martedì 29 maggio 2012

Da "Dio è la mia speranza" di Alessandro Emiliani

Giunto in età avanzata, ho constatato che tutto crolla intorno a me e che io stesso mi avvicino ogni giorno alla morte. L'unico che non crolla è Dio. So che Dio mi ama, che è la mia sola e valida speranza. A lui posso affidare la mia vita. Egli la custodirà trasformata per la vita eterna. Per questo motivo nell'ultimo tratto del mio cammino terreno ho concentrato il mio interesse sulle realtà escatologiche.
Ho scritto queste pagine col pensiero rivolto a Dio, in atteggiamento di preghiera lasciandomi guidare dalla ispirazione dello Spirito Santo, senza un piano prestabilito. Consegno queste mie pagine a te, caro lettore. Spero che ti possano giovare per renderti più consapevole che il nostro ultimo traguardo non è su questa terra, ma nell'aldilà, in unione con Dio che ci attende. Dio è la nostra speranza. Non dimentichiamolo mai.


(Da "Dio è la mia speranza" di Alessandro Emiliani, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1997, p. 5)

domenica 27 maggio 2012

Il ballo (o la danza) nella poesia italiana decadente e simbolista

Il ballo e la danza ricorrono spesso nelle poesie dei simbolisti e dei decadenti; per ciò che riguarda la simbologia, ogni tipo di danza ha la sua: per esempio un ballo settecentesco come il minuetto è riferito alla nobiltà, all'eleganza ed alla galanteria che, nel caso della poesia crepuscolare, si collega anche ad un rimpianto del passato; la danza del ventre ha ovviamente a che fare con l'erotismo se non con la lussuria, in questa categoria è spesso presente una figura biblica quanto mai determinante e affascinante: Salomè; il valzer ha a che vedere con la passione e l'amore con conseguente riferimento ai tempi (anch'essi rimpianti) del romanticismo. Non mancano le cosiddette "danze macabre" i cui protagonisti sono gli scheletri ed altre forme che si rifanno all'orrido e al terrificante, settore in cui primeggiano le poesie di Graf e di Rubino. Parlando poi più in generale, bisognerebbe aggiungere che la danza spesso e volentieri si ricollega ad un istinto primitivo dell'uomo, il quale si manifesta col movimento sincronizzato con l'ascolto di una musica o di un rumore ritmico, e che esterna sensazioni di allegria o euforia.


 
Poesie sull'argomento 

Mario Adobati: "Il ballo in nero" e "Partenza per il ballo" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).
Diego Angeli: "La festa" in "La città di Vita" (1896).
Massimo Bontempelli: "Danza allo specchio" in «La Brigata», ottobre-novembre 1916.
Paolo Buzzi: "Festa da ballo" in "Bel canto" (1916).
Enrico Cavacchioli: "Danza macabra" in "L'Incubo Velato" (1906).
Enrico Cavacchioli: "Danza del ventre" in "Le ranocchie turchine" (1909).
Luigi Donati. "La danza tormentosa" in "Poesia di passione" (1928).
Arturo Graf: "Le Danzanti" e "La danza dello scheletro" in "Le Danaidi" (1905).
Gian Pietro Lucini: "La danza d'amore" in "Cronaca d'Arte", gennaio 1897.
Gian Pietro Lucini: "La collana" in "Poesia", marzo 1908.
Gian Pietro Lucini: "La danza sacra" in "Poesia", aprile 1908.
Gian Pietro Lucini: "La pifferata", "La danza d'amore", "La furlana", "La danza del ventre" in "Le antitesi e le perversità" (1971).
Olindo Malagodi: "La eterna danza" in "Poesie vecchie e nuove (1890-1915)" (1928).
Nicola Marchese: "Minuetto" in "Le Liriche" (1911).
Tito Marrone: "La danza di Fauno" in "Liriche" (1904).
Ettore Moschino: "Salomè" in "I Lauri" (1908).
Aldo Palazzeschi: "Gavotta di Kirò" in "Lanterna" (1907).
Guido Ruberti: "La danza" in "Le fiaccole" (1905).
Antonio Rubino: "Danza delle mani amputate" in "Versi e disegni" (1911).
Federigo Tozzi: "Ecco la danza delle nudi estati" in "La zampogna verde" (1911).
Mario Venditti, "La danza senza perché" in "Il cuore al trapezio" (1921).
 
 
 
Testi

LA DANZA D'AMORE
di Gian Pietro Lucini

Sotto ai miti splendori
delle notti serene
sorgono, coll’incanto, le Sirene
brune a comporre le strofe ed i cori.
Van pel calmo giardino
che la rugiada bagna,
da che la viola ride e trilla il ribechino.
Io lo so, sotto le piante odorose
stanno i molli giacigli, stanno i grati refugi;
io lo so, che tra i gigli e le rose
ride propizio il Nume.

Or voi le udite, queste mie note,
cantano d’amore, cantano.
La Dama e il Cavaliere vanno lontano,
sotto alla volta verde dei laureti.
- «Respiriamo, Signora,.» -
li aromati capziosi e inebrianti,
che da i calici i fiori, come bracieri di giada,
inalzano, Signora:
inebriamoci del vino
dolce che spreme la bionda Citerea
dalle turgide grappe raccolte nella vigna del piacere;
inebriamoci, Signora
La Dama e il Cavalier vanno lontano,
lontan’ sotto alla volta verde dei laureti.

Or voi le udite queste mie note,
cantano d’amore, cantano.
- «Oh perché mai, Signora,» -
l’occhi miei s’affisano nei vostri;
oh perché mai Signora,
freme la vostra mano nella mia?
Guardate, noi sempre danzeremo,
così, fino all’aurora;
e domani e dopo e poi?
Non credete al futuro; non temetelo mai.
Siete stanca Signora?
Or voi le udite, queste mie note
son domande d’amanti.
- «Che importa? Non fuggono i vostri occhi i miei imploranti.» -
Lasciatevi guardar bella e sincera. Temete?
Di che temete? Nel giardin’ delle fate viaggiamo;
senti, bambina, non è questa la vita?
Viaggiam, viaggiam lontano
per la terra del sogno,
per le regioni immense, arcane, eterne dell’irreale.
Non è un sogno la vita? Ed è un inganno il sogno?
Sì: ma se noi, bambina, non ci destassimo mai?
Or voi le udite, queste mie note;
son baci le note.

La Dama e il Cavalier vanno lontano,
lontan’ sotto alla volta verde dei laureti:
e nei miti splendori
delle notti serene
la danza e il ritmo sperdonsi sonori,
sulle rose,
amorose,
sbocciate nei cespugli e appassite tra i seni
candidi e sodi:
La mia nota si muore.

(Da "Le Antitesi e le Perversità")

venerdì 25 maggio 2012

Antologie: "Poesia italiana dell'Ottocento"


"Poesia italiana dell'Ottocento" è un volume antologico, curato da Maurizio Cucchi, e pubblicato dalla Garzanti di Milano nel 1978. È la penultima opera della collana "I grandi libri Garzanti" dedicata ai poeti italiani attivi tra il XIII ed il XX secolo, ed è praticamente l'ultima, cronologicamente parlando, che si occupa dei poeti minori del secolo XIX. Infatti, anche se nel titolo questo dettaglio non è specificato, non compaiono, tra i nomi degli scrittori selezionati, tutti i grandi poeti (Foscolo, Manzoni, Leopardi, Giusti, Carducci, Pascoli e D'Annunzio) ai quali la casa editrice dedicò dei volumi a parte. L'ordine in cui compaiono i 46 poeti presenti è cronologico; il motivo di tale scelta è spiegato nell'introduzione e consiste nel fatto che, come dice espressamente il curatore:

«Diversa è l'esigenza di un rapido e forzatamente sommario excursus sulla poesia del XIX secolo da quella di una lettura dei testi, che va affrontata possibilmente sgombra da ogni prevenzione e pregiudizio (per quanto sia possibile o per quanto la stessa introduzione consenta) cercando il momento di autentica comunicazione con la pagina poetica, rifiutando quindi una perlustrazione diffidente o eccessivamente guidata e volta a rinnovata o riproposta classificazione storica di autori e generi».

In effetti, sfogliando le 500 pagine dell'antologia in questione, si nota che l'opera non cerca certamente l'onnicomprensività, pur non limitandosi ad una scelta troppo drastica e avara. Ogni poeta è presentato in modo piuttosto completo, senza esagerazioni o, al contrario, limitazioni di sorta. Qualche dubbio può nascere dalla decisione di includere alcuni poeti ed escludrne altri di valore pressoché uguale; per esempio, limitandoci all'ambito del secondo Ottocento, la presenza di un carducciano come Giovanni Marradi presupporrebbe anche quella di Guido Mazzoni; come pure, al di là delle etichette e dei movimenti, se figura il nome di Edmondo De Amicis, che è ricordato soprattutto per opere non poetiche, è difficile capire l'esclusione del siciliano Giuseppe Aurelio Costanzo, poeta che ebbe un'importanza sicuramente superiore (come autore di versi ovviamente) rispetto allo scrittore piemontese.
Il merito maggiore di quest'antologia, come dicevo all'inizio, è identificabile nel fatto che comprende nomi ormai del tutto ignorati da opere similari recenti e recentissime. Ora, è per me inspiegabile un fatto di tal genere. Come è possibile infatti inserire in un'antologia che vorrebbe rappresentare i migliori poeti di un secolo, alcuni nomi soltanto perché questi hanno fatto parte di movimenti e scuole, seppure importanti, ed escludere altri nomi, di gran lunga più meritevoli rispetto ai primi, per il semplice motivo che ne sono rimasti estranei? Non considerare affatto, parlando della poesia italiana dell'Ottocento, scrittori come Domenico Gnoli, Olindo Guerrini e Arturo Graf, significa a mio avviso ignorare una delle principali fonti cui attinsero i cosiddetti poeti crepuscolari (Guido Gozzano in primis), coloro cioè che fecero da trait d'union tra la poesia ottocentesca e quella d'inizio Novecento.
Ecco infine l'elenco dei poeti compresi in quest'antologia.
 
Vincenzo Monti, Filippo Pananti, Giovanni Torti, Gabriele Rossetti, Giovanni Berchet, Tommaso Grossi, Giovita Scalvini, Bartolomeo Sestini, Antonio Guadagnoli, Luigi Carrer, Alessandro Poerio, Niccolò Tommaseo, Cesare Betteloni, Francesco Dall'Ongaro, Agostino Cagnoli, Aleardo Aleardi, Giovanni Prati, Arnaldo Fusinato, Vincenzo Padula, Giacomo Zanella, Luigi Mercantini, Goffredo Mameli, Costantino Nigra, Giambattista Maccari, Vincenzo Riccardi di Lantosca, Enrico Nencioni, Emilio Praga, Iginio Ugo Tarchetti, Domenico Gnoli, Enrico Panzacchi, Vittorio Betteloni, Giuseppe Maccari, Arrigo Boito, Antonio Fogazzaro, Mario Rapisardi, Giovanni Camerana, Olindo Guerrini, Edmondo De Amicis, Arturo Graf, Contessa Lara, Remigio Zena, Giovanni Marradi, Vittoria Aganoor Pompilj, Severino Ferrari, Pompeo Bettini, Adolfo De Bosis.

mercoledì 23 maggio 2012

Da "Un uomo finito" di Giovanni Papini

Io nono sono mai stato un bambino. non ho avuto fanciullezza.
Calde e bionde giornate di ebbrezza puerile; lunghe serenità dell’innocenza; sorprese della scoperta quotidiana dell’universo: che son mai? Non le conosco o non le rammento. L’ho sapute da libri, dopo; le indovino, ora, nei ragazzi che vedo: l’ho sentite e provate per la prima volta in me passati i vent’anni, in qualche attimo felice d’armistizio o di abbandono. Fanciullezza è amore, letizia, spensieratezza ed io mi vedo nel passato, sempre, separato, triste, meditante.
Fin da ragazzo mi son sentito tremendamente solo e diverso - né so il perché. Forse perché i miei eran poveri o perché non ero nato come gli altri? Non so: ricordo soltanto che una zia giovane mi dette il soprannome di vecchio a sei o sett'anni e che tutti i parenti l'accettarono. E difatti me ne stavo il più del tempo serio e accigliato: discorrevo pochissimo, anche cogli altri ragazzi; i complimenti mi davan noia; i gestri¹ mi facevan dispetto; e al chiasso sfrenato dei compagni dell'età più bella preferivo i cantucci più riparati della nostra casa piccina, povera e buia. Ero, insomma, quel che le signore col cappello chiamano un «bambino scontroso» e le donne in capelli «un rospo».

(Da "Un uomo finito" di Giovanni Papini, Libreria della Voce, Firenze 1913, pp. 3-4)


NOTE
1) Gestri: Atti o garbi affettati, svenevoli , leziosi.
 

lunedì 21 maggio 2012

"Armonia in grigio et in silenzio" di Corrado Govoni

Corrado Govoni nel 1903

"Armonia in grigio et in silenzio" è il titolo della seconda raccolta poetica di Corrado Govoni (Tàmara 1884 - Lido dei Pini 1965) che, come la prima (intitolata "Le fiale") uscì nel 1903 presso l'editore Lumachi in Firenze. Si tratta della prima opera in versi che possa definirsi crepuscolare, è in questo libro infatti che compaiono una serie di elementi caratteristici di tale poesia che Govoni in gran parte utilizzò per primo, pur ispirandosi alla lirica dei tardo-romantici e dei simbolisti francesi e belgi, conosciuti dai poeti crepuscolari sia perché letti direttamente, sia perché un altro poeta italiano: Gabriele D'Annunzio, li aveva praticamente saccheggiati nel comporre i versi del libro "Poema paradisiaco", pubblicato nel 1893 e certamente noto a Govoni e agli altri poeti crepuscolari. Senza dubbio il poeta straniero che più si ritrova presente nell'opera govoniana è il belga Georges Rodenbach, autore di volumi in versi e, soprattutto del romanzo "Bruges la morta", dalle atmosfere decadenti e malinconiche, vicinissime a quelle di "Armonia in grigio et in silenzio". L'operazione di Govoni fu in sostanza far diventare la sua città: Ferrara, ciò che era Bruges per Rodenbach. Ecco allora il motivo per cui nei versi di "Armonia" è facile trovare giornate piovose, campane che suonano tristemente a morto, suore che escono ed entrano dai loro conventi, strade deserte, lumicini fiochi, chiese, santuari, cimiteri, lapidi e tanto altro ancora che si può ritrovare facilmente leggendo il romanzo citato di Rodenbach, nonché molte delle sue poesie. A questi elementi distintivi bisogna aggiungere un immancabile clima di malinconia e di tedio.
"Armonia in grigio et in silenzio" si apre con una dedica al gatto del poeta, cui seguono quattro sezioni che sono: CANTO FERMO, LA FILOTEA DE LE CAMPANE, ROSARIO DI CONVENTI, LA CERTOSA; ogni sezione contiene da un minimo di quindici ad un massimo di trentuno poesie (per un totale di novantuno), molte delle quali sono senza titolo.
Una ristampa anastatica del raro e prezioso libro di Govoni fu pubblicata a Milano dall'editore Scheiwiller nel 1989 (vedi immagine in basso), un'altra edizione uscì nel 1993 presso l'editore Palomar di Bari.

Piatto anteriore del volume: "Armonia in grigio et in silenzio" di Corrado Govoni, edizione anastatica ristampata da Scheiwiller, Milano 1989


giovedì 17 maggio 2012

Poeti dimenticati: Gino Novelli

Gino Novelli (il cui vero nome era Gaetano Ciulla) nacque a Barrafranca nel 1899 e morì a Catania nel 1975. Visse sempre in Sicilia, svolgendo a pieno l'attività di letterato e collaborando sia a riviste che a quotidiani locali come "La Tradizione" e "Il Giornale di Sicilia". Fu poeta sostanzialmente religioso mostrando nei suoi versi la sua predilezione per la semplicità stilistica e per l'umiltà degli argomenti trattati; mise così al centro della sua produzione letteraria i migliori valori del cristianesimo, religione che il Novelli abbracciò in toto, anche nella vita di tutti i giorni.
 
 


Opere poetiche

"Tremori", Società Libraria O. Fiorenza, Palermo 1923
"Rosario", Studio Editoriale Moderno, Catania 1923
"Fiamma votiva", Novale, Palermo 1929
"Migliore stella", La Tradizione, Palermo 1931
"In fondo alle tenebre", Emiliano Degli Orfini, Genova 1934
"Finestre sulla notte", Intelisano, Milano 1938
"Colloqui", Ed. del Girasole, Roma 1950
"L'Angelo", Rebellato, Padova 1956
"Fiume della mia vita", Rebellato, Padova 1963
 
 

Presenze in antologie

 
"La poesia italiana di questo secolo", a cura di Pietro Mignosi, Ciclope, Palermo 1929 (pp. 253-254)
"La nuova poesia religiosa italiana", a cura di Gino Novelli, La Tradizione, Palermo 1931 (pp. 295-302).
 

 
Testi

FUGGIRE

Mille demonii s'arroventano le carni
con tridenti infuocati.
Lo strazio è grande.
Mio padre, mia madre, la sorella muta
mi consolano.

Il mio letto è coronato di lacrime.
Il mio dolore è dolore per tutti.

Bisogna che io fugga.
Bisogna che io vada a morire lontano.

Solo.
Senza acqua,
senza cibo,
senza vesti.
Solo.

Come muoiono tanti fratelli ignoti:
orfani,
mendicanti,
pazzi.
Così i miei gemiti saranno ascoltati
solo dal Padre.

Così potrò sentirmi veramente figlio Suo,
come tutti i fratelli abbandonati,
e morire fra le Sue braccia dolcemente.

(Da "Migliore stella")

mercoledì 16 maggio 2012

La poesia di Luisa Giaconi


Luisa Giaconi è stata la poetessa di maggior talento del Novecento italiano. Certo, pensare ad una poesia femminile di un dato secolo è un concetto sicuramente sbagliato, perchè allora dovrebbe esisterne anche una al maschile; comunque sia, è cosa certa che la poesia della Giaconi rappresenti un momento altissimo della nostra letteratura novecentesca e dispiace sinceramente che il suo nome sia spesso trascurato o, peggio, dimenticato dalle antologie e dai compendi letterari del XX secolo. Anche la sua opera poetica è rimasta per quasi un secolo accantonata; la raccolta più consistente di poesie della Giaconi fu pubblicata nel 1912, col titolo "Tebaide" (Treves, Milano); questa era in verità la seconda edizione ampliata del libro che uscì per la prima volta nel 1909, quando la poetessa era già scomparsa. Soltanto nel 2001, dopo ottantanove anni dalla 2° edizione di "Tebaide", è uscito un altro volume con una selezione antologica delle poesie della Giaconi: "Dalla mia notte lontana" (Petite Plaisance, Pistoia); a questo ha fatto seguito un altro volume con l'intera opera poetica della poetessa toscana ed altri tipi di materiali che la riguardano: "A fiore dell'ombra. Le poesie, le lettere, gli inediti", Petite Plaisance, Pistoia 2009. E veramente bisogna essere grati al piccolo editore Petite Plaisance perchè, se non ci fosse stata tale iniziativa quanto mai opportuna, l'opera in versi di Luisa Giaconi sarebbe rimasta nell'oblio forse per secoli. Dunque, come già detto, la Giaconi in vita non pubblicò mai un libro di sue liriche, ma il suo nome è già presente in varie riviste famose o meno di fine Ottocento; da quel momento, più o meno regolarmente, i suoi versi furono pubblicati da varie riviste letterarie. Fu così che, a poco a poco, il nome della Giaconi cominciò ad essere conoscuto soprattutto dagli addetti ai lavori, e fu proprio una di questi: Eugenia Levi, che incluse per la prima volta la poetessa in una importante antologia: "Dai nostri poeti viventi" (la Giaconi però compare soltanto nella 3° edizione del 1903); molto merito va attribuito anche al critico Glauco Viazzi, che, dopo oltre cinquant'anni dalla sua scomparsa, inserì la poetessa nelle sue antologie: "Poeti simbolisti e liberty in Italia" (1967-1972) e "Dal Simbolismo al déco" (1981, qui è l'unica donna, insieme ad Amalia Guglielminetti, a comparire). Curioso l'episodio che accomuna Luisa Giaconi a Dino Campana: infatti il poeta di Marradi, lettore entusuasta della Giaconi, nel 1916 trascrisse e inviò in una lettera indirizzata a Mario Novaro, allora direttore della rivista "La Riviera Ligure", la poesia "Dianora", affermando che l'autrice era una donna fiorentina scomparsa a trent'anni. Luisa Giaconi nacque a Firenze nel 1870, la sua famiglia era di origini nobili, suo padre professava l'insegnamento ed era per questo costretto, così come i suoi famigliari, a frequenti trasferimenti da una città all'altra. Dopo la scomparsa del genitore Luisa tornò nella sua città natale dove si diplomò all'Accademia di Belle Arti. Visse facendo copie di quadri presso i musei e le gallerie d'arte fiorentine fino al momento della prematura morte, avvenuta a Fiesole nel 1908. La poesia della Giaconi spicca per eleganza e musicalità; i suoi punti di riferimento sono Giovanni Pascoli, Gabriele D'Annunzio e, in ambito internazionale, i poeti preraffaelliti, parnassiani e decadenti.
 
 

Opere poetiche

"Tebaide", Zanichelli, Bologna 1909 (1912)
"Dalla mia notte lontana", Petite Plaisance, Pistoia 2001.
"Le poesie, le lettere, gli inediti", Petite Plaisance, Pistoia 2009.
 
 

Presenze in antologie


"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (p. 184)
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (p. 270)
"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. 3, pp. 128-136)
"Antologia della poesia italiana contemporanea", a cura di Giacinto Spagnoletti, Vallecchi, Firenze 1946
"Poetesse del Novecento", a cura di Vanni Scheiwiller, All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano 1951
"L'antologia dei poeti italiani dell'ultimo secolo", a cura di Giuseppe Ravegnani e Giovanni Titta Rosa, Martello, Milano 1963 (pp. 185-194)
"La poesia femminile del '900", a cura di Gaetano Salveti, Edizioni del Sestante, Padova 1964 (pp. 129-136)
"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. 1, pp. 100-105; vol. 2, pp. 115-118)
"Poeti italiani del XX secolo", a cura di Alberto Frattini e Paolo Tuscano, La Scuola, Brescia 1974 (pp. 132-136)
"Dal simbolismo al déco", a cura di Glauco Viazzi, Einaudi, Torino 1981 (Tomo primo, pp. 75-80)
"Scrittrici italiane dal XIII al XX secolo", a cura di Natalia Costa-Zalessow, Ravenna, Longo, 1982
"Scrittrici d'Italia", a cura di Alma Forlani e Maria Savini, Newton Compton, Roma 1991 (pp. 202-203)
"La poesia femminile d’occidente dalla Grecia classica alle soglie del XX secolo", a cura di Silvio Raffo, Roma, Newton Compton, 1994
"Dagli scapigliati ai crepuscolari", a cura di Gabriella Palli Baroni, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2000 (pp. 713-726)