lunedì 13 febbraio 2012

Momenti

Ho raggruppato queste otto mie poesie, intitolandole “Momenti”, perché sono versi che descrivono, per l’appunto, dei momenti più o meno importanti della mia vita. Esclusa la 3° poesia (che parla delle tante giornate estive trascorse presso la casa dei mie nonni, a giocare fino a sera da solo o coi miei compagni d’infanzia), si tratta di momenti o attimi, da me vissuti tra il 1990 e il 1999. La 6° poesia è incentrata sul ricordo di un amore breve (era l’estate del 1991), nato nelle corsie di un ospedale romano.  




1


Piccola stazione di un paese
qualunque, con due binari e un terzo
staccato, abbandonato.
Si cammina lentamente sui sassolini
del terreno e si ascolta il dolce
rumore dei passi.
Ci si siede su una vecchia panchina
verniciata da poco con un verde
intenso e si guarda il paesaggio.
Davanti c'è un'altra panchina
con un altro signore seduto,
in attesa del treno che arriverà.
Più lontano lontano c' è un campo
giallo con degli uccelli che vi sostano
e poi volano via.
Si sente il rumore delle cicale e
null'altro.
È un quieto pomeriggio di settembre,
l'aria è ferma,
Il treno fra dieci minuti
passerà...
 


2

Passeggiare sulla spiaggia
deserta
in una grigia giornata
di fine ottobre.
Osservare i gabbiani che cercano il cibo,
guardare le onde del mare
che lentamente s'infrangono
a riva;
cercare l'orizzonte lontano...
meravigliarsi delle impronte
lasciate dai passi sulla sabbia,
rattristarsi alla visione
di detriti sparsi lasciati dal mare.
Respirare l'odore di salsedine,
immergersi nell'aspetto più languido
e affascinante dell'autunno.
Andare...


 
3

Ricordo di un giorno d'estate.
Svegliarsi poco prima dell'alba e osservare attraverso le persiane la nascita di un nuovo giorno.
Alzarsi felici pensando alle ore future come si pensa ad un paradiso in Terra.
Uscire sull'amato cortile e passare tutto il tempo a giocare.
Sapersi divertire con poco, con nulla: magia e incanto dell'età infantile.
Sentirsi chiamare e rientrare in casa delusi, consumare il pasto velocemente, desiderosi di tornare a giocare.
Trascorrere il pomeriggio assolato su strade deserte e invitanti, inventando fantasiose avventure.
Rincasare, arrivata la sera, con una tristezza indefinibile, pensare al giorno seguente.
Una giornata d'oro è terminata ma un'altra uguale ci attende.
Così è stato in un tempo e in un luogo al di fuori della realtà eppure reale.
 


4

Pensieroso, insoddisfatto
vagavo nelle viùcole
della città eterna
in cerca di vecchi volumi,
di parole scolpite
e misteriose.
Il mite pomeriggio invernale
pian piano moriva
lasciando alla sera
gelida e triste
l'ingrato compito
di uccidere il giorno.
 


5

Autunno glorioso
che ci regali, oh Roma,
antichissima, meravigliosa città
che offri agli occhi estasiati
dei tuoi ammiratori
una moltitudine di strade
alberate, le tue mura
battute dal sole pomeridiano,
le tue mille chiese nascoste,
le tue invitanti fontane;
e il tuo immenso cielo
che fa da sfondo
ad uno spettacolo ineguagliabile:
Cosa c'è più bello di Roma?
 


6

Ricordi quel giorno
che noi ci vedemmo
in quella piazzetta
svuotata dal caldo
tremendo d'agosto;
ricordi i piccioni
volare d'intorno
e gli alberi alti,
le foglie cadute
già in terra;
ricordi le risa
e il sole sui tetti
che illuminava
le anime nostre;
ricordi le fonti
cercate tra i vicoli,
quell'acqua purissima
nelle nostre mani.
Dove sei andata,
in quale punto,
luogo della Terra
ora vivi e pensi?
Ricordi ancora
i nostri giorni
distanti, sognanti
vissuti per caso
sommersi oramai
dal tempo spietato?
Io ancora ti vedo
ti cerco nel fondo
del cuore ormai stanco
e penso quel tempo
di fuori dal tempo.
Ci ritroveremo...
...
Tu scenderai le scale
di Trinità dei Monti;
io ti verrò incontro
e ci sembrerà
di non esserci
mai separati...
 


7

E ritorna novembre
coi suoi santi ed i suoi morti,
con la sua mite estate
di San Martino,
con le sue foglie secche
sparse sul terreno,
con le sue pioggie
sempre più fitte,
con le sue notti
fredde e lunghe,
con la sua aria di tristezza,
col suo messaggio che ammonisce:
«Un altro anno
sta per finire,
preparati
a morire».
 


8

È una gelida sera decembrina
ed io ritorno alla mia casa
in questo treno colmo di gente
e vuoto di felicità.
È finita un'altra giornata,
se ne è volata via
senza colpo ferire,
tra un nulla ed un altro
nulla, tra un viaggio di andata
e ritorno, tra un'alba
e un tramonto.
E la vita piano piano
ci lascia, se ne va
lentissimamente;
e si va avanti
solo perché si deve,
solo per necessità.
Una giornata è finita
e un'altra comincerà.

domenica 12 febbraio 2012

Da "Le confessioni" di Jean-Jacques Rousseau

Le confessioni di Jean-Jacques Rousseau (Ginevra 1712 – Ermenonville 1778) rappresentano qualcosa di veramente speciale nel panorama vastissimo della letteratura europea e mondiale. Si compongono di ben 12 libri, in cui lo scrittore elvetico ricorda i suoi primi 53 anni di vita. Cominciò a scriverle nel 1764, ma furono pubblicate postume, a partire dal 1782 (la seconda e ultima parte uscì nel 1789). Devo ammettere che io ho letto soltanto una piccola parte delle Confessioni; con tutto ciò sono rimasto affascinato dalla magistrale scrittura autobiografica di Rousseau, e, in certi frammenti (come quello che ho riportato qui sotto) mi ci sono perfettamente ritrovato.




Nulla di quanto mi è accaduto in quel periodo tanto caro, nulla di ciò che ho fatto, detto e pensato per tutto il tempo che è durato, si è cancellato nella mia mente. I tempi che precedono e che seguono mi ritornano a intervalli; li ricordo in modo ineguale e confuso: ma quello lo rammento per intiero come se ancora durasse. La mia immaginazione, che in gioventù correva sempre avanti ed ora va a ritroso, compensa con quei dolci ricordi la speranza perduta per sempre. Più nulla nell'avvenire vedo che mi tenti; solo i ritorni del passato possono lusingarmi, e questi ritorni così vivi e veri nel tempo di cui parlo mi fanno sovente vivere felice a dispetto delle mie sventure.

sabato 11 febbraio 2012

Antologie: "Dai nostri poeti viventi"


"Dai nostri poeti viventi" è il titolo di un'antologia curata da Eugenia Levi e uscita per la prima volta nel 1891 per gli editori Loescher e Seeber in Firenze. Una seconda edizione fu edita nel 1896 da Le Monnier, sempre in Firenze, e infine una terza, definitiva edizione venne pubblicata per l'editore Lumachi di Firenze nel 1903. È di quest'ultima versione (notevolmente aumentata rispetto alle altre) dell'opera della Levi che vorrei parlare in breve. È una selezione ampia e decisamente interessante dei migliori poeti italiani ancora in vita nel 1903: vi compaiono, tra gli altri, poeti molto famosi all'epoca e che ancora oggi sono molto considerati: parlo delle cosiddette "tre corone", ovvero Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli e Gabriele D'Annunzio; vi sono poi poeti importanti del secondo Ottocento come Vittoria Aganoor, Arrigo Boito, Domenico Gnoli, Arturo Graf, Enrico Panzacchi, Mario Rapisardi e Lorenzo Stecchetti; poeti giovani che in quel periodo erano ritenuti molto promettenti come Giovanni Cena, Giuseppe Lipparini, Pietro Mastri, Ada Negri e Francesco Pastonchi; quindi ve ne sono altri, più o meno conosciuti, tra i quali sorprende trovare anche i nomi di Luigi Pirandello e di Luisa Giaconi (quest'ultima non aveva ancora pubblicato alcun volume di versi). In tutto vi figurano 107 poeti viventi più altri 4 (Alessandro Arnaboldi, Felice Cavallotti, Contessa Lara e Enrico Nencioni) che, pur essendo scomparsi tra l'uscita della 2° e della 3° edizione dell'antologia, la curatrice ha voluto egualmente inserire. Ecco infine la lista di tutti i poeti inclusi nell'ultima edizione, dove stranamente sono presenti, come se fossero due poeti ben distinti, i nomi di Domenico Gnoli e di Giulio Orsini; in realtà il secondo è soltanto uno pseudonimo usato dallo Gnoli nella raccolta "Fra terra e astri" del 1903. Con molta probabilità, all'uscita della 3° edizione, la Levi ancora non era a conoscenza del fatto, come d'altra parte successe a molti critici, che giudicarono l'Orsini come un giovane poeta innovativo.
 
 
DAI NOSTRI POETI VIVENTI


Vittoria Aganoor, Sylvia Albertoni, Giuseppe Albini, Diego Angeli, Italo Mario Angeloni, Luisa Anzoletti, Avancinio Avancini, Alfredo Baccelli, Peleo Bacci, Ida Baccini, Raffaello Barbiera, Vittorio Benini, E. Augusto Berta, Vittorio Betteloni, Giuseppe Biadego, Ersilio Bicci, Arrigo Boito, Arnaldo Bonaventura, Edoardo G. Boner, Alinda Brunamonti-Bonacci, E. A. Butti, Tommaso Cannizzaro, Luigi Capuana, Giosuè Carducci, Antonietta Ceccherini, Giovanni Cena, Giovanni Alfredo Cesareo, Giuseppe Chiarini, Giovanni Chiggiato, Luigi Conforti, Corrado Corradino, G. Aurelio Costanzo, Gabriele D'Annunzio, Giuseppe Deabate, Edmondo De Amicis, Adolfo De Bosis, Angelina De Leva, Antonio Della Porta, Dario Emer, Severino Ferrari, Augusto Ferrero, Ugo Fleres, Antonio Fogazzaro, Ferdinando Fontana, Giuseppe Fraccaroli, Augusto Franchetti, Renato Fucini, Giuseppe Gargàno, Diego Garoglio, Luisa Giaconi, Giuseppe Giacosa, Elda Gianelli, Marianna Giarrè-Billi, Cosimo Giorgieri-Contri, Domenico Gnoli, Arturo Graf, Luigi Grilli, Cèlide Lancerotto, Giovanni Lesca, Giuseppe Lipparini, Giuseppe Manni, Giuseppe Mantica, Giovanni Marradi, Ferdinando Martini, Giuseppe Martinozzi, Pietro Mastri (Pirro Masetti), Guido Mazzoni, Guido Menasci, Domenico Milelli, Luigi Morandi, Mario Morelli, Vincenzo Morello (Rastignac), Ada Negri, Costantino Nigra, Domenico Oliva, Giulio Orsini, Luigi Orsini, Angiolo Orvieto, Enrico Panzacchi, Pasquale Papa, Giovanni Pascoli, Francesco Pastonchi, Armando Perotti, Giuseppe Picciòla, Giuseppe Pieroni-Levantini, Luigi Pinelli, Luigi Pirandello, Riccardo Pitteri, Mario Rapisardi, Corrado Ricci, Alberto Ròndani, Cesare Rossi, Giulio Salvadori, Antonio Scano, Alice Schanzer, Mario da Siena (Mario Martinozzi), Felice Soffrè, Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini), Ulisse Tanganelli, Giovanni Targioni-Tozzetti, Alfredo Testoni, Enrico Thovez, Angelo Tomaselli, Rosamunda Tomei-Finamore, Domenico Tumiati, Annie Vivanti, Antonio Zardo.
 

APPENDICE

Alessandro Arnaboldi, Felice Cavallotti, Contessa Lara (Evelina Cattermole), Enrico Nencioni.

Da "I quaderni di Malte Laurids Brigge" di Rainer Maria Rilke

Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino. Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lungi, a giorni d'infanzia che sono ancora inesplicati, ai genitori che eravamo costretti a mortificare quando ci porgevano una gioia e non la capivamo (era una gioia per altri), a malattie dell'infanzia che cominciavano in modo così strano con tante trasformazioni così profonde e gravi, a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto ciò.

venerdì 10 febbraio 2012

Poeti dimenticati: Giovanni Croce


Piatto anteriore di "L'anima di Torino"

Giovanni Croce nacque a Torino nel 1889 e vi morì nel 1911. Nella sua breve vita fece in tempo a pubblicare due raccolte di versi in cui si ritrovano quelle caratteristiche tipiche di certa poesia primonovecentesca di autori piemontesi quali Gozzano e Chiaves, dove l'ironia e un senso vago di malinconia predominano sul resto. Pregevole è soprattutto il secondo libro di versi del Croce: "L'anima di Torino", uscito pochi mesi prima della sua precoce scomparsa. Postume furono edite, a cura di Sandro Camasio e Nino Oxilia, le novelle dello scrittore torinese: "Il più dolce peccato" (1912).
 


Opere poetiche

"Sul limite della luce", Tip. Sella e Guala, Torino 1908.
"L'anima di Torino", Quintieri, Milano 1911.
 


Presenze in antologie


"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. I, p. 71).
"Torino Art Nouveau e Crepuscolare", a cura di Roberto Rossi Precerutti, Crocetti, Milano 2006 (pp. 130-134).
"Poeti per Torino", a cura di Roberto Rossi Precerutti, Viennepierre, Milano 2008 (104-107).
 


Testi


A MESSA

- Oremus - dice il prete da l'altare.
Ma le donne ciangottano discrete.
- Guarda la tale! - C'è anche un militare! -
- Ho giocato tre numeri, sapete? -

- Sanctus, Sanctus, Sanctus - continua il prete.
Ma le donne continuano a ciarlare.
- La novena di Maggio... - Ci credete?... -
- La ragazza fa presto a innamorare... -

Piccole risa corrono fra i banchi;
s'agitan veli, cuffie, falbalà
alcuni rossi, molti neri e bianchi.

Ed ecco: - Ite, missa est! - Un gran brusìo
di gente che segnandosi sen va
certa d'aver santificato Iddio.

(Da "L'anima di Torino")

Da "Memorie di un pazzo" di Gustave Flaubert

Oh! fui davvero un sognatore da fanciullo, un povero folle senza idee chiare, senza opinioni solide! Guardavo l'acqua scorrere tra le macchie arboree che chinano la loro chioma di foglie e lasciano cadere fiori, contemplavo dal mio lettino la luna sul suo fondo azzurro che illuminava la mia camera e profilava strane forme sulle pareti; provavo vere e proprie estasi dinanzi a un bel sole o a un mattino di primavera, con la sua nebbia candida, i suoi alberi fioriti, le sue margherite sbocciate.

(Gustave Flaubert, "Memorie di un pazzo", Newton Compton, Roma 1996, p. 28)

giovedì 9 febbraio 2012

Illusa gioventù

O gioventù, innocenza, illusioni,
tempo senza peccato, secol d'oro!
Poi che trascorsi siete
si costuma rimpiangervi
quale un perduto bene.

Io so che foste un male.
So che non foco, ma ghiaccio eravate,
o mie candide fedi giovanili,
sotto il cui manto vissi
come un tronco sepolto nella neve:
tronco verde, muscoso,
ricco di linfa e sterile.
Ora che, esausto e roso,
sciolto da voi percorsi in un baleno
le mie fiorenti stagioni
e sparso a terra vedo
il poco frutto che han dato,
ora che la mia sorte ho conosciuta,
qual essa sia non chiedo.
Così rapida fugge la vita
che ogni sorte è buona
per tanto breve giornata.
Solo di voi mi dolgo, primi inganni.


(da "Opere" di Vincenzo Cardarelli)
 

La gioventù è considerata come uno dei periodi più belli della vita umana, così ricca di intense e sincere passioni, di facili illusioni, d'entusiasmi e di vigore. Ma soprattutto la gioventù risulta sovente colma di speranze per il futuro; visto che la vita è ancora quasi tutta davanti, càpita spesso in giovane età di pensare che lungo il cammino dell'esistenza ci saranno sorprese meravigliose e impensabili. Vista da lontano, come spiega in questa poesia Cardarelli, ci si mostra nella sua reale fattezza, e può succedere che non ci riconosciamo più in quella persona che eravamo da giovani, o che non ci piacciano più le cose in cui credevamo, quello che facevamo e pensavamo. Constatiamo poi che il tempo è fuggito velocemente e le promesse della giovinezza non sono state mantenute. Rimane però, al di là di tutto, il rimpianto di quell'irripetibile periodo della nostra esistenza.