domenica 24 febbraio 2013

Il crepuscolo nella poesia italiana decadente e simbolista


Il crepuscolo è il momento del giorno che segue il tramonto e precede la sera, in cui è ancora presente una tenue luminosità del cielo. Nell'ambito del simbolismo poetico sono di fondamentale importanza i testi di Charles Baudelaire intitolati: Le Crépuscle du soir e Le Crépuscle du matin: entrambi descrivono dei momenti che precedono qualcosa, in questo caso la sera e il mattino, si tratta comunque di un'attesa o di una lento cambiamento, infatti ci dice il poeta in alcuni versi di Le Crépuscle du soir: «L'orizzonte si chiude lentamente» e «L'uomo impaziente si trasforma in belva». Ma il crepuscolo è inteso anche nell'accezione di perdita e di fine imminente; ciò si deduce leggendo alcuni versi da Le Crépuscle du soir. («È l'ora che i malati peggiorano! [...] Più d'uno non potrà più cercare la minestra odorosa, la cena accanto al fuoco, a un cuore che ama»). Altri componimenti relativi al crepuscolo sono presenti in poeti di fine Ottocento come Georges Rodenbach, Francis Jammes e Albert Samain, tutti o quasi con riferimenti precisi alla fine di qualcosa, alla malinconia e alla morte.




Poesie sull'argomento

Giovanni Camerana: "Guarda lo stagno livido" e "Bacia l'ultimo sole..." in "Poesie" (1968).
Francesco Cazzamini Mussi: "Malia crepuscolare" in "Canti dell'adolescenza" (1908).
Willy Dias: "Crepuscoli" in "Domenica Letteraria", marzo 1896.
Giuliano Donati Petteni: "Crepuscolo" in "Versi dorati" (1916).
Augusto Ferrero: "Crepuscolo" in "Gazzetta Letteraria", maggio 1893.
Enrico Fondi: "Crepuscolo laziale" in "Poesia", giugno 1906.
Diego Garoglio: "Crepuscolo nel podere" e "Ora crepuscolare" in "Sul bel fiume d'Arno" (1912).
Corrado Govoni: "Crepuscolo", "Crepuscolo di morte" e "Crepuscolo nel chiostro" in "Le fiale" (1903)
Corrado Govoni: "Petali di crepuscolo" in "Armonia in grigio et in silenzio" (1903).
Corrado Govoni: "Crepuscolo ferrarese" in "Fuochi d'artifizio" (1905).
Corrado Govoni: "Crepuscolo" (2 poesie) in "Gli aborti" (1907).
Olindo Malagodi: "Crepuscolo" in "Poesie vecchie e nuove" (1928).
Tito Marrone: "Crepuscolo" in "Cesellature" (1899).
Tito Marrone: "Il crepuscolo d'oro" in "Le rime del commiato" (1901).
Tito Marrone: "Crepuscoli d'inverno" in "Antologia poetica" (1974).
Arturo Onofri: "Crepuscolo d'agosto" in "Liriche" (1914).
Angiolo Orvieto: "Crepuscolo indiano" in "Verso l'Oriente" (1923).
Giovanni Pascoli: "Crepuscolo" in "Poesie varie" (1912).
Yosto Randaccio: "Crepuscolo di cielo e d'anima" in "Poemetti della convalescenza" (1909).
Alfredo Tusti: "Malinconie del crepuscolo" in "Giornale d'Arte", luglio 1905.
Teofilo Valenti: "Crepuscolo de la sera" in "Le Visioni" (1906).
Fausto Valsecchi: "Il crepuscolo della fede" in "Antologia della lirica italiana" (1924).
Alessandro Varaldo: "Nel crepuscolo bianco..." in "Marine liguri" (1898).
Giuseppe Villaroel: "Elegia crepuscolare" in "La tavolozza e l'oboe" (1918).




Testi

CREPUSCOLO LAZIALE
di Enrico Fondi

Già sparve il dì sotto l’arco del cielo a l’estremo orizzonte
(non metallica volta di fucina, ove un fabro
Gigantesco foggi un mondo e nell’alto le impronte
Del suo lavoro accenda?): sol treman fra il cinabro

e l’ocra molle de’ cirri adamantini barbagli
che man mano snutriti van cedendo a la notte.
Che azzurro palpito è il mare! E, su, il cielo in che vivi frastagli
traccian gli strati! E come spiran leni le frotte

piumate delle brezze serotine! E come si stende
calma, nelle ombre, un’arra di superba dimane!
Per che ventura è sì azzurro il Tirreno? E sì nitido splende
Il cielo? E tersa è l’etra? Nè le nubi con strane

turpi Chimere, né offendono con fuliggìnei vapori
il trionfo dell’arco vitreo crepuscolare,
chè anzi un’armonia sonora di caldi colori
ne’ grembi hanno, stagnando, così, fra cielo e mare.

Oggi il divin Flutto, la vaga residua forza
de’ vergini elementi, in cui fervea non vano
un desìo distruttore, s’adunò – livida scorza
di fuso piombo – negli spazi e in un Uragano

si sfece, ebro, svellendo, per la sua rabbia gagliarda,
tutte le debolezze della multipla Vita,
tutta struggendo al suolo l’Impurità che ora guarda,
commista al fango, e ghigna contro a l’aria schiarita.

Nelle marine de’ cieli, sottili vanendo, gli strati
segnan le scie de’ venti (non pur l’addensamento
di tutti i cerebrali torpidi ingombri esalati
da la soggetta Roma con palustre fermento?),

né stridono, co’ grigi toni, a la cerula tregua,
ma letifican li occhi che vedono e che sanno.
La metallica volta che a grado a grado dilegua,
per l’incalzar delle ombre, lancia tra il loro inganno

l’accesa sfida, e chiara di gioie ne accerta la stanza
della dimane: il mondo novo che su le pire
del passato un gigante – l’invitto Pensiero che avanza –
sta foggiando per l’Uomo, di là, nell’avvenire.

 Monte Albano, - di agosto ‘904

 (Dalla rivista “Poesia”, aprile/maggio/giugno 1906)  

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