Morire... Cadere, goccia
di mare, nel mare immenso?
O essere chi non fui mai:
privo dell’ombra e del sogno,
un solitario che avanza
senza una via, senza specchio.
COMMENTO
Pochi versi nudi e crudi del grande poeta spagnolo Antonio Machado (1875-1939). Da quanto scrive, l'autore sembra si trovi ad un bivio esistenziale che non lasci alcuno scampo: scegliere la morte o la vita. Ma ambedue le scelte sono dolorose e non portano a nulla di buono: la morte perché rappresenterebbe la fine di tutto e l'inizio di un vuoto, un nulla paragonato ad una goccia d'acqua che cade nel mare. La vita perché continuerebbe ad essere qualcosa di falso e di desolante, come il fare una lunga strada senza compagnia e senza speranza, che, come è naturale, porterebbe, dopo lunga fatica ed agonia, alla morte.
Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
martedì 20 gennaio 2015
domenica 18 gennaio 2015
"Il purosangue" di Massimo Bontempelli
È cosa certa che,
nella illustre carriera letteraria di Massimo Bontempelli (Como, 1878 - Roma,
1960) la poesia ha una importanza marginale. Eppure i suoi esordi dimostrano un
interesse quasi esclusivo per la lirica, anche se poi Bontempelli ripudiò le numerose
opere in versi che pubblicò nei primissimi anni del XX secolo, le quali, pure
se non posseggono grandi qualità, influenzarono in parte qualche poesia
dell'amico Guido Gozzano. L'unico volume di versi "salvato" da
Bontempelli è Il purosangue. L'ubriaco, uscito nel 1919, in un periodo
in cui lo scrittore lombardo si era da poco stabilizzato a Milano e aveva
trovato il modo di avvicinarsi alquanto al futurismo. L'opera, come si evince
dal titolo, è divisa in due sezioni: la prima vede la presenza di poesie molto
vicine alla corrente letteraria fondata da Marinetti, ma non lontane da certo
surrealismo e, come hanno indicato alcuni illustri critici, dalla metafisica
(che è una scuola prettamente pittorica). La seconda parte vede delle poesie il
cui argomento è la Grande Guerra, alla quale Bontempelli partecipò; l'aria che
vi si respira è però del tutto differente da quella dei versi ungarettiani che
uscirono negli stessi anni; in L'ubriaco (e il titolo parla da solo)
l'autore sembra sdrammatizzare e addirittura ridicolizzare l'evento bellico e
persino la sofferenza del soldato che vi partecipa.
La prima edizione de Il
purosangue. L'ubriaco uscì presso l'editore Facchi di Milano nel 1919. Una
prima ristampa del volume si ebbe nel 1933 (La Prora, Milano). Infine, nel
1987, è stato l'editore Scheiwiller in Milano a riproporre nuovamente i versi
di Bontempelli.
Ingiustamente poco
ricordata da critici, saggisti e autori di antologie poetiche del '900, l'opera
poetica di Bontempelli fu premiata da Pier Vincenzo Mengaldo, che la inserì
nella severa selezione della famosa antologia Poeti italiani del Novecento,
Mondadori, Milano 1978.
giovedì 15 gennaio 2015
Antologie: "Le notti chiare erano tutte un'alba"
Penso che l'antologia Le notti chiare erano tutte un'alba, curata da Andrea Cortellessa e
pubblicata da Bruno Mondadori nel 1998, sia un'opera unica nella sua
fattispecie; vi sono selezionate e raccolte infatti le poesie italiane che
hanno come tema la "Grande Guerra", ovvero il primo conflitto
mondiale del XX secolo che ci vide coinvolti direttamente. A quanto ne so, erano già state
pubblicate antologie che avevano come argomento portante la guerra, o che
mettevano in risalto gli scritti di poeti morti in un evento bellico, ma
nessuna di esse può essere equiparata a questa. Qui si possono leggere sia i
famosissimi versi di poeti importanti come Giuseppe Ungaretti, Clemente Rebora,
Umberto Saba ed altri ancora, sia quelli di scrittori oggi dimenticati
(Vittorio Locchi, Carlo Stuparich, Vann'Antò, Manlio Dazzi per citarne alcuni),
che però, negli anni successivi alla fine del conflitto, ebbero il loro momento
di notorietà. Da notare che, famosi o sconosciuti, quasi tutti questi poeti
furono coinvolti direttamente nella guerra di trincea e in parte vittime del
fuoco nemico. L'antologia si avvale di una prefazione di Mario Isnenghi ed è
divisa nelle seguenti sezioni (tutte presentate e commentate):
Antefatto - La guerra
attesa
La guerra-festa
La guerra-cerimonia
La guerra-comunione
La guerra-percezione
La guerra-riflessione
La guerra lontana
La guerra-follia
La guerra-tragedia
La guerra-lutto
La guerra ricordata
Post factum - La
guerra postuma
Come si può capire
dai titoli delle sezioni presenti, il curatore ha voluto inserire
separatamente, in modo più cospicuo ed efficace possibile, le emozioni, le
speranze, i sentimenti, le sensazioni, le meditazioni, i rimpianti, le rabbie,
i dolori e i ricordi provati direttamente o indirettamente dai poeti che
combatterono o videro combattere la Grande Guerra. Fa eccezione l'ultima poesia
(di Andrea Zanzotto) il cui contenuto spiega come possa sentirsi e quali pensieri possa avere chi, dopo molti anni dalla fine
del conflitto, visita i luoghi dove si svolse la 1° Guerra Mondiale e osserva le
sepolture dei soldati caduti.
Ecco infine i nomi
dei poeti che sono presenti in questa originale antologia.
LE NOTTI CHIARE ERANO
TUTTE UN'ALBA
Corrado Alvaro, Bruno
Aschieri, Giulio Barni, Carlo Betocchi, Ugo Betti, Bino, Binazzi, Giovanni
Boine, Massimo Bontempelli, Giuseppe Bottai, Paolo Buzzi, Ferdinando Caioli,
Dino Campana, Francesco Cangiullo, Mario Carli, Carlo Carrà, Giovanni Comisso,
Primo Conti, Silvio Cremonesi, Auro d'Alba, Gabriele D'Annunzio, Manlio Dazzi,
Lionello Fiumi, Luciano Folgore, Carlo Emilio Gadda, Corrado Govoni, Guido
Gozzano, Piero Jahier, Vittorio Locchi, Curzio Malaparte, Biagio Marin, Filippo
Tommaso Marinetti, Fausto Maria Martini, Armando Mazza, Francesco Meriano,
Eugenio Montale, Nicola Moscardelli, Luciano Nicastro, Giacomo Noventa, Arturo
Onofri, Nino Oxilia, Aldo Palazzeschi, Giovanni Papini, Clemente Rèbora,
Umberto Saba, Alberto Savinio, Camillo Sbarbaro, Ettore Serra, Ardengo Soffici,
Sergio Solmi, Carlo Stuparich, Enrico Thovez, Trilussa, Giuseppe Ungaretti,
Diego Valeri, Vann'Antò, Andrea Zanzotto.
venerdì 9 gennaio 2015
I fantocci nella poesia italiana simbolista e decadente
Fantocci, manichini,
burattini e marionette sono personaggi usuali soprattutto nei versi dei poeti
crepuscolari; in genere vogliono significare una totale assenza, da parte dei
corpi umani, di un'anima, uno spirito vitale che li distingua dai semplici oggetti.
Come dice Camillo Sbarbaro nella sua prosa poetica Ai fantoccini
meccanici, essi rappresentano e sono la "vita" che, composta
soltanto da esseri inanimati, vuoti e ridotti a cose, perde qualsiasi
significato, viene svilita, ridotta a pura meccanicità in tutte le sue
espressioni.
Poesie sull'argomento
Massimo Bontempelli:
"Attaca, bimbo, quattro fili" in "Il purosangue.
L'ubriaco" (1919).
Gustavo
Brigante-Colonna: "Come mi sento allocco" in "Gli ulivi e
le ginestre" (1912).
Enrico Cavacchioli:
"Tragedia di burattini" in "Cavalcando il sole" (1914).
Sergio Corazzini:
"Dialogo di Marionette" in "Libro per la sera della
domenica" (1906).
Federico De Maria:
"Fantocci" in "La Ritornata" (1932).
Marco Lessona:
"Chiamata" in "Versi liberi" (1920).
Tito Marrone:
"Il manichino" in «Vita letteraria», marzo 1907.
Nicola Moscardelli:
"Burattinata sentimentale" e "La lettera del burattino" in
"Abbeveratoio" (1915).
Aldo Palazzeschi:
"Il castello dei fantocci" in "I cavalli bianchi" (1905).
Guido Pereyra:
"Canto Sesto" in "Il Libro del Collare" (1920).
Camillo Sbarbaro.
"Ai fantoccini meccanici" in "Trucioli" (1920).
Aurelio Ugolini:
"Marcia funebre d'una marionetta" in "Viburna" (1905).
Testi
ATTACCA, BIMBO,
QUATTRO FILI
di Massimo
Bontempelli
Attacca, bimbo,
quattro fili
agli estremi
d'un'anima sensitiva.
Così. Tira un filo
poi l'altro:
vedi alza un piede
poi l'altro
si drizza si muove
va.
Cammina impettita -
scatta.
Quanti angoli - acuti
ottusi - puntuti.
Anima matta.
Allenta quel filo: si
china.
Spingila in mezzo,
pigia:
apre le braccia come
se fosse in croce.
Le giunture
scricchiolano
ma l'anima va
imperterrita
i membri si stirano
i pezzi si contorcono
ha fatto un giro come
un acrobata.
S'è un po'
schiantata? non importa
sembrava vera.
O vedi vedi gli occhi
piange? ma è vera?
non importa è solo
d'anima
su bambino, via i
giocattoli
e a letto, se no non
si cresce.
(Da "Il
purosangue. L'ubriaco")
martedì 16 dicembre 2014
Poeti dimenticati: Sebastiano Satta
Nacque a Nuoro nel 1867 e ivi morì nel 1914. Si laureò in
legge e divenne avvocato; nel 1908 fu colpito da una grave malattia che lo
paralizzò e quindi ne causò la morte precoce a soli quarantasette anni. Molto
vicino alle idee socialiste, spirito romantico, Satta dedicò quasi tutti i suoi
versi al popolo sardo, alle sue tradizioni e alle sue realtà. In particolare è
il territorio circoscritto della Barbagia che spesso viene descritto dal poeta
nuorese; ebbe un pubblico di lettori molto vasto ai suoi tempi e fu molto
apprezzato e stimato dai suoi conterranei, divenendo un personaggio mitico. I
suoi versi risentono dell'influsso di tre poeti: Carducci, Pascoli e
D'Annunzio, che d'altronde furono determinanti e fondamentali per tantissimi
giovani scrittori all'inizio del XX secolo.
Opere poetiche
"Versi ribelli", G. Gallizzi, Sassari 1893.
"Ninna nanna di Vindice", Chenna, Torino 1909.
"Canti barbaricini", La vita letteraria, Roma
1910.
"Canti del Salto e della Tanca", Il Nuraghe,
Cagliari 1924.
Presenze in antologie
"Antologia della lirica italiana", a cura di
Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (pp. 271-272).
"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2°
edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. 7, pp. 73-80).
"Antologia della lirica italiana. Ottocento e
Novecento", nuova edizione, a cura di Carlo Culcasi, Garzanti, Milano 1947
(pp. 206-208).
"Antologia della lirica contemporanea dal Carducci al
1940", a cura di Enrico M. Fusco, SEI, Torino 1947 (pp. 122-126).
"La lirica moderna", a cura di Francesco Pedrina,
Trevisini, Milano 1951 (pp. 486-488).
"L'antologia dei poeti italiani dell'ultimo
secolo", a cura di Giuseppe Ravegnani e Giovanni Titta Rosa, Martello,
Milano 1963 (pp. 159-161).
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di
Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 771-779).
"Poeti della rivolta", a cura di Pier Carlo
Masini, Rizzoli, Milano 1978 (pp. 355-357).
"L'incanto del Natale", a cura di Giuseppe
Gamberini, Paoline E. L., Milano 1996 (p. 197).
Testi
VESPRO DI NATALE
Incappucciati, foschi, a passo lento
Tre banditi ascendevano la strada
Deserta e grigia, tra la selva rada
Dei sughereti, sotto il ciel d’argento.
Non rumore di mandre o voci, il vento
Agitava per l’algida contrada.
Vasto silenzio. In fondo, Monte Spada
Ridea bianco nel vespro sonnolento.
O vespro di Natale! Dentro il core
Ai banditi piangea la nostalgia
Di te, pur senza udirne le campane:
E mesti eran, pensando al buon odore
Del porchetto e del vino, e all’allegria
Del ceppo, nelle lor case lontane.
(Da "Canti barbaricini")
domenica 14 dicembre 2014
Antologie: "Poesia italiana del Novecento" (Gelli - Lagorio)
L'antologia "Poesia italiana del Novecento", a
cura di Piero Gelli e Gina Lagorio, pubblicata da Garzanti in Milano nel 1980,
è stata per me di fondamentale importanza per scoprire e analizzare con grande
attenzione una autentica miniera quale è la poesia del nostro paese del XX
secolo. Ricordo che questi due volumi, insieme a quello di Mengaldo
("Poeti italiani del Novecento, Mondadori 1978) furono i primi che comperai
più di trent'anni or sono; erano, allora, quelli più facili da trovare per chi
era interessato alla materia, ma erano anche tra i migliori mai usciti fino a
quel momento.
L'opera direi che è
perfetta, a parte le esclusioni ben spiegate nella prefazione dei due curatori.
Partendo da Gian Pietro Lucini ed arrivando ai nati nel 1925, si incontrano nomi di poeti in
lingua italiana e in dialetto che meritano di comparire in un'antologia
settoriale come questa, la quale riesce ad includerne moltissimi e nello stesso
tempo mostra una capacità non comune di presentarli tutti in modo egregio,
avvalendosi, per ogni autore, dei commenti (sempre notevoli) di poeti stessi e
di critici autorevoli. Passando alla parte bibliografica, direi che anch'essa rasenta
la perfezione, sia per quel che riguarda la bibliografia della critica che per
la parte dedicata all'elenco delle opere poetiche pubblicate da ciascuno degli
scrittori antologizzati. Per tali motivi, ritengo che questi due volumi siano
fondamentali per chiunque voglia conoscere e approfondire la materia trattata.
Ecco infine l'elenco dei poeti presenti nell'antologia.
VOLUME PRIMO
Gian Pietro Lucini, Mario Novaro, Ceccardo Roccatagliata
Ceccardi, Giovanni Papini, Umberto Saba, Corrado Govoni, Piero Jahier, Dino
Campana, Virgilio Giotti, Marino Moretti, Arturo Onofri, Aldo Palazzeschi,
Clemente Rebora, Sergio Corazzini, Aldo spallicci, Delio Tessa, Vincenzo
Cardarelli, Carlo Michelstaedter, Diego Valeri, Angelo Barile, Camillo
Sbarbaro, Giuseppe Ungaretti, Edoardo Firpo, Girolamo Comi, Riccardo Bacchelli,
Biagio Marin, Giorgio Vigolo, Eugenio Montale, Adriano Grande, Giacomo Noventa,
Carlo Betocchi, Sergio Solmi, Salvatore Quasimodo, Lucio Piccolo, Raffaele
Carrieri, Libero De Libero.
VOLUME SECONDO
Sandro Penna, Carolus Cergoly, Cesare Pavese, Leonardo
Sinisgalli, Alfonso Gatto, Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, Elsa Morante,
Antonia Pozzi, Vittorio Sereni, Umberto Bellintani, Piero Bigongiari, Mario
Luzi, Daria Menicanti, Alessandro Parronchi, Giorgio Bassani, Albino Pierro,
Franco Fortini, Tonino Guerra, Nelo Risi, Margherita Guidacci, Giorgio Orelli,
Andrea Zanzotto, Bartolo Cattafi, Luciano Erba, Pier Paolo Pasolini, Elio
Filippo Accrocca, Elena Clementelli, Adriano Guerrini, Angelo Maria Ripellino,
Roberto Roversi, Rocco Scotellaro, Giovanni Testori, Giovanni Giudici, Alfredo
Giuliani, Francesco Leonetti, Maria Luisa Spaziani, Paolo Volponi, Giovanna
Bemporad, Cesare Vivaldi.
martedì 9 dicembre 2014
I fantasmi nella poesia italiana simbolista e decadente
Frequentemente, in
queste poesie, si riscontra la presenza del romantico mito dell'Olandese
volante e del suo Vascello fantasma: l'attenzione che i poeti
rivolgono a tale storia nasce dalla condanna del suddetto Olandese alla
navigazione eterna, ovvero ad una lunghissima esistenza tormentata e inutile,
proprio come quella dei poeti che ne parlano, prigionieri di un destino da
incompresi ed esclusi. In altri casi il fantasma si presenta come una sorta di alter
ego e dietro di lui si nasconde la Morte. Spesso i fantasmi, come
tradizione vuole, appaiono di notte e svegliano, sconvolgono, impauriscono chi
li percepisce e li vede. C'è chi li fugge e chi, al contrario, indaga sui
misteri che essi si portano dietro. Naturalmente, non sono assenti le figure
dei morti che riappaiono in forma di spettri. In genere i fantasmi
rappresentano la paura di qualcuno o di qualcosa (molto spesso della morte) e
soltanto di rado hanno a che vedere col desiderio e col sogno.
Poesie sull'argomento
Vittoria
Aganoor: "Sotto le stelle" in "Leggenda eterna" (1900).
Vittoria Aganoor:
"Visione" in "Poesie complete" (1912).
Gustavo
Brigante-Colonna: "Il convento" in "Gli ulivi e le
ginestre" (1912).
Giovanni Camerana:
"Mattutino", "Dies illa" in "Poesie" (1968).
Luigi Capuana:
"A Fasma" in "Semiritmi" (1888).
Giovanni Alfredo
Cesareo: "Il vascello fantasma" in "Poesie" (1912).
Federico De Maria:
"L'Altro" in "Voci" (1903).
Giuseppe Del Guasta:
"Nei viridarii squallidi è cascata" in «Le Varietà», febbraio
1894.
Marcus De Rubris:
"Fantasma notturno" in "La Veglia" (1910).
Giuliano Donati
Pétteni: "Il vascello fantasma" in "Intimità" (1926).
Augusto Ferrero:
"Fantasma invernale" in "Nostalgie d'amore" (1893).
Luisa Giaconi:
"I fantasmi" in «Il Marzocco», settembre 1897.
Luisa Giaconi:
"Una morta" in "Tebaide" (1909).
Arturo Graf:
"Fantasmi", "Il vascello fantasma" e "Le vergini
morte" in "Medusa" (1990).
Luigi Gualdo:
"Fra i monti" in "Le Nostalgie" (1883).
Achille Leto:
"Il vecchio pianoforte" in "Piccole ali" (1914).
Gian Pietro Lucini:
"La Fantasima" in "Il Libro delle Figurazioni Ideali"
(1894).
Marino Marin:
"Larva" in «Rivista Romagnola di Scienze, Lettere ed Arti»,
giugno 1897.
Tito Marrone:
"Fantasmi" in "Cesellature" (1899).
Tito Marrone: "I
necrofori" in «L'Illustrazione abruzzese», gennaio 1905.
Pietro Mastri:
"Fantasmi primaverili" in "L'arcobaleno" (1900).
Antonio Rubino:
"Vascello fantasma" in «Poesia», ottobre 1908.
Emilio e Francesco
Scaglione: "Visione eroica" in "Limen" (1910).
Emanuele Sella:
"Addio" in "Monteluce" (1909).
Domenico Tumiati:
"Medium" in "Poesia", novembre/dicembre 1905.
Domenico Tumiati:
"Erizia" in "Liriche" (1937).
Testi
FANTASMA NOTTURNO
di Marcus De Rubris
I.
Acque de 'l mare:
immobili: senz'onde:
tinte a color di
rosa,
che in contro vi
stendete a l'infinito
cielo, e con molle
posa
v'adagiate
tranquille: o voi, bell'acque!,
che a 'l limite
marino
v'insinuate in lingue
tortuose
ne 'l bacio
vespertino
de 'l sol, che dietro
i giganteschi monti
rifugia, e che la
mite
ombra serale cede:
acque de 'l mare!,
o voi, bell'acque!,
udite:
II.
Sono più che
cent'anni. Ed ogni sera
sovra la rude
scheggia,
in che il maniero
fosco si drizzava,
un fantasma
campeggia:
un solenne fantasma
taciturno,
che ne la notte
guarda
l'immensità de
l'ombre, e par che attenda
l'alba (e così si
tarda
la dipartita) per
gittarsi a l'onde
de 'l sottostante
mare:
Sono più di cent'anni
ch'ei si cela
de 'l mar ne l'acque
chiare!
* * *
E da più di cent'anni
andiam cercando
di quel fantasma
arcano
il simbol dubbioso;
ma finora
il cercare fu vano.
Non alcuna certezza
ancor ci volle
sciolti de la ténebra
che l'intelletto
avvince; ma pesante
c'incombe una latébra
d'ignoranza. - La
nostr'anima anela
de 'l sapere a le
fonti
limpidissime, e va
cercando ognora
incogniti orizzonti.
III.
Ne la profonda notte
siamo ascesi
per la rupe
scheggiosa,
e di là su c'è parso
di sentire
un'eco lamentosa:
là mille braccia,
verso il ciel protese,
parveci di vedere;
e ci sembrò che tutte
s'agitassero
lungo le rupi nere...
* * *
Bell'acque chiare:
adamantine: terse:
onde glauche de 'l
mare!,
ci dite voi cos'è la
grande scena
che ne la notte
appare?
(Da "La
Veglia")
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