martedì 11 ottobre 2011

Piccolo dizionario bio-bibliografico dei poeti italiani simbolisti, decadenti, liberty e crepuscolari: B

SANDRO BAGANZANI (Verona 1889 - ivi 1950). Agli esordi fu poeta dialettale, scrisse poi versi in lingua che presentano atmosfere e temi cari alla poesia crepuscolare. Tra le opere poetiche migliori si segnalano: Arie paesane (1920) e Senzanome (1924).

ADELCHI BARATONO (Firenze 1875 - Genova 1947). Fu filosofo affermato e scrisse poche poesie soltanto in gioventù, ciò è attestato dal suo unico volume di versi: Sparvieri (1900), dove son presenti anche poesie del fratello Pier Angelo. Le sue liriche mostrano un marcato influsso della poesia simbolista, in particolare quella di Verlaine, ma ben si inseriscono anche nella cosiddetta "linea ligure" che, partendo da Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, si svilupperà nelle opere di altri poeti importanti come Eugenio Montale, per circa mezzo secolo.

PIER ANGELO BARATONO (Roma 1880 - Trento 1927). Appena ventenne pubblicò insieme al fratello Adelchi, il suo unico volume di versi: Sparvieri (1900); si dedicò poi alla critica letteraria e alla scrittura di romanzi e novelle di argomento comico. Le sue poesie anticipano in parte i temi delle sue prose caratterizzate dalla descrizione di personaggi singolari e misteriosi.

CARLO BASILICI (Roma 1881 - ?). Godette di una certa notorietà nell'ambiente letterario romano e non solo dei primissimi anni del Novecento. Pubblicò un libro di poesie intitolato: Dai poemi (1904), altri versi suoi apparvero nello stesso periodo anche in riviste prestigiose come "Poesia" e "Riviera Ligure". La sua produzione poetica ha come principali peculiarità un profondo misticismo che va gradualmente trasformandosi nelle ultime liriche in acuto pessimismo.

GIANNOTTO BASTIANELLI (San Domenico di Fiesole 1883 - Tunisi 1927). Critico musicale e compositore, scrisse anche delle poesie (Poemi e musiche, 1910) e delle prose poetiche; alcune di queste ultime furono pubblicate sulla "Voce". Nelle sue composizioni poetiche si nota una naturale propensione alla musicalità mista ad alcuni toni decadenti.

ANTONIO BELTRAMELLI (Forlì 1879 - Roma 1930). Giornalista, lavorò anche al "Corriere della sera"; scrittore, pubblicò soprattutto romanzi e novelle. Nel 1908 uscì un suo volume di prose poetiche: I canti di Faunus che si sostanziano per un elevato estetismo e un recupero della mitologia primigenia.

ALESSANDRO BENEDETTI (? - ?). Amico di Sergio Corazzini, frequentò anche altri intellettuali vicini al poeta crepuscolare romano. Le sue poesie compaiono solo in alcune riviste del primo decennio del XX secolo tra le quali: "Capitan Fracassa", "Marforio" e "Giornale d'Arte". I suoi versi denotano un'attrazione per le atmosfere liberty e decadenti nonché crepuscolari.

UGO BETTI (Camerino 1892 - Roma 1953). Poeta, drammaturgo e magistrato, partecipò alla prima guerra mondiale e fu fatto prigioniero; durante la prigonia iniziò a scrivere delle poesie che poi formarono la sua prima raccolta: Il re pensieroso (1922), qui si trovano frequenti riferimenti alla lirica simbolista ed al mondo favolistico, con una riccha presenza di castelli, fate, orchi, principesse ecc.

BINO BINAZZI (Figline Valdarno 1880 - Prato 1930). Si occupò di giornalismo e ricoprì la carica di redattore-capo del "Resto del Carlino", fondò la rivista letteraria "La Brigata". Le sue liriche passarono dal classicismo delle prime raccolte, al crepuscolarismo della fase intermedia, per giungere ad una evidente vicinanza alla poesia frammentista e futurista. Opere poetiche: Eptacordo (1907), Turbini primaverili (1910), La via della ricchezza (1919), Poesie (postuma, 1934).

FRANCESCO BIONDOLILLO (Montemaggiore Belsito 1887 - Roma 1974). Critico letterario e professore di letteratura italiana, scrisse versi in gioventù che riunì nei volumi: Aneliti (1905) e Ali in cielo (1907); nelle sue liriche si trovano elementi di derivazione classicista e crepuscolare.

FAUSTO M. BONGIOANNI (Torino 1902 - 1979). Pubblicò un solo volume di versi: Venti poesie (1924). Le sue liriche che presentano dei versi piuttosto lunghi, risentono molto delle atmosfere futuriste.

MASSIMO BONTEMPELLI (Como 1878 - Roma 1960). Saggista, fondatore insieme a Curzio Malaparte della rivista letteraria "900", teorizzò il «realismo magico» che volle praticare nelle sue numerose opere di narrativa. Come poeta, iniziò con alcune raccolte classicheggianti (Egloghe, 1904; Odi siciliane, 1906; Settenari e sonetti, 1910; Odi, 1910) che in seguito ripudiò per avvicinarsi alla poetica futurista con le liriche de Il purosangue - L'ubriaco (1919).

GINO BORZAGHI (? - ?). È autore, insieme a Mario Morasso, di una tra le prime opere poetiche simboliste che comparvero in Italia: Sinfonie luminose (1893). In seguito pubblicò un altro libriccino di poesie: Nel passato (1902) in cui dimostrò una vicinanza alla poetica di Paul Verlaine.

GUSTAVO BOTTA (Milano 1880 - ivi 1948). Saggista, narratore e poeta, pubblicò versi su riviste letterarie d'inizio Novecento tra cui "Poesia". Le sue liriche insieme alle sue prose, furono raccolte quattro anni dopo la sua morte in Alcuni scritti (1952). Poeta vicino a Lucini e al simbolismo, fu abile e fantasioso creatore di immagini e visioni bizzarre.

ETTORE BOTTEGHI (Livorno 1874 - Calci 1900). Poeta sfortunato, morì di tisi a soli ventisei anni. Le sue Poesie furono pubblicate postume nel 1902. Il tema portante della sua opera poetica è la malattia e il presagio della propria morte che Botteghi espresse in toni fortemente drammatici.

GUSTAVO BRIGANTE COLONNA (Fano 1878 - Roma 1956). Partecipò alla prima guerra mondiale, quindi si dedicò al giornalismo e fece parte della redazione del "Messaggero" e del "Giornale d'Italia". Nel 1912 pubblicò un volume di versi intitolato: Gli ulivi e le ginestre che bene si inserisce nel clima crepuscolare dell'epoca.

ANTONIO BRUNO (Biancavilla 1891 - Catania 1932). Tradusse opere di Proust e di Baudelaire, fondò una rivista letteraria: "Picwick". Come poeta subì l'influenza del futurismo nelle raccolte Rose di macchia (1913) e Fuochi di Bengala (1917) dove non mancano atteggiamenti connessi alle liriche dei crepuscolari.

ENRICO ANNIBALE BUTTI (Milano 1868 - ivi 1912). Svolse molteplici attività, fu compositore di musiche, giornalista, romanziere e anche poeta. Si distinse soprattutto come drammaturgo e nelle sue opere teatrali si palesa una sincera critica alla società a lui contemporanea. Come poeta pubblicò alcuni versi su varie riviste tra le quali "Il Marzocco", questi hanno come caratteristiche principali una limpidezza concettuale derivante anche dalla poesia di Giovanni Pascoli, da cui lo scrittore milanese fu chiaramente influenzato.

PAOLO BUZZI (Milano 1874 - ivi 1956). Poeta, prosatore e drammaturgo, conobbe Filippo Tommaso Marinetti col quale collaborò alla nascita del Manifesto futurista ed ebbe grande spazio nell'antologia I Poeti Futuristi (1912). Aveva cominciato con poesie classicheggianti come si evince in Rapsodie leopardiane (1898), passò quindi a modi sperimentali in Aeroplani (1909) cui seguirono: Versi liberi (1913), Bel canto (1916), Popolo canta così (1920), Poema dei quarant'anni (1922).

Piccolo dizionario bio-bibliografico dei poeti italiani simbolisti, decadenti, liberty e crepuscolari: A

MARIO ADOBATI (Bergamo 1889 - 1919). Poeta malinconico e crepuscolare morì appena trentenne; lo stesso anno della sua morte uscì un volume di suoi versi: I cipressi e le sorgenti (1919).

VITTORIA AGANOOR POMPILIJ (Padova 1855 - Roma 1910). Di origine armena, ebbe come maestri Giacomo Zanella ed Enrico Nencioni, cominciò a comporre versi in giovane età ma la sua prima raccolta poetica, Leggenda eterna, uscì nel 1900. Qui già si notano le caratteristiche principali della sua poetica che si contraddistingue per uno spiccato tormento interiore e per una vicinanza ai modi della poesia decadente. Morì precocemente dopo un intervento chirurgico non riuscito. Altre sue opere: Nuove liriche (1908) e Poesie complete (postuma, 1912).

LIBERO ALTOMARE (Pseudonimo di Remo Mannoni, Roma 1883 - ivi 1942). Frequentò giovanissimo il cenacolo dei poeti del crepuscolarismo romano, tra i quali c'era Sergio Corazzini, la cui influenza è ben visibile nelle prime raccolte di Altomare: Il Monte (1904), Rime dell'Urbe e del Suburbio (1907), Procellarie (1910). In seguito abbracciò la poetica futurista e ottenne largo spazio nella famosa antologia: I poeti futuristi (1912). Raggruppò il meglio della sua produzione in versi nel volume: Fermento (1931).

GIUSEPPE ALTOMONTE (Reggio Calabria 1889 - Roma 1905). Morì appena sedicenne, malgrado ciò, la sua sorprendente precocità poetica gli permise di pubblicare moltissime poesie su svariate riviste letterarie. Il suo unico libro di versi fu pubblicato postumo col titolo: Canzoniere minuscolo (1905). Durante la sua breve vita, abitò per poco anche a Roma, dove entrò in contatto col cenacolo di Sergio Corazzini, infatti nelle sue liriche si possono evidenziare tratti che lo accomunano ai poeti crepuscolari e simbolisti.

ROSARIO ALTOMONTE (Reggo Calabria 1882 - Roma 1907). Fratello maggiore di Giuseppe, anche lui si trasferì ben presto a Roma dove visse fino alla precoce morte. Di lui rimangono poche cose: un volume di poemi in prosa intitolato: I salmi e le glorie (1905) e qualche sparuta poesia. Nei suoi versi e soprattutto nelle sue prose si respira un'aura mistica e decadente (eloquenti a tal proposito i "poemi floreali").

DIEGO ANGELI (Firenze 1869 - Roma 1937). Fondò insieme a Adolfo De Bosis, la rivista "Il Convito" di cui fu redattore-capo. Svolse attività di giornalista e critico d'arte; scrisse romanzi e versi che i critici definirono dannunziani, in realtà, almeno per ciò che concerne la sua opera poetica, fu sensibile alle tendenze letterarie che si rifacevano al simbolismo ed al liberty e anticipò per certi aspetti il crepuscolarismo. Pubblicò i seguenti volumi di liriche: La città di vita (1896) e L'Oratorio d'Amore (1904); molti altri suoi versi uscirono in riviste quali "Il Marzocco", "Nuova Antologia" e "Poesia".

ANTONINO ANILE (Pizzo Calabro 1869 - Raiano 1943). Medico e scienziato, fu anche eletto Deputato al Parlamento italiano e ricoprì incarichi ministeriali per poi ritirarsi dalla politica attiva all'avvento del fascismo. Scrisse poesie raccolte in vari volumi tra i quali si ricordano: Sonetti dell'anima (1907), La croce e le rose (1909), e Poesie (riepiloga le raccolte precedenti con altre poesie raggruppate nella sezione: Primi tumulti, 1921). Misticismo e spiritualità sono gli elementi portanti della sua opera in versi.

lunedì 10 ottobre 2011

Ricordi di estati lontane

1
Ricordo di un tempo lontano
nella dolce terra d'infanzia.
Il sole era pieno di rondini
che il cielo accoglieva
più vivo della luce divina.
L'alba nasceva meravigliata
di trovare la strada dei giuochi,
l'orologio segnava ore sognate
nel calore dei cortili e dei campi.
Dove sei?
Io ti cerco e ti trovo lontana,
in un paradiso abbandonato
nel tempo dei giardini fioriti.
Tutto quello che ho avuto
ho perduto.
 
 
2
Sonni pomeridiani
rifiutati con cruccio
per cercare
avventure impreviste
lungo le strade
vuote di gente,
piene di caldo
e di gioia infinita.
Quando era facile
la vita di tutti i giorni
e bastava un fuscello
per la felicità.


3
Quelle bolle di sapone
dal balcone di casa
volavano chissà dove
così come la fantasia
di un bambino lontano
che possedeva la felicità.
Nel cielo meraviglioso
le bolle salivano
parlando di favole vere,
di mondi semplici
che esistevano soltanto
nella mente libera e pura.
Sembra un sogno il ricordo
di una sera al balcone
con le bolle di sapone.



4
Le canzoni alla radio
ascoltavi con fervore
in un luglio recondito e magnifico.

La musica entrava
nella memoria ansiosa
di vita sconosciuta.

Le biciclette correvano
su strade polverose
portandosi via
la fanciullezza rimpianta.

Arriva il tempo
dell'adolescenza pensosa,
timidamente vedi comparire
le prime tristezze
nel chiuso di una stanza.

Ma io penso
ai motivi d'amore
che scandivano
i giorni sereni
di un'estate perduta
nel tempo.
 


5
Torna settembre
recando malinconica bellezza
e tornano
le spiagge deserte
dell'Adriatico.
Stanza d'albergo
angolo di sogni
di visioni
di lune sul mare
di chiarori
di paesaggi quieti
e sereni.
Stasera il vento si alza
e avverte con i nuvoloni
la fine di un'estate
trascorsa come le altre
in un cauto esistere disilluso
e solitario.
 


 

Ho riunito in questo post, cinque mie brevi poesie che sono nate dai miei ricordi più belli, relativi alla mia infanzia e, in minor misura, alla mia primissima gioventù. Alcuni anni or sono, spesso, mi succedeva di sognare ad occhi aperti; ciò mi riusciva soltanto quando andavo a frugare nei miei lontani ricordi, pensando a quando ero un bambino felice. Il periodo dell’anno che, a quei mitici tempi, coincideva con la più sfrenata felicità, era quello estivo; il motivo è facilmente comprensibile: d’estate, come tutti gli altri bambini, non andavo a scuola e, fortunatamente, neppure lavoravo; trascorrevo perciò le giornate all’aperto, soprattutto presso la casa dei miei nonni, insieme ad altri bambini che vivevano lì, divertendomi pazzamente anche con poco. L’ultima poesia si riferisce, invece, ai miei soggiorni in villeggiatura a Senigallia, quasi sempre all’inizio di settembre.


domenica 9 ottobre 2011

A ritroso

Felicità spensierata dell'età infantile, da quanto tempo ti ho perduto! Io ormai non vivo che del tuo ricordo non ancora sbiadito, bensì vivo, vivissimo...
Si correva sui campi di terra per calciare un pallone, tutto il mondo era nel sole, nelle rondini, nei giochi antichi.
Tempi miei, dove siete andati, in quale mondo io vi vedo attraverso occhi già stanchi, senza speranza...
Unica e vera vita mia, sei il cielo azzurro dove appare un ramo fiorito di primavera. Sei il vento che porta le foglie morte, la pioggia fresca che sa di terra.
Ogni giorno io torno nel paese che non tornerà.

sabato 8 ottobre 2011

Una croce di legno

Una croce di legno.
Un po' di terra smossa.
Non un fiore,
non un pianto,
solo qualche sguardo fugace.
Questo è il timbro
dei dimenticati.



Pur riconoscendo i miei evidenti limiti, anch'io ho avuto la sfacciataggine di scrivere dei versi. I primi risalgono a cinque lustri or sono, più o meno; fu, probabilmente, all'inizio dell'ultimo decennio del secolo scorso, ovvero quando nacque in me la passione per la poesia. Intitolai questo mio primo componimento Una croce di legno. È sicuro che non faticai più di tanto nel redigerlo, visto che è così breve da definirsi, più appropriatamente, un epigramma; d'altronde, all'epoca mi rincuorava il fatto che, celebri poeti come Ungaretti e Quasimodo, avessero scritto poesie più corte della mia. L'argomento riguarda i poveri morti dimenticati: coloro che hanno lasciato la vita in condizioni di povertà estrema e di solitudine totale. Tutto scaturì dalla mia prima visita al cimitero romano di Prima Porta, nel lontano 1985, in occasione della morte di mio nonno. All'interno del camposanto vidi un campo trascurato, con tante croci di legno; su alcune di esse c'era appeso un cartello che serviva ad identificare il defunto. Io domandai a mia madre il perché di quelle croci così scarne, e lei mi disse che, molto probabilmente, si trattava di persone morte in povertà. Per la verità, io, a ripensarci oggi, non sono affatto sicuro che fosse questa la spiegazione reale, e nemmeno sono a conoscenza di come vengano tumulate le salme dei poveri; fatto sta che quell'immagine rimase a lungo nella mia testa, insieme al pensiero di tutti quegli esseri umani, come i barboni, che concludono la loro misera esistenza completamente soli e privi di qualsiasi affetto; poi, appena morti e seppelliti, cadono nel dimenticatoio per sempre. Ebbene, a distanza di un lustro o poco più, quell'immagine ancora balenava nel mio cervello, così intensamente da farmi decidere di scrivere pochi versi (i primi) proprio sul tema dei morti dimenticati. Li riportai quindi su un'agenda vecchia, da me ritrovata e rispolverata tra gli oggetti in disuso dei miei genitori. In quest'agenda riportai anche molte ulteriori poesie trovate nei libri di scuola e non solo, insieme a qualche altra mia poesiola. I versi li scrivevo in stampatello, senza maiuscole o minuscole; i titoli delle poesie con la penna ad inchiostro rosso, il resto con la penna ad inchiostro blu. L'autore lo riportavo su una riga al di sotto dell'ultimo verso, sulla destra, in corsivo. Quando ricopiai la mia prima poesia, ebbi vergogna di firmarmi col vero nome, e allora adottai uno pseudonimo: Lamberto Barzeri; col medesimo nome mi firmai anche quando scrissi altri versi.





venerdì 7 ottobre 2011

Piccole e grandi emozioni

I primi raggi di sole del mattino sui muri delle case.
I luoghi dell'infanzia.
Le vecchie foto di persone care.
Rivivere con la mente le cose perdute per sempre.
Piangere di malinconia.
Le poesie di Giacomo Leopardi.
I quadri di Claude Monet.
L'Adagio di Tomaso Albinoni.
Un pesco fiorito.
Un prato tutto verde.
Il giardino pieno di fiori e di colori.
Il silenzio immenso del bosco.
Il rumore dei grilli durante una afosa notte estiva.
Una farfalla variopinta che si posa su di un fiore.
Un gattino che miagola.
I passerotti che beccano le mollichine sparse in terra.
I gabbiani sulla spiaggia.
Le rondini che volano nel cielo sereno.
L'arcobaleno.
Il mare che luccica in un caldo pomeriggio estivo.
Un tramonto sul mare.
La luna piena che riflette i suoi raggi sulle acque del mare.
Bere l'acqua che fuoriesce da una sorgente montana.
I grandi alberi che lentamente si muovono col vento.
Il sole visto attraverso gli intrichi dei rami di una pineta.
Un viale coperto di foglie gialle.
Il grigiore malinconico cittadino dopo un tramonto invernale.
La tristezza dei fanali illuminati in una sera autunnale piovosa.
La facciata di una bellissima chiesa in un mattino estivo.
Una rosa bianca.
Ritrovare un inaspettato divertimento nel gioco.
Le bolle di sapone che volano verso il cielo azzurro.
Il suono delle zampogne che intonano una canto natalizio.
Ricordare un sogno meraviglioso.



Tanto mi piacque certa poesia di Corrado Govoni, che, nel mio piccolo, provai ad imitarla. Per farlo m'ispirai ad un determinato tipo di composizione poetica, praticamente inventato dall'originalissimo poeta emiliano: una serie più o meno lunga di versi-frasi (definizione del critico Pier Vincenzo Mengaldo), che vogliono comunicare la meraviglia e l'emozione del poeta nell'osservare, nel sentire e nel ricordare determinati aspetti della natura e dell'umanità. Tra queste poesie, si possono citare Le dolcezze e Le cose che fanno la domenica, dalla raccolta Gli aborti (1907), e Le cose che fanno la primavera, da L'inaugurazione della primavera (1915). Infine, a proposito di Govoni, vorrei manifestare il mio rammarico per lo scarso interesse che oggi gode la sua ottima poesia; infatti, a parte qualche ristampa di libri usciti più di un secolo fa, ancora oggi non esiste un volume che raccolga la sua intera opera poetica, e questo è incredibile. Un'attenuante può essere individuata nel fatto che Govoni fu un poeta particolarmente prolifico, ma, comunque, si potrebbe trovare un modo di ripubblicare tutti i suoi versi, magari facendolo in vari libri e in vari anni. Con questi miei versi inauguro il blog I libri de la stanza ascosa.