domenica 29 dicembre 2013

Due poesie di Giovanni Prati sull'inverno

UN GIORNO D'INVERNO

Sempre sul farsi della tacit'ora
Crepuscolar, m'invade una tranquilla
Malinconia, che dolcemente irrora
Questi occhi del dolor che da lei stilla.

Guardo il foco morente; e m'innamora
Tenervi intenta e fisa la pupilla;
Insìn che appena qualche brace ancora
Tra la commossa cenere scintilla.

Il crepitar di quella ultima vita,
L'ombra addensata e la cadente neve
Di più cupa tristezza il cor mi serra.

E prorompo dall'anima atterrita:
Mio Dio, che sogno è questo viver breve!
Mio Dio, che solitudine è la terra!





INVERNO

Nuda gli alberi il vento 
di loro ultime foglie; 
sul focolar s'accoglie 
con un tristo lamento 
il can di casa; e l'ava, al suo pennecchio, 
ricorda il tempo vecchio. 

Venuto è il verno. Addio, 
gaie corse tra i fiori! 
addio, de' volatori 
diverso pigolio, 
alla sera e al mattin, sotto le fronde 
o su per l'ardue gronde. 

Giove, al divin concilio, 
sente il rovaio anch'esso; 
e, tolti dal cipresso 
i libri di Virgilio, 
scalda le mani, a castigar la bruma, 
sul grande Ilio che fuma. 

Qua, qua la mia poltrona,
qua la mia rossa vesta:
un buon berretto in testa
val più d'una corona.
Accendete i sarmenti; e col falerno
diamo la baia al verno.



Le due poesie sopra riportate sono di Giovanni Prati (Lomaso 1814 - Roma 1884), poeta italiano che rappresentò, insieme ad Aleardo Aleardi, uno dei momenti più alti del secondo romanticismo. Entrambe le composizioni appartengono all'antologia "Poesie varie": opera facente parte della collana "Scrittori d'Italia" che consta di due volumi curati da un altro poeta: Olindo Malagodi, e fu pubblicata nel 1916 presso l'editore Laterza. Per la precisione, la prima poesia fa parte del primo volume (p. 144) ed era già uscita in "Memorie e lacrime"; la seconda invece appartiene al volume secondo (pp. 308-309) e fu pubblicata in precedenza nel volume "Iside". Entrambe parlano della stagione invernale in maniera malinconica e, più raramente, ironica.


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