi i tuoi fiori:
Troppo è la via selvaggia ed aspra, e i cuori
Vengon men per l’angoscia e lo sconforto.
(Da "Morgana", Treves, Milano 1901)
GENNAIO
di Camillo Sbarbaro (1888-1967)
Ormai passò la rosea cavalcata
dei giovinetti mesi ingannatori,
che vestita l'avean tutta di fiori
e di sole e d'azzurro incappucciata.
Or ripensa la grande traviata
d'Aprile i ricci e i facili rossori;
e derelitta guarda i suoi squallori
e fa l'ammenda delle sue peccata.
E viene per perdono a fra' Gennaio,
dicendo l'atto di contrizione,
e s'umilia e gli bacia il vecchio saio.
«Padre - gli dice - voglio farmi monaca.»
E quei sorride incredulo e le impone
di neve fugacissima una tonaca.
(Da "Resine", Caimo, Genova 1911)
14 GENNAIO
di Giovanni Papini (1881-1956)
C'è sulla terra, in mezzo a tanti scompigli, una gran pace anticipata. Par d'essere di già in primavera. Un sole chiaro e tepido di marzo si glorieggia sui ponti scoperti e sui marciapiedi sereni, sul capo dei ragazzi e sulle bucce dei mandarini. Rispondono, tra i fili fitti dell'erba bambina, le pupillone gialle delle prime margherite. Non c' è zoppo che non t'offra manne di violette dall'undici alle cinque; le mostre dei fiorai son paradisi di rose sotto vetro: rose rosse come gote di ballerine; rose di carnato insensibilmente giallo come la pelle diaccia delle creole. E da parecchie mattine c' è uno strazio di rami stroncati di mandorlo, infiocchettàti di bianchezze innaturali.
(Da "Giorni di festa", Libreria della Voce, Firenze 1919)
GENNAIO
di Alfredo Baccelli (1863-1955)
Pure notti dall'alito di gelo,
dal terso plenilunio d'alabastro,
quando, berillo o diamante ogni astro,
d'occulto incendio disfavilla il cielo.
Solo nel prato il pallido asfodelo:
canuto di pruine l'oleastro:
nel presepe il pastor col suo vincastro:
ischeletrito il pero e 'l grisomelo;
ma nelle membra insolito vigore,
chiara e serena luce entro il pensiero,
e nell'intimo cuor lieto calore,
ché il nuov'anno promette, ed è foriero
di Primavera Inverno, e presto il fiore
smalterà i verdi labbri del sentiero.
(Da "Poesie", Zanichelli, Bologna 1929)
23 GENNAIO: SOLE
di Carlo Betocchi (1899-1986)
Anzi, quando l'onda è azzurra
devi pensar - non è nulla;
un sole bianco sul campo
è il manzo che riposa stanco.
Gennaio dai mille aghi sciolti
nel bianco fiore sepolti,
manca la viola al prato,
adunque tepor dissennato.
Che fa! ma gorgoglia bianca
l'onda che la riva incanta,
il sole giunge, si sfalda,
brilla, tocca l'acqua, salta.
I candidi ponti, le case,
un fervido biondo invase,
e il mendico, in solare palma
si distende con fede calma.
Al declinare impallidito
ti vedo, giorno infinito;
va la solitaria luna,
terra, sassi, deserta schiuma.
(Da "Realtà vince il sogno", Il Frontespizio, Firenze 1932)
GEMME DI GENNAIO
di Angiolo Orvieto (1869-1967)
Verdi gemme, bocciolini
chi vi ha fatto saltar fuori?
Non è ancor tempo di fiori
sugli spini.
Pur vedervi di gennaio
spande in me nuova dolcezza
e m'infonde tenerezza
per rosaio.
Quasi che il mio cuore stesso,
del suo verno al limitare,
speri ancor gli sia concesso
di gemmare.
(Da "Il gonfalon selvaggio", Mondadori, Milano 1934)
TRAMONTO
di Antonia Pozzi (1912-1938)
Fili neri di pioppi –
fili neri di nubi
sul cielo rosso –
e questa prima erba
libera dalla neve
chiara
che fa pensare alla primavera
e guardare
se ad una svolta
nascano le primule –
Ma il ghiaccio inazzurra i sentieri –
la nebbia addormenta i fossati –
un lento pallore devasta
i colori del cielo –
Scende la notte –
nessun fiore è nato –
è inverno – anima –
è inverno.
S. Martino – Milano, 10 gennaio 1933
(Da "Parole", Mondadori, Milano 1939)
GENNAIO 1946
di Franco Fortini (1917-1994)
Milano, cieche viscere ti colano
per le vie, di macerie nere; i fumi
che dai camini volano
son torvi e verdi; la vita, acre e sciatta.
Ma di quassù visibili
sono, nell'aria netta, l'Alpi. Ecco
lontane, irraggiungibili,
bianche e celesti le grandi montagne.
1946
(Da "Poesia ed errore", Feltrinelli, Milano 1959)
DOVE I RAGAZZI AMMAZZANO IL GENNAIO
di Giorgio Orelli (1921)
Con un passo men cauto mi precedi,
taciturno compagno, sulla strada
gelata. Non è il fuoco delle case
che mi chiama e soverchia questa sera
nell'intatto paese, ma lo strepito
inatteso che sale
con i fiati infingardi dell'inverno
dalla riva remota, irraggiungibile,
dove i ragazzi ammazzano il gennaio.
(Da "L'ora del tempo", Mondadori, Milano 1962)
GENNAIO VENEZIANO
(dopo vent'anni)
di Alberto Mondadori (1914-1976)
Propaga angoli morti l'alba tra ciuffi d'erbe
e nulla si disperde sottacqua
nel crogiuolo dove tutto diventa vegetale.
E ogni cosa risale dal rigurgito al ritmico
colpo della pertica: la zavorra semimossa,
una tregua al riparo che non lenisce
l'ombra sepolta, la sarabanda dei silenzi
che si disperdono laggiù e qui si riaffacciano
in termini clementi, e l'iride annebbiata
per il livido tanfo che l'incrosta
è di sopravvissuti istinti. Di più, dall'arcobaleno
di nafta fuoriesce il vértice spezzato. Ogni ordine
di affetti è qui un ossuto patteggiamento
col domani nel suo vòlto marino e ha un suo arduo
peso, faticoso, spesso strozzato in una fuga ansante
da scordare al più ilare andare della gondola con te.
Non ti spaura, come me, l'enigma di brulicanti
estensioni che qui stringe col suo cappio
il primo chiaro del mattino: dopo lo scontro
delle correnti sulla pista notturna esso brusco
si scioglie e a noi appare come visto nei due specchi
del coiffeur o moltiplicato nei più che mille brani
ghiacciati dalla bora. Si fa diverso per ogni gamma
che sale il bel tempo freddo a oriente, via scivola
con il pezzo di legno attraverso la laguna sterminata
di cui spegne i segnali mentre un barbaglio accende
rosso sanguedibue sulla dogana: vince il tuo sapere
leggere nei segni. Lucente lo scroscio delle eliche
rompe il giro del cordame, si destano le cupole
semiconsunte al rimbombo improvviso del bronzo
e non ci sbugiarda, questo gennaio almeno!,
inattesa la sofisticata morgana di Venezia
che seccamente disegna la tua bilanciata verità.
1961
(Da "L'antologia dei poeti italiani dell'ultimo secolo", Martello, Milano 1963)
FINIS
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