Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
lunedì 30 aprile 2012
L'autunno nella poesia italiana decadente e simbolista
Poesie sull'argomento
Vittoria Aganoor: "Autunno" in "Nuove liriche" (1908).
Diego Angeli: "Sonetto d'autunno" in "La città di Vita" (1896).
Diego Angeli: "Inno dell'autunno e del silenzio" in "L'Oratorio d'Amore" (1904).
Gustavo Botta: "Solitudine autunnale" in "Alcuni scritti" (1952).
Umberto Bottone: "Rime de l'autunno" in "Lumi d'argento" (1906).
Giuseppe Casalinuovo: "Autunnale" in "Dall'ombra" (1907).
Enrico Cavacchioli: "Congedo autunnale" in "L'Incubo Velato" (1906).
Girolamo Comi: "Quest'autunno che mi canta la fine" in "Lampadario" (1912).
Sergio Corazzini: "Sonetto d'autunno" in "L'amaro calice" (1905).
Sergio Corazzini: "Sonetto all'autunno" in "Le aureole" (1905).
Gabriele D'Annunzio: "Autunno" in "Poema paradisiaco" (1893).
Luigi Donati. "Nei viali. Di giorno" in "Poesia di passione" (1928).
Vincenzo Fago: "Gemon l'ultime rose nel morente" in "Discordanze" (1905).
Alfredo Galletti: "Voci d'autunno" in "Odi ed elegie" (1903).
Diego Garoglio: "Tramonto autunnale" in "Sul bel fiume d'Arno" (1912).
Luisa Giaconi: "Ancora un autunno" e "Pensieri autunnali" in "Tebaide" (1912).
Cosimo Giorgieri Contri: "Galante autunno" in "Il convegno dei cipressi" (1894).
Cosimo Giorgieri Contri: "Autunno regale" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).
Emilio Girardini: "Uggia autunnale" in "Chordae cordis" (1920).
Corrado Govoni: "Autunno" in "Le Fiale" (1903).
Corrado Govoni: "Filatterio" in "Armonia in grigio et in silenzio" (1903).
Corrado Govoni: "Autunno" e "Sera autunnale" in "Poesie elettriche" (1911).
Arturo Graf: "Passeggiata d'autunno" in "Morgana" (1901).
Marco Lessona: "Autunno" in "Versi liberi" (1920).
Giuseppe Lipparini: "Canzone d'autunno" e "Autunno" in "Le foglie dell'alloro. Poesie (1898-1913)" (1916).
Enzo Marcellusi: "Primizie autunnali" in "I canti violetti" (1912).
Nicola Marchese: "Autunnale" in "Le Liriche" (1911).
Fausto Maria Martini: "Ballata autunnale" in "Le piccole morte" (1906).
Pietro Mastri: "Passeggiata autunnale" in "L'arcobaleno" (1900).
Arturo Onofri: "Elegia d'autunno" in "Liriche" (1914).
Angiolo Orvieto: "Terzine autunnali" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi: "Fantasmi autunnali" in "Il Libro dei Frammenti" (1895).
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi: "Canzone d'autunno" in «Riviera Ligure», 1902.
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi: "Motivo d'autunno" in "Sonetti e poemi" (1910).
Emanuele Sella: "Autunno" in "Il giardino delle stelle" (1907).
Agostino John Sinadinò: "Desuetudine!, tu" in "La Festa" (1900).
Aurelio Ugolini: "Coliambi d'un vecchio autunno" in "Viburna" (1908).
Diego Valeri: "Autunnali" in "Crisalide" (1919).
Mario Venditti, "Elegia autunnale" in "Il terzetto" (1911).
Mario Zarlatti: "Sonetto d'autunno" in "Giornale d'Arte", novembre 1904.
Testi
AUTUNNO REGALE
di Cosimo Giorgieri Contri
Non ebbe il Sole mai dolcezza uguale
né fulse il parco di più limpido oro:
sotto l'immarcescibile tesoro
tedia l'ombra il mio piede mortale?
Sogna l'ombra passar qualche regale
pompa tra 'l suo porpureo decoro,
scender corteggi il mobile pianoro
che il rivo anima d'anima vocale?
Ombra, sogna. Non mai di più profondi
desii t'arse l'autunno e forse mai
non ti cerchiò di più fiammante zona:
onde, sotto la tua rossa corona,
tu che la morte al freddo verno avrai,
tu sogni ed ansi, come i moribondi.
(Da "Primavere del desiderio e dell'oblio")
sabato 28 aprile 2012
"Poema paradisiaco" di Gabriele D'Annunzio
"Poema paradisiaco" è composto da 54 poesie suddivise in 5 sezioni (esclusa la prima poesia intitolata "Alla nutrice"), quest'ultime sono: Prologo - Hortus Conclusus - Hortus Larvarum - Hortulus Animae - Epilogo. Una bella ristampa curata da Annamaria Andreoli del suddetto volume è stata pubblicata dalla Mondadori nel 1995 (vedi foto). Qui sotto riporto uno degli esempi più significativi della raccolta, la poesia intitolata "Le tristezze ignote", che molto risente delle atmosfere rarefatte e malinconiche del poeta franco-belga Maurice Maeterlinck.
del latte appena munto.
mercoledì 25 aprile 2012
Da "La Storia" di Elsa Morante

Da "Il partigiano Johnny" di Beppe Fenoglio

Un vento polare dai rittani di sinistra spazzava la sua strada, obbligandolo a resistere con ogni sua forza per non essere rovesciato nel fosso a destra. Tutto, anche la morsa del freddo, la furia del vento e la voragine della notte, tutto concorse ad affondarlo in un sonoro orgoglio. - Io sono il passero che non cascherà mai. Io sono quell’unico passero!
Perché
perché non vengano dimenticati coloro che hanno perso la vita per liberare l'Italia dai criminali,
perché la storia non ha insegnato nulla,
perché molti hanno la memoria corta,
perché razzismo e ignoranza la fanno da padroni,
perché chi ha il potere colpisce sempre i poveri e i deboli,
perché esiste lo sfruttato ed esiste lo sfruttatore,
perché i ricchi sono sempre più ricchi,
perché i poveri sono sempre più poveri,
perché c'era il fascismo,
perché c'è la nostalgia del fascismo,
perché chi sa che diavolo ci sarà in futuro,
perché non c'è giustizia,
perché non c'è libertà,
perché non c'è eguaglianza,
perché non c'è solidarietà,
perché ascolti frasi come: "Quando c'era lui...",
perché c'è sempre il pericolo del ritorno di una dittatura,
perché tutti i morti, tutta la devastazione e tutta la miseria non sono bastati,
perché i prepotenti, gli ingordi e gli idioti dominano il mondo:
ancora e sempre RESISTENZA.
domenica 15 aprile 2012
Antologie: Poeti minori dell'Ottocento
Ecco, per concludere, l'elenco dei poeti presenti nell'antologia.

POETI MINORI DELL'OTTOCENTO
Aleardo Aleardi, Giovanni Prati, Goffredo Mameli, Alessandro Poerio, Francesco Dall'Ongaro, Luigi Carrer, Giuseppe Bertoldi, Teobaldo Ciconi, Carlo Alberto Bosi, Antonio Gazzoletti, Arnaldo Fusinato, Domenico Carbone, Luigi Mercantini, Nicola Sole, Pietro Paolo Parzanese, Ippolito Nievo, Giacomo Zanella, Emilio Praga, Iginio Tarchetti, Arrigo Boito, Giovanni Camerana.
mercoledì 11 aprile 2012
Spleen
In questa mia prosa poetica, si parla di una giornata grigia e piovosa d’autunno. Questa atmosfera stagionale che ho voluto creare, non nasce tanto da esperienze personali, quanto da suggestioni scaturite al seguito di letture o ascolti fatti in anni già lontani. Prima di tutto, molte immagini derivano dai versi di Corrado Govoni che si trovano nella raccolta Armonia in grigio et in silenzio. Questa è la mia opera poetica preferita di gran lunga a tutte le altre dello scrittore emiliano. Ricordo che, non appena ne acquistai una riedizione, lessi le poesie presenti all’interno per intere giornate; tutt’ora, di tanto in tanto, vado a rileggerle. In minor misura, esiste qualche suggestione rintracciabile in alcuni dei testi delle prime canzoni di Francesco De Gregori (tra il 1972 ed il 1976); anche per quanto concerne queste canzoni, rammento che, ragazzo, le ascoltavo praticamente tutti i giorni, così come quelle di altri cantautori italiani come Riccardo Cocciante e Fabrizio De Andrè. Insomma lo ammetto: di veramente mio qui c’è ben poco.
lunedì 9 aprile 2012
Gli arrivi nella poesia italiana decadente e simbolista
Poesie sull'argomento
Mario Adobati: "Diritto d'asilo" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).
Diego Angeli: "In una villa lontana" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Ugo Betti: "Le notti senza luna" in "Il re pensieroso" (1922).
Gustavo Botta: "Visita" in "Alcuni scritti" (1952).
Enrico Cavacchioli: "Il convito platonico" in "L'Incubo Velato" (1906).
Italo Dalmatico: "La cheta cena" in "Juvenilia" (1903).
Giacomo Gigli: "Aspettando il vento" in "Maggiolata" (1904).
Alessandro Giribaldi: "Invito" in "Canti del prigioniero e altre liriche" (1940).
Corrado Govoni: "Gli arrivi" e "Alla sposa che viene" in "Gli aborti" (1907).
Domenico Gnoli: "Arrivo triste" in "Fra terra e astri" (1903).
Giuseppe Lipparini: "Aziyadè" e "L'ospite" in "Le foglie d'alloro" (1916).
Fausto Maria Martini: "Quando venisti..." in "Poesie provinciali" (1910).
Marino Moretti: "La domenica dell'arrivo" in "Poesie scritte col lapis" (1910).
Nicola Moscardelli: "I cavalieri del silenzio" e "Il convegno" in "Abbeveratoio" (1915).
Ettore Moschino: "L'ignota" in "I Lauri" (1908).
Arturo Onofri: "Oggi non usciremo: aspetteremo il frate" in "Canti delle osai" (1909).
Aldo Palazzeschi: "Corinna Spiga" in "Poemi" (1909).
Giovanni Tecchio: "Imminente luna" in "Mysterium" (1894).
Remigio Zena: "Domino grigio" in "Olympia" (1905).
Testi
AZIYADÈ
di Giuseppe Lipparini
Troppo fredda è la stanza e troppo grande.
L'abbandonata pensa che la morte,
così, presto verrà: e su le attorte
chiome non sfioriran più le ghirlande.
Non più l'amor tanta dolcezza spande
nel suo cuore; non più lieta è la sorte.
O dimora d'Eyoub dove sì forte
ell'era, udendo le parole blande!
Ella voleva rivedere il sole,
vagare ancora un poco pe 'l giardino,
l'ultima volta prima di morire,
e ascoltar de l'amato le parole.
Ma la morte verrà, poi ch'è destino.
E s'abbandona omai tra le sue spire.
(Da "Lo specchio delle rose")
venerdì 6 aprile 2012
A San Lorenzo in Lucina
Poi fu la luce immensa
piangendo piangendo senza un grido,
e una folla immensa lo seguiva
silenziosa di calzolai,
e di vecchie filatrici
lavandaie e cenciosi
sciancati,
vecchi e bambini e cani
capo basso, e povere meretrici
colle carni a brandelli. E sciancati ancora.
E cani e pecore. Randagi. E cani e pecore.
E tutta una folla immensa e silenziosa,
piangendo piangendo senza un grido,
grigia, senza termine, curva.
E avanti le schiere metalliche dei soldati,
a tre a tre, sino a che non si giunse al sommo
del Calvario, sinché non si giunse
al sommo del monte,
oggi, domani, per secoli di secoli
piangendo piangendo.
...
Grande poesia di Umberto Bellintani che descrive la Via Crucis di Gesù in chiave sociale. Il Cristo è un uomo triste che soffre e piange per l'umanità vilipesa. Mentre sale verso il Calvario, dietro di lui si forma una folla immensa di esseri umani e di animali, accomunata dal dolore e dalla sofferenza, rappresentata principalmente da poveri, umili lavoratori, portatori di handicap. Tra gli animali si nominano i cani e le pecore, ovvero quelli più propensi a fidarsi dell'uomo e che simboleggiano la fedeltà e la mansuetudine. Vi si trovano, identificabili come parte più debole del genere umano, anche i vecchi, i bambini e le donne; quest'ultime rappresentate principalmente dalle prostitute con la pelle ormai consumata e quindi in condizioni pietose. La folla che segue il Cristo è interminabile, perché tale è la quantità di esseri viventi che si sono trovati in una situazione di dolore e di sofferenza profonda e interminabile. Il colore grigio della folla stessa sta a simboleggiare questo stato di tristezza perenne; il capo basso e lo stare curvi, oltre che la sudditanza verso coloro i quali tengono in scacco questi poveri esseri (nella poesia possono essere identificabili nelle "schiere metalliche dei soldati"), indica la loro infinita umiltà. La scena della Via Crucis si è ripetuta per millenni, e si ripete, e si ripeterà per millenni ancora, perché i poveri sono sempre poveri, perché a sofferenza si aggiunge ogni anno sofferenza e a dolore si aggiunge dolore. Così Gesù continuerà per un tempo infinito a salire verso il Calvario piangendo, seguito da un numero sempre maggiore di anime tristi. Il titolo sembra però indicare la fine dell'interminabile tunnel: quella luce immensa che, dopo la fine della vita sulla Terra, annuncerà il Regno dei Cieli, dove, come ha detto Gesù nelle "Beatitudini", chi ha più sofferto troverà la sua contropartita.
La poesia "Poi fu la luce immensa" fa parte della raccolta "E tu che m'ascolti" (1963), che è stata riproposta per intero da Bellintani in un volume uscito pochi anni prima della sua morte, intitolato "Nella grande pianura" (1998).
giovedì 5 aprile 2012
Da "Notturno" di Gabriele D'Annunzio
Una giornata torbida. Spio le vicissitudini della luce nello specchio di contro.
Una nuvola passa. Una nuvola si dirada in boccoli come un vello tra le mani di uno scardassatore.
Il sole vien meno, e pare che tutto si freddi. Lo specchio si congela come una pozza quadrangolare.
Sotto le lane la mia pelle rabbrividisce.
Il silenzio ha la qualità del silenzio antelucano.
I campanili non hanno più voce. I bronzi, affaticati dalle vibrazioni, riposano con la bocca in giù piena d'ombra. Le corde penzolano lisciate e unte in due luoghi dalle pugna del campanaio.
Quanta tristezza sparsero su ogni ora dei miei giorni passati!
Tuttavia questo silenzio insolito non mi dà pace. La tristezza non mi viene più per l'aria, non più mi viene dall'alto. Oggi è accosciata ai miei piedi, senz'ali. Dorme, e nel sonno sussulta.
(Da "Notturno" di Gabriele D'Annunzio, Treves, Milano 1921, pp. 448-449)
mercoledì 4 aprile 2012
I sepolcri
martedì 3 aprile 2012
Antologie: "Pasqua dei poeti"

domenica 1 aprile 2012
Primavera
s'apre il ventaglio del mandorlo bianco.
Alto sta un cielo di rosa e d'argento.
Ma il cuore è stanco.
Questa lirica è presente nel volume ricapitolativo "Poesie" di Diego Valeri (1887-1976) e appartiene alla "Seconda parte" (1930-1950), ovvero alla fase della tarda maturità del poeta veneto. Poesia di stampo tradizionale (si nota la presenza delle rime), questa quartina del Valeri mostra grande maestria e un ritmo ben costruito. I primi tre versi si riferiscono alla descrizione di due immagini atte a rimarcare la bellezza della natura in primavera: il vento che agita il mandorlo in fiore (bianco) facendolo assomigliare ad un ventaglio e il cielo dai colori inusuali e affascinanti: rosa e argento. L'ultimo verso è decisamente staccato dal contesto iniziale ed esprime la stanchezza, dovuta probabilmente all'età, ma non è escluso che si tratti di una disaffezione del poeta alle manifestazioni della natura che una volta suscitavano in lui grande entusiasmo e che, col passare del tempo, sono avvertite come abituali e ripetitive.