mercoledì 23 maggio 2012

Da "Un uomo finito" di Giovanni Papini

Io nono sono mai stato un bambino. non ho avuto fanciullezza.
Calde e bionde giornate di ebbrezza puerile; lunghe serenità dell’innocenza; sorprese della scoperta quotidiana dell’universo: che son mai? Non le conosco o non le rammento. L’ho sapute da libri, dopo; le indovino, ora, nei ragazzi che vedo: l’ho sentite e provate per la prima volta in me passati i vent’anni, in qualche attimo felice d’armistizio o di abbandono. Fanciullezza è amore, letizia, spensieratezza ed io mi vedo nel passato, sempre, separato, triste, meditante.
Fin da ragazzo mi son sentito tremendamente solo e diverso - né so il perché. Forse perché i miei eran poveri o perché non ero nato come gli altri? Non so: ricordo soltanto che una zia giovane mi dette il soprannome di vecchio a sei o sett'anni e che tutti i parenti l'accettarono. E difatti me ne stavo il più del tempo serio e accigliato: discorrevo pochissimo, anche cogli altri ragazzi; i complimenti mi davan noia; i gestri¹ mi facevan dispetto; e al chiasso sfrenato dei compagni dell'età più bella preferivo i cantucci più riparati della nostra casa piccina, povera e buia. Ero, insomma, quel che le signore col cappello chiamano un «bambino scontroso» e le donne in capelli «un rospo».

(Da "Un uomo finito" di Giovanni Papini, Libreria della Voce, Firenze 1913, pp. 3-4)


NOTE
1) Gestri: Atti o garbi affettati, svenevoli , leziosi.
 

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