Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
lunedì 30 gennaio 2012
Il rimpianto dell'infanzia nei poeti ermetici meridionali
VENTO A TINDARI
di Salvatore Quasimodo
Tindari, mite ti so
fra larghi colli pensile sull'acque
dell'isole dolci del dio,
oggi m'assali
e ti chini in cuore.
Salgo vertici aerei precipizi,
assorto al vento dei pini,
e la brigata che lieve m'accompagna
s'allontana nell'aria,
onda di suoni e amore,
e tu mi prendi
da cui male mi trassi
e paure d'ombre e di silenzi,
rifugi di dolcezze un tempo assidue
e morte d'anima.
A te ignota è la terra
ove ogni giorno affondo
e segrete sillabe nutro:
altra luce ti sfoglia sopra i vetri
nella veste notturna,
e gioia non mia riposa
sul tuo grembo.
Aspro è l'esilio,
e la ricerca che chiudevo in te
d'armonia oggi si muta
in ansia precoce di morire;
e ogni amore è schermo alla tristezza,
tacito passo nel buio
dove mi hai posto
amaro pane a rompere.
Tindari serena torna;
soave amico mi desta
che mi sporga nel cielo da una rupe
e io fingo timore a chi non sa
che vento profondo m'ha cercato.
(Da "Ed è subito sera")
INFANZIA
di Alfonso Gatto
Il bambino, sorpreso alla finestra
della sera tranquilla, odorava
la leggerezza tepida dei fiori
sollevati nell'aria celeste.
Inquietamente raccoglieva il volto
in un silenzio scolorito
e calmo la sua vergogna ridonava
all'impalpabile sera
assiepata dall'erbe e dai tetti.
Sognava: nella piazzetta antica
la chiesa era un piccolo chiosco
con la bandierina allegra:
alla cupola di maiolica
s'illuminavano gli scarabei
sulle lastre d'acqua verdina.
Il silenzio dell'umido erboso
acquetava le scale,
i balconcini coi tralci, le stive
dei fondaci colmi di frutta.
Così s'accendeva il fanale,
a poco a poco aggregato dall'acque,
sulla laguna invernale.
Affondavano le case
in lontananze distrutte,
sgretolate senza rumore:
trasaliva il bambino invecchiato
intirizzito all'ombrello.
Andava a trovare i suoi morti
rinchiusi in armadi sconnessi:
traboccava allegra pioggia
sul piccolo porto di legno,
ed una gioia strana
lo flagellava col vento
in un presagio del mare.
(Da "Poesie")
QUESTA PIOGGIA
di Libero De Libero
Questa pioggia di città
(saluto all'inverno con acqua
gentile come un sognato canto
nella stanza della sera)
mi riporta a una collina
amata per un viaggio di cavalli,
al paese in collina
abbrancato nei castagni,
al tempo e all'odore
dei giorni contadini,
a mia madre rimasta
nei figli e nel pane
e nell'amore di mio padre
e per lui morta,
a tutta la mia gente antica
mandriana di palude.
Questa pioggia di città
(dell'inverno fredde radici
e stanche palpebre d'acqua
e timida sera della stanza)
mi riporta alla casa con sedie
tante e della morte sola novità,
al collegio con tanti occhi
e nel segreto meglio si giocava,
a tutta l'infanzia dal corpo
assediata e dalle stagioni.
È questa l'acqua attinta
ai pozzi di Monte Calciano,
acqua venuta dal mare
e il mare molesta il sonno
al fanciullo che il gatto pianse
lapidato nel bosco coi compagni.
(Da "Scempio e lusinga")
LA LUCE ERA GRIDATA A PERDIFIATO
di Leonardo Sinisgalli
La luce era gridata a perdifiato
Le sere che il sole basso
Arrossava il petto delle rondini rase.
Ora e sempre più viva
Sarà la smania di far notte in me solo
E cercar scampo e riposo
Nella mia storia più remota.
Ogni sera mi vado incontro a ritroso.
(Da "Vidi le Muse")
Tabernacoli d'oro alza la sera
per celebrare i mistici sponsali
fra la terra che freme primavera
e il cielo che n'ha già brividi d'ali.
La melodia dell'erba è sì leggera
che insieme a lei sembra ogni zolla esali
su nella luce; e il cielo, alla preghiera,
si sciolga in caldi baci nuziali.
L'anima che in quel fremito è rapita,
obliando i suoi poveri tormenti,
risorge a quella luce: a quella vita
cosmica, in armonia con gli elementi,
quando al coro degli angeli era unita,
sposa di tutti gli esseri viventi.
Questa lirica appartiene alla seconda fase poetica di Arturo Onofri (1885-1928), poeta romano che nelle sue prime raccolte ("Liriche", 1907; "Poemi tragici", 1908; "Canti delle oasi", 1909) fu attratto e influenzato dalle tematiche del decadentismo e del crepuscolarismo, staccandonese col tempo per approdare ad una poesia del tutto nuova (non solo in Italia) che nasce da una profonda tensione esistenziale e sfocia in una ricerca della purezza intesa dal poeta come rinascita, rigenerazione universale rappresentata dalla natura in un contino evolversi e in una perenne sintesi con l'elemento divino. Molto influirono sulle ultime opere onofriane le teorie religiose e antroposofiche di Rudolf Steiner (1861-1925) filosofo austriaco che a sua volta si rifaceva alla teosofia (varie dottrine mistico-filosofiche collegate tra di loro) ed al pensiero indiano. La poesia è tratta da "Vincere il Drago!" (1928), si tratta di un sonetto che rientra pienamente nella fase più filosofica e mistica di Onofri; l'arrivo della sera sembra annunciare un rito iniziatico in cui si celebrano la Terra ed il Cielo intesi come divinità vere e proprie; nella Terra prevale l'elemento musicale e spirituale mentre il Cielo rappresenta quello di un amore caldo e sensuale. Nelle due terzine diviene protagonista l'anima umana che, assistendo allo spettacolo si libera dei problemi e dei tormenti terreni per obliarsi ed estasiarsi nella luce e nella vita cosmica, in un mondo ultraterreno in cui ha già vissuto e in cui è destinata a ritornare.
sabato 28 gennaio 2012
Da "Vivere ancora" di Ruth Klüger
Si fece umido, poi molto freddo. Era l'inverno '44-45, che nessuno che fosse ancora in Europa dimenticherà mai. La mattina ci svegliavano con una sirena o un fischietto, e nel buio stavamo in piedi per l'appello. Stare in piedi, stare semplicemente in piedi mi ripugna ancor oggi a tal punto, che a volte esco da una coda e me ne vado quando tocca quasi a me, solo perché non voglio restare in fila un istante di più.
Ruth Klüger nacque a Vienna nel 1931, ed è morta a Irvine, in California, nel 2020. Vivere ancora, che uscì per la prima volta nel 1992, è il primo, struggente romanzo della scrittrice viennese, in cui racconta la sua drammatica vicenda umana, ai tempi in cui fu deportata insieme alla madre, nel 1942, dapprima a Theresienstadt e poi ad Auschwitz; entrambe sopravvissero all’Olocausto e, finita la guerra, si trasferirono negli Stati Uniti, dove Ruth professò l’insegnamento.
Il toccante frammento che ho riportato sopra, proviene dall’edizione italiana di Vivere ancora, pubblicata da Einaudi, in Torino nel 1992 (il frammento si trova nella riedizione del 1995, a pagina 145).
venerdì 27 gennaio 2012
Da "Se questo è un uomo" di Primo Levi

Da "Diario" di Anne Frank
Ecco che cos'è difficile in quest'epoca: gli ideali, i sogni e le belle aspettative non fanno neppure in tempo a nascere che già vengono colpiti e completamente devastati dalla realtà più crudele. E' molto strano che io non abbia abbandonato tutti i miei sogni perché sembrano assurdi e irrealizzabili. Invece me li tengo stretti, nonostante tutto, perché credo tuttora all'intima bontà dell'uomo.
Mi è proprio impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria e della confusione. Vedo che il mondo lentamente si trasforma in un deserto, sento sempre più forte il rombo che si avvicina, che ucciderà anche noi, sono partecipe del dolore di milioni di persone, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto tornerà a volgersi al bene, che anche questa durezza spietata finirà, e che nel mondo torneranno tranquillità e pace. Nel frattempo devo conservare alti i miei ideali, che forse nei tempi a venire si potranno ancora realizzare!
Questo frammento è tratto dal celebre Diario di Anne Frank (Francoforte sul Meno 1929 – Bergen-Belsen 1945), ovvero dall’unica, straordinaria e altamente commovente opera letteraria di un’adolescente che, insieme alla sua famiglia, nell’agosto del 1944 fu deportata ad Auschwitz e poi, qualche mese dopo, a Bergen-Belsen, dove morì.
In queste pochi pensieri è facile comprendere l’eccezionale maturità di Anne, che, pur essendo consapevole di trovarsi in un tempo ed in una situazione personale dai risvolti estremamente drammatici, riesce a trovare dei motivi per sperare, per pensare che il suo, come quello dei suoi familiari e dei suoi conoscenti (trovatisi uniti ad Amsterdam, in un luogo nascosto, in attesa della fine della guerra), sia soltanto un periodo negativo, destinato presto a concludersi. Non ci sono parole per descrivere l’ottimismo ad oltranza di questa ragazzina che, ahimè, di lì a pochi mesi avrebbe trovato la morte in un campo di concentramento tedesco.
giovedì 26 gennaio 2012
Presagio
Non so per qual prodigio di natura,
io che tra voi, fraternamente, crebbi,
Alcuni desideri
le notti col canto dei grilli!
Vorrei pure scrivere, senza
fatica, dei versi: ma sparsi
a spizzico, da giudicarsi
con una bonaria indulgenza:
dei versi bizzarri, rimati
secondo la mia prosodía,
con molta malinconía
e quasi niente grammatica:
e il lusso da milionario
vorrei per un mese, d'avere
a nolo per cameriere
un dottore universitario
per mettere in bella copia
le mie bislacche parole
e dirmi dove ci vuole
la lettera semplice o doppia.
O gioia di essere solo!
non l'ombra d'un conosciuto
vicino, toltone il muto
dottore che avrei preso a nolo.
Non ascolterei che la sola
Natura, l'unica amica;
non compirei piú la fatica
di dire una mezza parola.
Avrei con me qualche rado
libro, assai fuori di mano;
andrei per i campi pian piano
senza saper dove vado;
nella mia testa i pensieri
andrebbero com'io li lascio
andare, tutti a rifascio,
i piú pazzi con i piú seri:
e a sera, sull'imbrunire,
un letto fresco e profondo
mi smemorerebbe del mondo
con la voluttà di dormire.
Se un semplice regime uguale
bastasse a guarirmi dal tedio!
Ma in simile caso il rimedio
sarebbe peggiore del male.
Non guarirei, ne son certo,
da tutte queste torture
imaginarie, neppure
mercoledì 25 gennaio 2012
Poeti dimenticati: Gustavo Brigante Colonna
Opere poetiche
"Gli ulivi e le ginestre", M. Carra & C., Roma 1912.
"L'offerta", F.lli Druker, Padova 1919.
"Le melangole", Le Monnier, Firenze 1927.
"Filastrocche", REDA, Roma 1945.
Presenze in antologie
"Cenacolo. Antologia di poeti d'oggi", a cura di F. Addonizio e F. Giovinazzo, «Luce intelletual», Palermo 1931 (pp. 64-67).
Testi
Dal tedio che mi opprime
Torno pe' molli clivi
Al rezzo degli ulivi
Ove fiorian le rime:
Più d'un capello bianco
Dice che il cuore è stanco.
Salgo al paese antico
Col cuor gonfio di pianto,
Guardo di tanto in tanto
Se scorga un volto amico:
Dicono gli occhi intorno
Che inutile è il ritorno.
Con l'anima pervasa
Del sogno già sognato,
Come un allucinato
Torno a la vecchia casa.
Batto a la porta. Tu
non mi rispondi più.
(Da "Gli ulivi e le ginestre")
Poeti dimenticati: Luisa Anzoletti
Opere poetiche
"Vita", L. F. Cogliati, Milano 1898.
"Alba", L. F. Cogliati, Milano 1904.
"Vita. Nuove liriche", Zanichelli, Bologna 1904.
"Canti dell'ora", Treves, Milano 1914.
"Sera", «L'Eroica», Milano 1927.
Presenze in antologie
"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (pp. 20-21).
"Poeti italiani d'oltre i confini", a cura di Giuseppe Picciòla, Sansoni, Firenze 1914 (pp. 188-195).
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (pp. 314-315).
"La fiorita francescana", a cura di Tommaso Nediani, Ist. It. d'Arti Grafiche, Bergamo 1926 (pp. 105-106; pp. 286-287).
"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (volume quarto, pp. 199-205).
Testi
APATIA
Stagioni, che l'acqua con sùbite scosse
su l'alida terra vapora e non bagna.
Stagioni, che 'l sole gli è come non fosse
per l'irta nel gelo marmata campagna.
Stagioni, che l'aria non giova d'alena,
ma torpe nel cavo a gl' inerti polmoni;
e 'l sangue che affredda entro l'arida vena
scaldare non posson gli ardenti carboni.
Stagioni, in cui tacita prende l'avvio
colei che di nulla non sente bisogno:
l'Ignota, che semina in terra l'oblio,
e miete anco i fior tenerelli del sogno.
Stagioni, ove qualche gran cosa finisce,
o forse al nativo suo mondo trasvola:
si parla si parla, e nessuno capisce;
si soffre si soffre, e niente consola.
(Da "Canti dell'ora")
Antologie: Dal simbolismo al déco


Si nota che in questa sua opera Viazzi a sorpresa decide di porre i poeti antologizzati all'interno di gruppi che, quasi sempre, sono ridefiniti da lui stesso, secondo una sua personale visione della poesia italiana di quegli anni. Ecco, per capire meglio, i raggruppamenti creati da Viazzi e i nomi di chi ne fa parte:
IDEOSIMBOLISTI, ESTETI, SIMBOLISTI
Gian Pietro Lucini; Mario Morasso; Gino Borzaghi; Ceccardo Roccatagliata Ceccardi; Adolfo De Bosis; Romolo Quaglino; Luisa Giaconi; Domenico Tumiati; Pier Ludovico Occhini; Diego Angeli; Alessandro Giribaldi; Mario Malfettani; Alessandro Varaldo; Gustavo Botta; Ricciotto Canudo; Giuseppe Lipparini; Tito Marrone; Agostino J. Sinadinò; Angelo Toscano; Pier Angelo Baratono; Umberto Saffiotti; Giuseppe Rino; Teofilo Valenti.
VERSO IL LIBERTY
Corrado Govoni; Aldo Palazzeschi; Paolo Buzzi; Giovanni Cavicchioli.
MISTICI, ORFICI, ESOTERICI
Giuseppe Vannicola; Emanuele Sella; Luca Pignato; Raoul Dal Molin Ferenzona; Guido Pereyra; Enrico Cardile; Girolamo Comi; Arturo Onofri; Mornor Yadolphe.
ELEGIACI E INTIMISTI
Alberto Sormani; Giovanni Tecchio; Cosimo Giorgieri-Contri; Pietro Mastri; Marino Marin; Adelchi Baratono; Italo Dalmatico; Guelfo Civinini; Sergio Corazzini; Fausto Maria Martini; Alberto Tarchiani; Yosto Randaccio; Auro D'Alba; Marino Moretti; Carlo Chiaves; Francesco Cazzamini Mussi; Diego Valeri.
DAL LIBERTY ALL'ART DÉCO
Guido Da Verona; Federico De Maria; Gesualdo Manzella Frontini; Enrico Cavacchioli; Guido Gozzano; Amalia Guglielminetti; Carlo Vallini; Antonio Rubino; Francesco Scaglione; Libero Altomare; Enzo Marcellusi; Luigi Crociato; Fausto Valsecchi; Alberto Viviani; Nicola Moscardelli; Nino Oxilia; Mario Venditti; Fausto M. Bongioanni; Alceo Folicaldi.
Ora, volendo fare un confronto con la precedente "Poeti italiani simbolisti e liberty", è facile notare la massiccia esclusione di poeti secondo-ottocenteschi, probabilmente perché l'antologia voleva mettere in luce i poeti veramente "nuovi". È poi evidente un inserimento di molti poeti crepuscolari, sparpagliati in vari gruppi. Giusta è anche l'inclusione di nomi a torto trascurati nella antologia di Viazzi-Scheiwiller, come quelli dei fratelli Baratono, di Mario Morasso, di Giovanni Tecchio ecc.
Ogni poeta è posto, all'interno del gruppo di appartenenza, seguendo l'ordine cronologico dei suoi scritti: ovvero seguendo l'ordine di uscita dei suoi volumi o delle sue poesie pubblicate in riviste.
Infine colpisce la presentazione dedicata da Viazzi a ciascun poeta preso in esame: trattasi di una analisi assai particolareggiata, che molto si occupa dell'aspetto più psicologico dell'opera poetica di ciascun autore, e che usa, a volte, un linguaggio decisamente ostico.
Da "Il lupo della steppa" di Hermann Hesse
Egli faceva parte della categoria dei suicidi. A questo punto dobbiamo osservare che è errato definire suicidi solamente coloro che si uccidono davvero. Tra questi ci sono anzi molti che diventano suicidi quasi per caso e il suicidio non fa necessariamente parte della loro natura. Tra gli uomini senza personalità, senza un'impronta marcata, senza un forte destino, tra gli uomini da dozzina e da branco ce ne sono parecchi che commettono suicidio senza per questo appartenere per carattere al tipo dei suicidi, mentre viceversa moltissimi di coloro che vanno annoverati per natura fra i suicidi, anche forse la maggior parte, effettivamente non attentano alla propria vita. Il «suicida» (Harry era uno di questi) non occorre che abbia uno stretto rapporto con la morte: lo si può avere anche senza essere suicidi. Ma il suicida ha questo di caratteristico: egli sente il suo io, indifferente se a ragione o a torto, come un germe della natura particolarmente pericoloso, ambiguo e minacciato, si reputa sempre molto esposto e in pericolo, come stesse sopra una punta di roccia sottilissima dove basta una piccola spinta esterna o una minima debolezza interna per farlo precipitare nel vuoto. Di questa sorta di uomini si può dire che il suicidio è per loro la qualità di morte più probabile, per lo meno nella loro immaginazione.
Il lupo della steppa (titolo originale: Der Steppenwolf, 1927) è uno dei migliori romanzi di Hermann Hesse (1877-1962). Io lo lessi qualche decennio fa, soprattutto perché m’intrigava la situazione di profonda crisi spirituale del protagonista Harry. Costui, come spiega bene il frammento che ho riportato, possiede una personalità assai complicata e tormentata; spesso pensa al suicidio come unica via d’uscita per tutti i problemi che lo affliggono, ma mai vi ricorre. Questa crisi, con caratteristiche certamente diverse e decisamente meno cervellotiche, ritengo di averla avuta anch’io, in età adolescenziale. Fu in quel periodo che, come Harry, cominciai a pensare al suicidio, pur non avendo né l’intenzione, né il coraggio di praticarlo. Sicuramente fui influenzato, nella mia ossessione suicida, da una notizia che avevo appreso di recente, riguardante un mio coetaneo che si era tolto la vita impiccandosi in casa, molto probabilmente a causa dell’insopportabile dolore provato in seguito alla morte del nonno, a cui, evidentemente, era affezionatissimo. Eppure io non avevo subito un lutto del genere, però avvertivo un disagio esistenziale, che si spiega soltanto con l’età adolescenziale: così difficile a volte, e dolorosa.
Il frammento che ho trascritto fa parte del volume: Hermann Hesse, Il lupo della steppa, Mondadori, Milano 1976 (la prima edizione italiana pubblicata dalla casa editrice milanese, risale però al 1946). Più precisamente, si trova all’interno della Dissertazione: una sorta di prologo piuttosto lungo, che precede il romanzo vero e proprio.
martedì 24 gennaio 2012
Antologie: Poeti simbolisti e liberty in Italia



"Poeti simbolisti e liberty in Italia" è il titolo di un'antologia curata dal critico letterario Glauco Viazzi e dall'editore Vanni Scheiwiller, il cui primo volume uscì nel 1967. Al termine di suddetto volume, una "nota degli editori" chiariva il motivo della nascita di una antologia poetica decisamente inconsueta:
Per quanto riguarda quegli scrittori che portarono in auge il cosiddetto frammentismo e che si radunavano intorno alla celebre rivista letteraria "La Voce", in questa prima parte antologica c'è ben poco (a parte Arturo Onofri di cui però vengono scelti i versi della fase crepuscolare).
Da non dimenticare poi la presenza di poeti che, pur non essendo stati mai inseriti in scuole o gruppi, dimostrarono di interpretare in modo lucido ed efficace la nuova poesia nata in Francia pochi anni prima; è questo il caso di Ricciotto Canudo (altro intellettuale sui generis), Girolamo Comi, Luisa Giaconi, Amalia Guglielminetti, Antonio Rubino (anche ottimo disegnatore), Domenico Tumiati, Guido da Verona e Remigio Zena. Quest'ultimo è, stranamente, l'unico poeta compreso in questa prima selezione, la cui opera sia interamente riconducibile al secondo Ottocento.
Vi sono, infine, delle scelte singolari; non voglio tanto riferirmi a quella di un musicista quale sostanzialmente fu Giuseppe Vannicola, che pure scrisse dei versi ed attraversò il simbolismo anche e soprattutto con le sue prose, quanto invece a Julius Evola, certo non famoso per aver scritto dei versi simbolisti.
Ecco di seguito i nomi dei poeti presenti nel primo volume, tra parentesi, per ognuno di essi, c'è l'anno di nascita e di morte (ove siano conosciuti).
VOLUME PRIMO (1967)
Gian Pietro Lucini (1867-1914); Libero Altomare (1883-1969); Gustavo Botta (1880-1948); Antonio Bruno (1893-1932); Paolo Buzzi (1874-1956); Francesco Cangiullo (1888-1977); Ricciotto Canudo (1877-1923); Enrico Cardile (1883-1951); Enrico Cavacchioli (1885-1954); Carlo Chiaves (1883-1919); Guelfo Civinini (1873-1954); Girolamo Comi (1890-1968); Sergio Corazzini (1886-1907); Giovanni Croce (1889-1911); Auro D'Alba (1888-1965); Italo Dalmatico (1868-?); Federico De Maria (1883-1954); Luigi Donati (1870-1946); Julius Evola (1898-1974); Enrico Fondi (1881-1953); Eugenio Gara (1888-1985); Luisa Giaconi (1870-1908); Corrado Govoni (1884-1965); Guido Gozzano (1883-1916); Amalia Guglielminetti (1881-1941); F. T. Marinetti (1876-1944); Fausto M. Martini (1886-1931); Arturo Onofri (1885-1928); Aldo Palazzeschi (1885-1974); Guido Pereyra (1881-1968); Romolo Quaglino (1871-1938); Giuseppe Rino (1886-1963); Ceccardo Roccatagliata Ceccardi (1871-1919); Antonio Rubino (1880-1964); Umberto Saffiotti (1882-1927); G. A. Sanguineti (?-?); Agostino J. Sinadinò (1876-1956); Alberto Sormani (1866-1893); Angelo Toscano (1879-1908); Federigo Tozzi (1883-1920); Domenico Tumiati (1874-1943); Carlo Vallini (1885-1920); Giuseppe Vannicola (1877-1915); Mario Venditti (1889-1964); Guido da Verona (1881-1939); Mornor Yadolfe (1881-1962); Remigio Zena (1850-1917).
***
Il secondo volume di "Poeti italiani simbolisti e liberty in Italia" uscì nel 1971 (ben quattro anni dopo il primo). Aprendolo si nota un netto aumento di pagine e di poeti inclusi, a questo proposito non figurano certo come maggioranza i "riconfermati", mentre compaiono in folta schiera poeti molto attivi nella seconda metà dell'Ottocento che nel volume precedente erano stati sicuramente trascurati; ecco allora la presenza (gradita) di Vittoria Aganoor, Pompeo Bettini, Gabriele D'Annunzio, Adolfo De Bosis, Augusto Ferrero, Arturo Graf, Luigi Gualdo, Enrico Nencioni e Giovanni Pascoli. Troviamo anche qualche altro nome ingiustamente dimenticato dai curatori del primo volume, come quello di Cosimo Giorgieri-Contri, Tito Marrone, Francesco Scaglione, Diego Valeri, Fausto Valsecchi e, soprattutto, Alessandro Giribaldi: punto di riferimento (insieme al Ceccardi) per molti poeti liguri tra i quali anche Mario Malfettani e Alessandro Varaldo anch'essi presenti in questo volume. C'è poi Dino Campana, definito da alcuni critici come il poeta italiano maggiormente vicino alla figura e all'opera di Arthur Rimbaud. Altri inserimenti sono, in verità, rappresentati da poeti piuttosto marginali. C'è anche qui una sorprendente inclusione: quella del critico Vittorio Pica che compare con una traduzione di un brano di Mallarmé. Sorprende infine la doppia presenza di Edmondo Corradi, scrittore emiliano che pubblicò alcune raccolte di versi col suo vero nome e una con lo pseudonimo di Ermanno Orlandi; quest'ultimo è qui considerato come poeta "reale".
VOLUME SECONDO (1971)
Gian Pietro Lucini; Vittoria Aganoor Pompilj (1855-1970); Libero Altomare; Pompeo Bettini (1862-1896); Fausto M. Bongioanni (1902-1979); Gustavo Botta; E. A. Butti (1868-1912); Paolo Buzzi; Dino Campana (1885-1932); Carlo Chiaves; Giovanni Cavicchioli (1894-1964); Decio Cinti (1879-1954); Guelfo Civinini; Sergio Corazzini; Edmondo Corradi (1873-1931); Auro D'Alba; Italo Dalmatico; Lucio D'Ambra (1877-1939); Gabriele D'Annunzio (1863-1938); Guido da Verona; Adolfo De Bosis (1863-1924); Gino Del Guasta (1875-1940); Federico De Maria; Willy Dias (1872-1956); Luigi Donati; Augusto Ferrero (1866-1924); Enrico Fondi; Aldo Fumagalli (?-?); Diego Garoglio (1866-1933); Luisa Giaconi; Cosimo Giorgieri-Contri (1870-1943); Alessandro Giribaldi (1874-1928); Corrado Govoni; Guido Gozzano; Arturo Graf (1848-1913); Luigi Gualdo (1847-1898); Amalia Guglielminetti; Virgilio La Scola (1869-1927); Marino Marin (1860-1951); Mario Malfettani (1875-1911); Mario Mariani (1883-1951); F. T. Marinetti; Tito Marrone (1882-1967); Fausto M. Martini; Enrico Nencioni (1837-1896); Ermanno Orlandi; Giovanni Pascoli (1855-1912); Vittorio Pica (1865-1930); Romolo Quaglino; Ceccardo Roccatagliata Ceccardi; Antonio Rubino; G. A. Sanguineti; Emilio Scaglione (1891-1946); Francesco Scaglione (1889-?); Agostino J. Sinadinò; Alberto Sormani; Térésah (1877-1964); Domenico Tumiati; Aurelio Ugolini (1875-1907); Teofilo Valenti (1884-?); Diego Valeri (1887-1976); Fausto Valsecchi (1891-1914); Giuseppe Vannicola; Alessandro Varaldo (1876-1953); Mario Venditti; Remigio Zena.
***
lunedì 23 gennaio 2012
Poeti dimenticati: Italo Dalmatico
Opere poetiche
"Juvenilia", Enrico De Schönfeld, Zara 1903.
"Poeti italiani d'oltre i confini", a cura di Giuseppe Picciòla, Sansoni, Firenze 1914 (col nome di Gerolamo Italo Boxis, pp. 208-212).
"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (Vol. primo: pp. 74-78; Vol. secondo: pp. 78-80).
"Dal simbolismo al déco", a cura di Glauco Viazzi, Einaudi, Torino 1981 (tomo secondo, pp. 357-362).
Testi
Questo, Morte, darai tu? Pace a noi
che fummo, ne la vita, anime in pene,
cercando nostro durevole bene,
dilacerati da' martiri suoi?
Se questo fosse! E tu ne le serene
ombre, nel freddo de i riposi tuoi,
tu avessi quella che cercammo noi
quassù, ma invano, fonte d'ogni bene
durevole e più dolci sogni; e sogni
dolci così che fosser medicina
a l'acre piaga in ogni mite cuore
aperta, sanguinosamente in ogni
cuor di poeta e cuor di sognatore,
mirabile rosetta porporina!
(Da "Juvenilia")
Poeti dimenticati: Olinto Dini
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Opere poetiche
"Alcune poesie", Mariotti, Pisa 1900.
"Poesie", Bemporad, Firenze 1902.
"Nuove Poesie", Rosa, Castelnuovo Garfagnana 1903.
"Sonetti apuani", Rosa, Castelnuovo Garfagnana 1905.
"Fremiti e sogni", Lapi, Città di Castello 1909.
"Due Vite", Lapi, Città di Castello 1914.
"Vita e Sogno", «L'Eroica», Milano 1920.
"Natura e anima", «L'Eroica», Milano 1926.
"Epigrammi lirici", «L'Eroica», Milano 1928.
"Ombre e Fulgori", «L'Eroica», Milano 1929.
"Dal mio Romitaggio", «L'Eroica», Milano 1932.
"Biancofiore", «L'Eroica», Milano 1933.
"Tormenti e Consolazioni", «L'Eroica», Milano 1934.
"Voci della mia Sera", «L'Eroica», Milano 1937.
"Fervori e Raccoglimenti", «L'Eroica», Milano 1938.