lunedì 9 aprile 2012

Gli arrivi nella poesia italiana decadente e simbolista

Nella poesia decadente e simbolista italiana l'arrivo (inteso come apparizione di qualcosa o qualcuno più o meno aspettato), corrisponde molto spesso ad una svolta, un cambiamento drastico nella vita individuale o collettiva; naturalmente il mutamento più importante e definitivo è rappresentato dall'arrivo della morte, come accade in "Scalpitio" di Giovanni Pascoli, "Aziyadè" di Giuseppe Lipparini, in "Il convegno" di Nicola Moscardelli e in "Diritto d'asilo" di Mario Adobati. L'opposto si verifica in poesie come "Imminente luna" di Giovanni Tecchio, "In una villa lontana" di Diego Angeli e "L'ignota" di Ettore Moschino, dove si percepisce l'attesa di una figura femminile portatrice di eros e quindi di vitalità. Molto originale è invece, nella poesia "La visita" di Gustavo Botta, la Lussuria che si presenta al poeta come una vecchia sogghignante. Interessanti sono le due quartine che compongono "Invito" di Alessandro Giribaldi, in cui il poeta provoca il diavolo invitandolo in maniera quasi minacciosa ad entrare nella sua stanza, pena l'impossibilità, per il povero demone, di uscirne poi. Corrado Govoni, nella poesia "Gli arrivi" fa un inventario di tutte le cose (astratte o meno) che possono giungere all'uomo durante la sua esistenza. Nicola Moscardelli, infine, ne "I cavalieri del silenzio" sceglie l'atmosfera fiabesca e il mistero nella narrazione degli accadimenti che scandiscono i suoi versi.
 
 
Poesie sull'argomento
Mario Adobati: "Diritto d'asilo" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).
Diego Angeli: "In una villa lontana" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Ugo Betti: "Le notti senza luna" in "Il re pensieroso" (1922).
Gustavo Botta: "Visita" in "Alcuni scritti" (1952).
Enrico Cavacchioli: "Il convito platonico" in "L'Incubo Velato" (1906).
Italo Dalmatico: "La cheta cena" in "Juvenilia" (1903).
Giacomo Gigli: "Aspettando il vento" in "Maggiolata" (1904).
Alessandro Giribaldi: "Invito" in "Canti del prigioniero e altre liriche" (1940).
Corrado Govoni: "Gli arrivi" e "Alla sposa che viene" in "Gli aborti" (1907).
Domenico Gnoli: "Arrivo triste" in "Fra terra e astri" (1903).
Giuseppe Lipparini: "Aziyadè" e "L'ospite" in "Le foglie d'alloro" (1916).
Fausto Maria Martini: "Quando venisti..." in "Poesie provinciali" (1910).
Marino Moretti: "La domenica dell'arrivo" in "Poesie scritte col lapis" (1910).
Nicola Moscardelli: "I cavalieri del silenzio" e "Il convegno" in "Abbeveratoio" (1915).
Ettore Moschino: "L'ignota" in "I Lauri" (1908).
Arturo Onofri: "Oggi non usciremo: aspetteremo il frate" in "Canti delle osai" (1909).
Aldo Palazzeschi: "Corinna Spiga" in "Poemi" (1909).
Giovanni Tecchio: "Imminente luna" in "Mysterium" (1894).
Remigio Zena: "Domino grigio" in "Olympia" (1905).
 
 
Testi
AZIYADÈ
di Giuseppe Lipparini

Troppo fredda è la stanza e troppo grande.
L'abbandonata pensa che la morte,
così, presto verrà: e su le attorte
chiome non sfioriran più le ghirlande.

Non più l'amor tanta dolcezza spande
nel suo cuore; non più lieta è la sorte.
O dimora d'Eyoub dove sì forte
ell'era, udendo le parole blande!

Ella voleva rivedere il sole,
vagare ancora un poco pe 'l giardino,
l'ultima volta prima di morire,

e ascoltar de l'amato le parole.
Ma la morte verrà, poi ch'è destino.
E s'abbandona omai tra le sue spire.

(Da "Lo specchio delle rose")

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