venerdì 27 dicembre 2013

Il capodanno in 10 poesie di 10 poeti italiani del XX secolo

Ecco dieci poesie italiane del '900 che hanno come tema la festa di capodanno. Come si noterà leggendole, molte di esse non sono affatto gioiose, e mostrano a volte un sentimento di profonda malinconia, a volte una viva sofferenza: sintomi di chi vive l'atmosfera festosa in modo travagliato ed è incapace di partecipare all'euforia collettiva; ma anche di chi ha da poco subito delle perdite affettive molto importanti e soffre maggiormente del clima di allegria che si respira nel capodanno. Fa eccezione la poesia di Fausto Salvatori, che vive la festività solo e soltanto in funzione della sua passione amorosa nei confronti di una donna, raffigurata dal poeta in modo oltremodo gradevole e affascinante. C'è poi la filastrocca di Gianni Rodari, scritta per il pubblico infantile, che elenca, scherzosamente, una serie di desideri impossibili da realizzarsi. Infine la prosa poetica di Arturo Onofri, tutta tesa alla descrizione dell'ambiente in cui si è da poco svolta la festa.




ROSA DELL'ANNO
di Sibilla Aleramo (1876-1960)

Arrivai una volta, 
che un anno finiva,
in un paese di mare,
era sera era freddo
io nessuno conoscevo,
saliva alla stanza
gelida e vasta
suono di danza
e, di più lontano,
l'ansito del mare.
Così m'addormii, né più ricordo
se in sogno piansi.
Una rosa ricordo
che il domani mi comprai,
nella stanza portai
per me sola il giorno
che l'anno incominciava,
bella e bianca fiorita
per me nel mattino del gelo,
e il mare che si lamentava.

Ancora in una sera
che l'anno finisce,
vasta è la stanza
ma c'è fuoco ed è mia,
lungi è il mare,
lungi chi vorrei con me, e tace,
sono sola come quella
che nella sera lontana
sì freddo aveva,
udiva il lamento del mare,
ancor non conosceva
l'amore d'oggi che tace.
Sono sola né piango,
se non forse in cuore,
c'è fuoco nella stanza,
fuori grida salve la città
grida speranza
nella notte dell'anno,
e domani, se non io,
qualcuno una rosa si comprerà.

(Da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2004)





BUON ANNO
di Luigi Crociato (1870-1935)

Buon anno a voi, longanimi
fantasmi dei cipressi,
che l'acquivento tribola
lungo il voto stradale in camposanto!
Oh, chi volete mai ch'oggi vi appressi?
Non vuol nessuno malaugurio e pianto.
Buon anno, a voi, fuggevoli
sembianze addolorate;
oggi qua siete le uniche,
perché le altre dai propri son tornate!
Uniche voi che tra le croci altrui
ite raminghe, come
cercando un sasso, una preghiera, un nome
che non aveste mai.
Ah buon anno, buon anno, son colui
che vi ricorda e piange ai vostri guai!
Ah, buon anno, buon anno, melanconica
bimba, che vai pel ghiado,
e ti tessi una piccola
ghirlanda di ghiaccioli, a tuo malgrado
senza colori e fragili!
Vien, tesseremo insieme...
Ah, tu... tu mia piccina
che invece d'una chicca, ne l'estreme
ore sì lunghe mi pregavi un sorso
d'acqua al tuo labbro, e invece della bambola
la convulsa manina
cercava la mia mano, il mio soccorso...
Non accorarti, sai, se ancor da l'arida
tua fossetta, il mio passo
riconoscendo, invan chiamavi a dirmi:
ti lascio le mie gioie, i miei balocchi,
e dammi solo un sasso...
Uno di poco prezzo, che mi tocchi
quando tu il tocchi e vieni a benedirmi!
Sai, per quel sasso comperai dei farmachi,
del pane de le vesti
pei tuoi fratelli... E i fiori?
Oh! per i fior che pure non avesti
ti piovver le mie lagrime
coi versi miei che esalano dolori.
Buon anno a voi, buon anno a voi, longanimi
cipressi tanto soli...
Oh, bimba, l'acquivento...! Questa piccola
corona di ghiaccioli...
Ah, me la lasci?... Dove sei?... Maria!...

(Da "Poeti italiani d'oltre i confini - Canti raccolti da Giuseppe Picciòla", Sansoni, Firenze 1914)





CAPODANNO A MILANO
di Luciano Erba (1922-2010)

Si credeva a Milano che a vedere
per primo un uomo sulla soglia di casa
andando a messa il primo di gennaio
fosse segno di prospero futuro.

Erano figure nere di pastrani
incerte nella nebbia del mattino
sciarpe bianche, cappelli, flosci e duri
rintocchi di bastone, passi lontani.

Or dove siete, uomini augurali?
L'onda lunga del vostro presagio
si frange ancora alla riva degli anni?

Dentro una nebbia tra noi sempre più fitta
mi sembra talvolta intravedere
un volo di profetici mantelli.

(Da "Negli spazi intermedi", All'Insegna del Pesce d'Oro", Milano 1998)





PER L'ULTIMO DELL'ANNO 1975
AD ANDREA ZANZOTTO
di Franco Fortini (1917-1994)

Come nel buio si ritrae lento,
Andrea, questo anno già da sé diviso.
Ora nel vischio del suo fiele intriso
starà così per sempre dunque spento.

Ma quel che in noi di anno in anno è deriso
o incompiuto e deforme non lamento:
se uno è vinto e un altro è stato ucciso,
uno ha durato contro lo sgomento.

Qui stiamo a udire la sentenza. E non
ci sarà, lo sappiamo, una sentenza.
A uno a uno siamo in noi giù volti.

Quanto sei bella, giglio di Saron,
Gerusalemme che ci avrai raccolti.
Quanto lucente la tua inesistenza.

(Da "Versi scelti 1939-1989", Einaudi, Torino 1990)





ANNO NUOVO
di Margherita Guidacci (1921-1992)

Tra risa, grida e coppe di spumante
L'anno nuovo ha schiacciato
L'antico. Sparsi restano
Lungo le strade i cocci della festa.
E l'ombra è scesa d'un altro grado sul tuo quadrante.

(Da "Le poesie", Le Lettere, Firenze 1999)





CAPODANNO
di Arturo Onofri (1885-1928)

   O timidi arrivi del celeste, sul far della sera, fra le sfumanti nuvole e gli strappi sui tetti cupi!
   Un fremito come d'alba, un arpeggio sfiorato di risvegli, anima gli scialbi abbandoni di cose ed uomini sonnolenti, in questo ammantato crepuscolo di capodanno.
   Alla tavola non sparecchiata, due seggiole puntigliose si voltano ancora le spalle. Sulla tovaglia avvizzita, spicchi di cristallerie stanche e d'argenti soffrono in silenzio: gialli e rossi di bucce e di fiori spenti, sbadigli oblunghi di tazze e coppe sbevute.
   Ma in fondo alla sera, nell'azzurro diaccio dell'aria, vacilla solo il brillante d'una stella.

(Da "Orchestrine. Arioso", Neri Pozza, Venezia 1959)





CAPODANNO
di Gianni Rodari (1920-1980)

Filastrocca di Capodanno
fammi gli auguri per tutto l’anno:

voglio un gennaio col sole d’aprile,
un luglio fresco, un marzo gentile,

voglio un giorno senza sera,
voglio un mare senza bufera,

voglio un pane sempre fresco,
sul cipresso il fiore del pesco,

che siano amici il gatto e il cane,
che diano latte le fontane.

Se voglio troppo, non darmi niente,
dammi una faccia allegra solamente.

(Da "Filastrocche in cielo e in terra", Einaudi, Torino 1960)





PRIMO D'ANNO...
di Fausto Salvatori (1870-1929)

Primo d'anno. C'è tanto sole in cielo.
Per via Sistina c'è una fioritura 
di viole, e tu porti alla cintura
un fascio di corolle, e qualche stelo

fra le tue dita. Vieni senza velo
come d'Aprile, e rechi l'aria pura
del Pincio e il lume d'oro fra le mura
ospiti, e un bacio nel respiro anelo.

Sulle tue labbra l'anno si rinnova:
è l'antico, è diverso. Ne' tuoi baci
i dì sereni l'anima ritrova.

L'ora alterna dolci ire, dolci paci,
malinconie di vesperi cui giova
il cuore tuo che parla anche se taci.

(Da "In ombra d'amore", Optima, Roma 1929)





PRIMO GENNAIO
di Toti Scialoja (1914-1998)

Esplosioni lontane ancora per applaudire l'anno ma è l'alba
a mezzanotte fu inferno nella festa delle esplosioni
i cubetti di ghiaccio galleggiano dentro il tuo bicchiere
il bicchiere di ghiaccio galleggia nel mare dell'orrore
nel mare dell'orrore si discioglie il bicchiere di ghiaccio
nel mare di ghiaccio affonda per gradi ogni desiderio
quel mare così trabocca nel bicchiere di capodanno.

(Da "Poesie 1961-1998", Garzanti, Milano 2002)





FINE D'ANNO
di Leonardo Sinisgalli (1908-1981)

Dietro il tuo profilo infermo
scintillano gli alberi cari
ai nostri occhi. Il sole
dell'anno nuovo scende sbieco
dalle mura. Non possiamo
fargli festa.

(Da "Il passero e il lebbroso", Mondadori, Milano 1970)

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