È cosa certa che,
nella illustre carriera letteraria di Massimo Bontempelli (Como, 1878 - Roma,
1960) la poesia ha una importanza marginale. Eppure i suoi esordi dimostrano un
interesse quasi esclusivo per la lirica, anche se poi Bontempelli ripudiò le numerose
opere in versi che pubblicò nei primissimi anni del XX secolo, le quali, pure
se non posseggono grandi qualità, influenzarono in parte qualche poesia
dell'amico Guido Gozzano. L'unico volume di versi "salvato" da
Bontempelli è Il purosangue. L'ubriaco, uscito nel 1919, in un periodo
in cui lo scrittore lombardo si era da poco stabilizzato a Milano e aveva
trovato il modo di avvicinarsi alquanto al futurismo. L'opera, come si evince
dal titolo, è divisa in due sezioni: la prima vede la presenza di poesie molto
vicine alla corrente letteraria fondata da Marinetti, ma non lontane da certo
surrealismo e, come hanno indicato alcuni illustri critici, dalla metafisica
(che è una scuola prettamente pittorica). La seconda parte vede delle poesie il
cui argomento è la Grande Guerra, alla quale Bontempelli partecipò; l'aria che
vi si respira è però del tutto differente da quella dei versi ungarettiani che
uscirono negli stessi anni; in L'ubriaco (e il titolo parla da solo)
l'autore sembra sdrammatizzare e addirittura ridicolizzare l'evento bellico e
persino la sofferenza del soldato che vi partecipa.
La prima edizione de Il
purosangue. L'ubriaco uscì presso l'editore Facchi di Milano nel 1919. Una
prima ristampa del volume si ebbe nel 1933 (La Prora, Milano). Infine, nel
1987, è stato l'editore Scheiwiller in Milano a riproporre nuovamente i versi
di Bontempelli.
Ingiustamente poco
ricordata da critici, saggisti e autori di antologie poetiche del '900, l'opera
poetica di Bontempelli fu premiata da Pier Vincenzo Mengaldo, che la inserì
nella severa selezione della famosa antologia Poeti italiani del Novecento,
Mondadori, Milano 1978.
Nessun commento:
Posta un commento