Nacque a Torino nel 1903 e morì a Santa Fe nel 1933. Nipote del famoso antropologo Cesare Lombroso, Ferrero mostrò una precoce propensione agli studi letterari e, già nella primissima gioventù cominciò a scrivere e pubblicare versi, saggi e drammi. Collaborò a varie riviste tra le quali "Il Mondo", "Il Baretti" e "Solaria". In quest'ultima si mise in luce come uno dei migliori talenti letterari emergenti. Costretto ad abbandonare l'Italia perché contrario al regime fascista, si trasferì negli Stati Uniti, dove morì a soli trent'anni a causa di un incidente stradale. I suoi versi, in gran parte pubblicati su riviste, furono raccolti in volume dopo la sua morte.
Opere poetiche
"La catena degli anni", Nuove Edizioni Capolago, Lugano 1939.
Testi:
SUNNIO
Oh! Perché mai, nel silenzio d'opale, gli antichi naufragi,
mendicante di pace, mi risovvengono! Chino
sul precipizio, muoio in sogno, ed immobile è il mio
dolore come quel barco che il vento dimentica. Un gregge
pascola all'ombra dei capitelli sereni,
con un pigro romore di pioggia la piana è quieta
e malinconica come il semicerchio d'un mare
traversato. Oh! Dormire del sonno del golfo! Ma invano
portano il cielo le rosee colonne che àdula il sole,
se in questo rudere colmo di gioia, riso di pietre
mutilate, non trovo un angolo d'ombra che accolga
la mia vergogna di soffrire, cristiano smarrito
tra le memorie, in una lentissima sera d'esilio...
(Dalla rivista «Solaria», maggio 1932)
Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
domenica 11 ottobre 2015
domenica 4 ottobre 2015
Poeti dimenticati: Beniamino De Ritis
Nacque ad Ortona a Mare (Chieti) il 1° maggio del 1888 e morì a Roma il 12 agosto del 1956. Scrisse poesie soltanto nella prima gioventù, dapprima pubblicandole in riviste letterarie e poi in un volumetto intitolato "Nell'orto degli ulivi" in cui prevale decisamente la tematica francescana. Proprio nel periodo in cui compose questi versi (soprattutto sonetti), De Ritis frequentò il cenacolo letterario romano di poeti vicini a Sergio Corazzini, partecipando anche ad incontri memorabili tenutisi al Caffè Argano.
Opere poetiche
"Nell'orto degli ulivi", Officine Grafiche di Ortona a Mare, 1908.
Presenze in antologie
"La fiorita francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo 1926 (p. 159).
"Neoidealismo e rinascenza latina tra Ottocento e Novecento", a cura di Angela Ida Villa, LED, Milano 1999 (pp. 498-517).
Testi
SAN FRANCESCO DEI MONTI
O San Francesco, contro la minaccia
dei venti ed il furor delle tempeste,
propizio sopra le montane creste
veglia il magro profil della tua faccia;
mentre d'antiche visioni in traccia,
dischiudi gli occhi a un'estasi celeste,
e tra un largo respiro di foreste
apri, lodando, al tuo Signor le braccia.
Talor, salendo dalla valle lieta,
lungo le rupi scintillanti al sole,
del bianco polverio delle cascate,
un vol d'uccelli, innanzi a te s'acqueta
come se fosse per le vie nevate
persuaso da tue dolci parole.
(Da "Nell'orto degli ulivi", 1908)
Opere poetiche
"Nell'orto degli ulivi", Officine Grafiche di Ortona a Mare, 1908.
Presenze in antologie
"La fiorita francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo 1926 (p. 159).
"Neoidealismo e rinascenza latina tra Ottocento e Novecento", a cura di Angela Ida Villa, LED, Milano 1999 (pp. 498-517).
Testi
SAN FRANCESCO DEI MONTI
O San Francesco, contro la minaccia
dei venti ed il furor delle tempeste,
propizio sopra le montane creste
veglia il magro profil della tua faccia;
mentre d'antiche visioni in traccia,
dischiudi gli occhi a un'estasi celeste,
e tra un largo respiro di foreste
apri, lodando, al tuo Signor le braccia.
Talor, salendo dalla valle lieta,
lungo le rupi scintillanti al sole,
del bianco polverio delle cascate,
un vol d'uccelli, innanzi a te s'acqueta
come se fosse per le vie nevate
persuaso da tue dolci parole.
(Da "Nell'orto degli ulivi", 1908)
giovedì 24 settembre 2015
Antologie: Il canto strozzato
Il canto strozzato. Poesia italiana del Novecento (saggi critici e
antologia di testi a cura di Giuseppe Langella e Enrico Elli, nuova edizione
accresciuta, Interlinea, Novara 1997) è un'opera particolare, nel suo genere.
Si potrebbe definire metà saggio e metà antologia, visto che la parte dedicata
ai saggi critici occupa più della metà del volume (378 pagine su 616). Sebbene
la prima parte sia indubbiamente interessante, l'antologia ne esce assai
penalizzata. Molti poeti sono infatti mal rappresentati, visto che gli viene
concessa appena una pagina o due (e si tratta di nomi importanti come Fortini,
Gatto, Govoni, Jahier, Moretti, Onofri, Parronchi, Penna, Sinisgalli e Solmi);
ad altri invece (Gozzano e Ungaretti) viene riservato uno spazio ben più cospicuo.
Alla fine si riscontra che i poeti, ristretti in poche pagine, sono tanti (ben
96, dialettali compresi), troppo spesso rappresentati da una sola composizione
in versi (e alle volte questa è anche breve). Decisamente migliore è la parte
bibliografica ma non quella biografica, ridotta all'osso. Ho parlato della
seconda edizione di questa antologia; per quanto riguarda la prima (uscita nel
1995), direi che si differenzia soltanto per il minor numero di poeti
antologizzati. Ecco l'elenco dei poeti presenti nella parte antologica della 2°
edizione.
IL CANTO STROZZATO
Riccardo Bacchelli, Raffaello
Baldini, Nanni Balestrini, Fernando
Bandini, Giorgio Barberi Squarotti, Angelo Barile, Dario Bellezza, Attilio
Bertolucci, Carlo Betocchi, Piero Bigongiari,
Giovanni Boine, Gian Piero Bona, Franco Buffoni, Dino Campana, Cristina
Campo, Giorgio Caproni, Vincenzo Cardarelli, Bartolo Cattafi, Girolamo Comi,
Sergio Corazzini, Maurizio Cucchi, Gabriele D'Annunzio, Milo De Angelis, Libero
De Libero, Luciano Erba, Luigi Fallacara, Elio Fiore, Franco Fortini, Alfonso
Gatto, Virgilio Giotti, Giovanni Giudici, Alfredo Giuliani, Corrado Govoni,
Guido Gozzano, Adriano Grande, Tonino Guerra, Margherita Guidacci, Piero
Jahier, Franco Loi, Gian Pietro Lucini, Mario Luzi, Valerio Magrelli, Giancarlo
Majorino, Biagio Marin, Filippo Tommaso Marinetti, Alda Merini, Eugenio
Montale, Marino Moretti, Roberto Mussapi, Giampiero Neri, Mario Novaro, Giacomo
Noventa, Arturo Onofri, Giorgio Orelli, Elio Pagliarani, Aldo Palazzeschi,
Alessandro Parronchi, Giovanni Pascoli, Pier Paolo Pasolini, Cesare Pavese,
Elio Pecora, Sandro Penna, Albino Pierro, Antonio Porta, Antonia Pozzi,
Salvatore Quasimodo, Giovanni Raboni, Silvio Ramat, Clemente Rebora, Angelo
Maria Ripellino, Nelo Risi, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Amelia Rosselli,
Roberto Roversi, Umberto Saba, Edoardo Sanguineti, Camillo Sbarbaro, Gregorio
Scalise, Franco Scataglini, Rocco Scotellaro, Vittorio Sereni, Sandro
Sinigaglia, Leonardo Sinisgalli, Ardengo Soffici, Sergio Solmi, Maria Luisa
Spaziani, Delio Tessa, David Maria Turoldo, Giuseppe Ungaretti, Patrizia
Valduga, Diego Valeri, Giorgio Vigolo, Cesare Viviani, Rodolfo Wilcock, Andrea
Zanzotto, Valentino Zeichen,
domenica 20 settembre 2015
Poeti dimenticati: Alfredo Galletti
Nacque a Cremona nel 1872 e morì a Milano nel 1962. Critico letterario e docente di letteratura italiana in varie università, scrisse anche delle poesie che raccolse in un volume pubblicato nel 1903. Leggendolo si nota una stretta osservanza da parte dell'autore ai temi dei classici ma anche a quelli di Carducci e di Pascoli; d'altronde Galletti fu un fervente ammiratore e studioso di questi due poeti, a cui dedicò importanti saggi.
Opere poetiche
"Odi ed elegie", Zanichelli, Bologna 1903.
Presenze in antologie
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (p. 368).
"Antología della poesia italiana dei secoli XVIII e XIX", a cura di Ernesto Lamma, Neri, Bologna 1917 (pp. 297-300).
Testi
TRENO NOTTURNO
Mentre ansimando va per l'alta notte
Il ferreo treno, e a l'urlo, impaurito
Balza il cuore a un gentil sogno rapito,
E balenano l'ombre intorno rotte,
Le stelle in alto scintillando a frotte.
Navigli d'or del pelago infinito,
Vogan concordi ad un arcano lito,
Da ignoto cenno a ignoto porto addotte.
Così l'uomo e il suo sogno infermo e frale,
E il luminoso e puro astro remoto
Errano senza tregua in lor cammino:
Voler non rompe il gran cerchio fatale,
E tutto muove ad un destino ignoto
Del ciel sotto l'immenso arco divino.
(Da "Odi ed elegie")
LONTANANZA
Come pacato è il mare! ne 'l sole si stendono l'onde:
per le sue vie profonde non una vela appare.
Cupo è l'azzurro e uguale; il solco dov'è che segnava
la prua che ti recava lungi al terren natale?
solco, che gli occhi intenti seguian verso il cielo lontano,
molli e velati invano di lacrime cocenti,
Come la Vita, o solco, lieve tu segni l'abisso,
e a pena il flutto è scisso la nuova trama è ordita;
Vita, così tu fuggi, e l'onda ti copre d'oblio,
e d'immortal desio invan dentro ti struggi!
O Amor dolente, tale baleni su 'l nostro cammino,
ma il flutto del Destino copre il tuo solco frale.
(Da "Odi ed elegie")
Opere poetiche
"Odi ed elegie", Zanichelli, Bologna 1903.
Presenze in antologie
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (p. 368).
"Antología della poesia italiana dei secoli XVIII e XIX", a cura di Ernesto Lamma, Neri, Bologna 1917 (pp. 297-300).
Testi
TRENO NOTTURNO
Mentre ansimando va per l'alta notte
Il ferreo treno, e a l'urlo, impaurito
Balza il cuore a un gentil sogno rapito,
E balenano l'ombre intorno rotte,
Le stelle in alto scintillando a frotte.
Navigli d'or del pelago infinito,
Vogan concordi ad un arcano lito,
Da ignoto cenno a ignoto porto addotte.
Così l'uomo e il suo sogno infermo e frale,
E il luminoso e puro astro remoto
Errano senza tregua in lor cammino:
Voler non rompe il gran cerchio fatale,
E tutto muove ad un destino ignoto
Del ciel sotto l'immenso arco divino.
(Da "Odi ed elegie")
LONTANANZA
Come pacato è il mare! ne 'l sole si stendono l'onde:
per le sue vie profonde non una vela appare.
Cupo è l'azzurro e uguale; il solco dov'è che segnava
la prua che ti recava lungi al terren natale?
solco, che gli occhi intenti seguian verso il cielo lontano,
molli e velati invano di lacrime cocenti,
Come la Vita, o solco, lieve tu segni l'abisso,
e a pena il flutto è scisso la nuova trama è ordita;
Vita, così tu fuggi, e l'onda ti copre d'oblio,
e d'immortal desio invan dentro ti struggi!
O Amor dolente, tale baleni su 'l nostro cammino,
ma il flutto del Destino copre il tuo solco frale.
(Da "Odi ed elegie")
domenica 13 settembre 2015
I fiori nella poesia italiana decadente e simbolista
A parte i crisantemi,
i gigli e le rose per i quali ho predisposto capitoli a sé stanti, sono qui
riassunte delle poesie in cui compaiono dei fiori. I poeti simbolisti hanno
privilegiato alcuni di essi: gli asfodeli, le ninfee e le tuberose infatti
prevalgono su tutti gli altri. Ogni fiore ha una sua simbologia, e occorrerebbe
troppo tempo per specificare quali siano per ognuno di essi. Per tornare ai
soli fiori citati in precedenza, gli asfodeli sono una specie di gigli che,
secondo un'antica leggenda, servivano a consolare gli spiriti eletti dagli dei,
che avrebbero dovuto entrare nei Campi Elisi; rappresentano, quindi, un simbolo
funebre, dell'oltretomba. Le ninfee sono fiori che si trovano negli stagni, e,
pur vivendo in un luogo tutt'altro che lindo, non hanno mai i petali sporchi;
posseggono inoltre un profumo particolarmente intenso; tali elementi determinarono
la loro simbologia: la purezza e la verginità. Infine le tuberose sono sempre
associate alla sensualità, tanto è che, quando nelle poesie qui sotto elencate,
sono presenti questi fiori, vi è anche descritto il fascino femminile.
Poesie sull'argomento
Rosario Altomonte:
"Poema floreale. Le tuberose" in «Il Trionfo d'Amore», febbraio 1904.
Rosario Altomonte:
"Poema floreale. Le ninfee" in «Il Trionfo d'Amore», giugno 1904.
Diego Angeli:
"L'elleboro" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Sandro Baganzani:
"Fiori di Pasqua" in "Senzanome" (1924).
Gustavo Botta:
"I doni" in "Alcuni scritti" (1952).
Sergio Corazzini:
"Asfodeli" in "Dolcezze" (1904).
Giuliano Donati
Pétteni: "Motivo di primavera" in "Intimità" (1926).
Vincenzo Fago:
"Fior di mistero" in "Discordanze" (1905).
Enrico Fondi: "I
papaveri" in «Poesia», agosto 1905.
Giulio Gianelli:
"Battesimo" in "Intimi vangeli" (1908).
Cosimo Giorgieri
Contri: "I fiori del colchico" in "Primavere del desiderio e
dell'oblio" (1903).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Un fiore" in «Nuova Antologia», giugno 1908.
Domenico Gnoli:
"Fiori secchi" in "I canti del Palatino. Nuove solitudini"
(1923).
Corrado Govoni:
"Il garofano" in "Le Fiale" (1903).
Corrado Govoni
"Le violette", "I giaggioli", " Le tuberose",
"Edelweiss", "Magnolie", "Le azalee", "Le
peonie", "I ciclami" e "Gli aster" in "Gli
aborti" (1907).
Corrado Govoni:
"Fiori" in "Poesie elettriche" (1911).
Gesualdo Manzella
Frontini: "Ninfea" in "Novissima" (1904).
Tito Marrone: "Ne la pace del sol le rose sognano"
in "Cesellature" (1899).
Pietro Mastri:
"Fior di bella notte" e "Viola del pensiero" in "Lo
specchio e la falce" (1907).
Pietro Mastri:
"Il rosolaccio" e "Il girasole" in "La fronda
oscillante" (1923).
Enrico Panzacchi:
"Sinfoniale di maggio" in "Poesie" (1908).
Giovanni Pascoli:
"Pervinca" in "Myricae" (1900).
Romolo Quaglino:
"Circonfusa di gigli e tuberose"
in "I Modi. Anime e Simboli" (1896).
Romolo Quaglino:
"Fior d'anima" in "Fior' brumali" (1897).
Giacinto Ricci
Signorini: "Fior di gardenia" in "Poesie e prose" (1903).
Antonio Rubino:
"Ninfea" in "versi e disegni" (1911).
Francesco ed Emilio
Scaglione: "L'asfodelo" in "Limen" (1910).
Alice Schanzer:
"Primi ciclami" in "Motivi e canti" (1901).
Domenico Tumiati:
"La ghirlanda", "Violaciocche" e "La donna dei
tuberosi" in "Musica antica per chitarra" (1897).
Domenico Tumiati:
"Anemoni" e "Il rosaio" in "Liriche" (1937).
Mario Venditti,
"Similitudine" in "Il terzetto" (1911)
Testi
ASFODELI
di Sergio Corazzini
Madonna, se il cuore
v’offersi,
il cuore giovine e
scarlatto,
e se voi, con un
magnifico atto,
lo accettaste insieme
a’ miei versi
di fanciullo poeta, e
se voi
con l’olio del vostro
amore
teneste vivo il suo
splendore
e lo appagaste de’
suoi
capricci
assiduamente,
perché ieri lo
faceste
sanguinare, lo
faceste
lagrimare
dolorosamente?
Tutte le sue gocce
rosse
caddero a terra,
mute,
e poi che furono
cadute
il cuore più non si
mosse
e come per
incantamento
in ognuna fiorì un
asfodelo,
il triste giglio del
cielo
da l’eterno
ammonimento.
(Da
"Dolcezze")
NINFEA
di Antonio Rubino
Sui cieli di piropo
un volo d'ibi
s'allunga verso la
fumante duna:
riprende il
costellato èpos Varùna,
chinando il corso
agli orizzonti libi.
E tu, che di
tristizia ti cibi,
Ninfea, serpentello
di laguna,
che cangi il limo in
un pallor di luna,
cullando i pigri
amori degli anfibi,
guardi alla duplicata
inquietudine
delle stelle, che van
pei cieli a torme,
riflesse dalle iridee
paludi,
né più senti la breve
onda, che scivola,
e il contatto d'un
vermo, che s'addorme
nella coppa del tuo
fiore lascivo.
(Da "Versi e
disegni")
LA DONNA DEI TUBEROSI
di Domenico Tumiati
Dal candelabro
pendono
cinque lampade
accese:
in un buio paese
come fiaccole
splendono.
O splendore notturno!
o profumo improvviso!
Ella mi guarda fiso,
e piega il collo
eburno.
Le sue iridi
splendono
(i giardini vaporano,
i tuberosi odorano)
e le chiome ampie
scendono.
Il martirio è sottile,
e la donna lontana.
Dai cinque sensi,
ostile
torbida fiamma emana.
Che desiderio fiero
del giorno! ma
l'odore
dei tuberosi! e l'ore
sono a mezzo
sentiero.
Le cinque fiamme
splendono,
né si flettono mai:
sembrano i cinque rai
spade che un crine
fendono.
(Da "Musica
antica per chitarra")
Odilon Redon, "Bouquet of flowers in a green vase" |
domenica 6 settembre 2015
La finestra nella poesia italiana decadente e simbolista
La finestra
rappresenta la possibilità di osservare l'esterno, ovvero di guardare ed
interpretare la realtà. Se la finestra è chiusa, ovviamente vuole significare
una mancanza di interesse per ciò che accade "al di fuori", oppure
può palesare una rinuncia alla vita, o, ancora, rappresentare una perdita, la
fine di qualcosa. Quando la finestra è aperta, le immagini, gli odori e i
rumori provenienti dall'esterno possono trasmettere il trionfo della vita o, al
contrario, della morte. Spesso, soprattutto nei poeti crepuscolari, chi sta
alla finestra osserva paesaggi piovosi, che stanno a indicare una
interpretazione della realtà e della vita assolutamente negative, poiché
dominate dalla tetraggine e dalla noia. Vista dall'esterno, la finestra può
avere altre simbologie, spesso legate al mistero e all'amore (quest'ultimo
rappresentato da giovani e belle donne affacciate).
Poesie sull'argomento
Italo Mario Angeloni:
"Neve rossa" in "Il conquistatore" (1910).
Antonino Anile:
"Lontananza" in "Poesie" (1921).
Francesco Cazzamini
Mussi: "Convalescenza in settembre" in "Fogline d'assenzio"
(1913).
Sergio Corazzini:
"La finestra aperta sul mare" in "Le aureole" (1905).
Giuseppe Deabate:
"Finestra" in "Il canzoniere del villaggio" (1897).
Federico De Maria:
"La sua finestra" in "La leggenda della vita" (1909).
Lionello Fiumi:
"Due prigionieri" in "Polline" (1914).
Domenico Gnoli:
"Veglia" in "Eros" (1896).
Corrado Govoni:
"Su la mia finestra, la pioggia"
in "Armonia in grigio et in silenzio" (1903).
Corrado Govoni:
"Le finestre" in "Poesie elettriche" (1911).
Olindo Malagodi:
"La fronda alla finestra" in "Un libro di versi" (1908).
Guido Marta: "La
finestra aperta", "Finestra sul canale" e "Finestra sul
giardino" in "La neve in giardino" (1922).
Pietro Mastri: "Spesso, in qualche viucola sperduta"
in "La Meridiana" (1920).
Nicola Moscardelli:
"Finestra chiusa" in "La Veglia" (1913).
Nino Oxilia:
"Alla finestra mentre piove" in "Gli orti" (1918).
Aldo Palazzeschi:
"Le finestre di Borgo Tramontano" e "La finestra terrena"
in "Poemi" (1909).
Teresah:
"Mistero" in "Il libro di Titania" (1909).
Testi
LONTANANZA
di Antonino Anile
Son chiuse le
finestre de la nota
tua casa. Io passo
solo per la via,
con chiusa dentro
l'anima l'ombria,
che più m'invade,
d'una angoscia ignota.
Non un tempio
deserto, a cui non resta
un solo nume, un solo
altare, è triste
come ora la tua casa.
Non esiste
una tristezza al
mondo eguale a questa!
Tu sei lontana.
Piovono dolore
le finestre del tuo
vedovo lare;
io passo per la via
solo: e mi pare
che intorno pianga in
ogni cosa un cuore
umano, pianga
un'esistenza vinta,
pianga una parte
dell'anima mia,
Tu sei lontana. Io
passo per la via
solo e vivente d'una
vita estinta!
(Da
"Poesie")
ALLA FINESTRA MENTRE
PIOVE
di Nino Oxilia
Piove e la pioggia
lascia andare al vento
le sue chiome
leggere;
torce il vento i
capelli d'acqua; sento
l'anima a fili
torcersi e cadere.
I fili del telegrafo,
sottili
tagliano il muro in
faccia;
vanno le gocce
d'acqua sopra i fili
ad una ad una e l'una
e l'altra caccia.
Sono le vene
dell'abisso umano
questi fili;
imprecisi
nervi del sogno,
recano lontano
i pensieri degli
uomini divisi.
Che passa ora? Che
passa ora, nell'attimo,
sui fili paralleli?
Ecco il mio cuore,
umanità che batti
diversa in questo
stesso attimo i cieli!
Ecco il mio cuore!
Piove e l'acqua striscia
grigia nell'aria
scialba:
pensieri in corsa, io
vi darei la liscia
cava anima a riparo
fino all'alba.
Fino all'alba che
rida il sole. Andare
è bello, al sol, sui
ponti
sonori di ferrati
archi; passare
dalla gioia dei
liberi orizzonti
a città tumultuose
ove divine
parole e gesti iniqui
s'alternano nei
sottosuoli obliqui,
dentro ai palazzi e
dentro alle officine;
poi nel fumo oleoso
di bitume,
vomitato da gole
profonde, ritrovare
un altro fiume
e ribalzare nello
stesso sole...
andare è bello!
andare è bello! Ma
piove e i pensieri
vanno
sotto la pioggia
nell'oscurità
silenziosi verso un
nuovo affanno:
vanno, e le vene del
dolore umano
recano sotto i venti
i pensieri degli
uomini lontano,
i pensieri degli
uomini piangenti.
Che passa, ora, che
passa, ora, nell'attimo,
sui fili paralleli?
Ecco il mio cuore,
Umanità che batti
diversa in questo
stesso attimo i cieli.
Ecco il mio cuore! Dà
la pioggia al vento
le sue chiome
leggere;
torce il vento i
capelli d'acqua; sento
l'anima a fili
torcersi e cadere.
(Da "Gli
orti")
Carl Vilhelm Holsøe, "Waiting by the window" |
domenica 30 agosto 2015
Enrico Panzacchi: poeta tra il vecchio e il nuovo
Alcuni poeti italiani della seconda metà del XIX secolo, pur avendo doti non indifferenti, non hanno avuto adeguati riconoscimenti dalla critica, e oggi sono appena ricordati. Uno di questi è Enrico Panzacchi (Ozzano dell'Emilia, 1840 - Bologna, 1904), un letterato e un uomo di cultura a tutto tondo, che, oltre alla poesie, scrisse anche saggi critici relativi alla musica e all'arte in generale. Come poeta attraversò varie tendenze dell'epoca: fu in parte carducciano, risentì del clima decadente che già in Italia proponeva la poesia di D'Annunzio, fu influenzato dagli ultimi strascichi del romanticismo, e, infine, ispirò alcuni versi di Giovanni Pascoli (soprattutto quelli di Myricae). A mio avviso, la parte migliore della sua cospicua opera poetica, si trova in certi componimenti decadenti, che a volte mostrano dei toni melanconici, altre volte sensuali. Insomma il Panzacchi migliore va ricercato nelle liriche maggiormente tese verso la poesia emergente, il cui arrivo, sia lui che altri suoi coetanei, in modo indiretto e inconsapevole, favoriranno (mi riferisco, ovviamente, alla poesia dei crepuscolari). Seguendo quest'ultimo ragionamento ho selezionato tre componimenti in versi del letterato emiliano, tutti rintracciabili alla sezione intitolata Fantasie del volume ricapitolativo delle sue Poesie, edito da Zanichelli nel 1908.
Opere poetiche
"Piccolo romanziere", Ricordi, Milano 1872.
"Funeralia", Zanichelli, Bologna 1873.
"Lyrica", Zanichelli, Bologna 1877.
"Vecchio ideale", F.lli David, Ravenna 1879.
"Nuove liriche", Treves, 1888.
"Visioni e immagini", Zanichelli, Bologna 1894.
"Alma natura", Zanichelli, Bologna 1894.
"Rime novelle", Zanichelli, Bologna 1898.
"Cor sincerum", Treves, Milano 1902.
"Poesie", Zanichelli, Bologna 1908.
Presenze in antologie
"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (pp. 294-302).
"I Poeti Italiani del secolo XIX", a cura di Raffaello Barbiera, Treves, Milano 1913 (pp. 1201-1206).
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (pp. 212-213).
"La fiorita francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo 1926 (pp. 72-74; 104)
"Antologia della lirica italiana. Ottocento e Novecento", nuova edizione, a cura di Carlo Culcasi, Garzanti, Milano 1947 (pp. 107-108).
"Antologia della lirica contemporanea dal Carducci al 1940", a cura di Enrico M. Fusco, SEI, Torino 1947 (pp. 60-63).
"Poeti minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda, Bologna 1955 (pp. 178-179).
"Un secolo di poesia", a cura di Giovanni Alfonso Pellegrinetti, Petrini, Torino 1957 (pp. 119-122).
"Poeti minori dell'Ottocento", a cura di Luigi Baldacci, Ricciardi, Napoli 1958 (pp.1045-1055).
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 549-555).
"Poesia dell'Ottocento", a cura di Carlo Muscetta ed Elsa Sormani, Einaudi, Torino 1968 (volume secondo, pp. 2200-2222).
"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. 3, p. 188).
"Poesia italiana dell'Ottocento", a cura di Maurizio Cucchi, Garzanti, Milano 1978 (pp. 335-338).
"L'albero a cui tendevi la pargoletta mano", a cura di due anonimi, Mursia 1979 (p. 218).
"Bizantini e decadenti nell'Italia umbertina", a cura di Elsa Sormani, Laterza, Bari 1981 (pp. 72-78).
"Antologia illustrata della poesia", a cura di Elvira Marinelli, Giunti, Firenze 2001 (p. 353).
Testi
SOGNANDO
Nell'aria era un effluvio
di morte rose; ed io
camminava sui margini
del fiume dell'Oblio,
che con l'onda profonda
ripetea senza velo
gli alberi della sponda
e i puri astri del cielo.
A notte, in gran silenzio
dormian tutte le cose;
passavano, passavano
l'acque silenziose.
Ma dall'alta corrente
che le portava al mare
udia soavemente
una voce cantare
(era la bionda Ofelia
natante, addormentata
in mezzo al fiume, d'alighe
e fior campestri ornata):
«Sul flutto che mi porta
non splende mai l'aurora;
vo come foglia morta
verso ignota dimora.
Come la nebbia tenue
che mi lambe le chiome,
ondeggiando m'inseguono
fantasmi senza nome.
Dolce l'oblio; di Lete
alle dolcissim'onde
la stanca ala volgete,
anime vagabonde.
Quante la vita ha glorie,
quanti ha sogni l'amore,
la voluttà non valgono
del mio divin sopore».
Così sonava il canto
per la liquida via;
e, fascinato, intanto
col cuore io lo seguia.
Nell'aria era un effluvio
dolce di morte rose;
passavano, passavano
l'acque silenziose.
(Da "Poesie")
NELL'HOTEL NON C'È PIÙ ALCUNO
Nell'hotel non c'è più alcuno:
per le loggie, sulle scale,
sulle porte numerate
cala il vespro algido e bruno;
e quiete sepolcrale
tien le stanze inabitate.
Nelle stanze i bianchi letti,
ove il popol dei bagnanti
sognò il mare e l'allegria,
paion tanti cataletti
tristi, immobili, aspettanti
che il becchin li porti via.
Io, postremo abitatore
e novissimo cliente
dell'albergo abbandonato.
guardo all'ultimo chiarore
che dilegua in occidente;
guardo al mare ottenebrato.
Odo errar per le pareti
un sommesso favellio
che racconta arcane istorie;
e dai bianchi sepolcreti
del silenzio e dell'obblio
sorgon, sorgon le memorie.
Le memorie in lunghe schiere
passan, languide, il crin sciolto,
l'alma empiendo di sconforti;
e mi par di rimanere
freddo, esamine, sepolto
sotto un mucchio di fior morti.
(Da "Poesie")
TERRIBIL SIRENA INVERNALE
Par dentro alla neve, tra gli alberi,
la piccola casa sepolta.
Tu canti; e non sai nella tenebra
chi fuori, pensoso, t'ascolta;
t'ascolta cantare, cantare
in mesti volubili metri.
Rosseggian riflesse nei vetri
le fiamme del tuo focolare.
Ho freddo. Nei sensi, nell'anima
mi filtra un affanno mortale.
Tu evochi le care memorie,
terribil sirena invernale!
Danno echi d'angoscia e di pianti
gli avori del tuo pianoforte;
un tetro pensiero di morte
esala ne' dolci tuoi canti.
(Da "Poesie")
Opere poetiche
"Piccolo romanziere", Ricordi, Milano 1872.
"Funeralia", Zanichelli, Bologna 1873.
"Lyrica", Zanichelli, Bologna 1877.
"Vecchio ideale", F.lli David, Ravenna 1879.
"Nuove liriche", Treves, 1888.
"Visioni e immagini", Zanichelli, Bologna 1894.
"Alma natura", Zanichelli, Bologna 1894.
"Rime novelle", Zanichelli, Bologna 1898.
"Cor sincerum", Treves, Milano 1902.
"Poesie", Zanichelli, Bologna 1908.
Presenze in antologie
"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (pp. 294-302).
"I Poeti Italiani del secolo XIX", a cura di Raffaello Barbiera, Treves, Milano 1913 (pp. 1201-1206).
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (pp. 212-213).
"La fiorita francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo 1926 (pp. 72-74; 104)
"Antologia della lirica italiana. Ottocento e Novecento", nuova edizione, a cura di Carlo Culcasi, Garzanti, Milano 1947 (pp. 107-108).
"Antologia della lirica contemporanea dal Carducci al 1940", a cura di Enrico M. Fusco, SEI, Torino 1947 (pp. 60-63).
"Poeti minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda, Bologna 1955 (pp. 178-179).
"Un secolo di poesia", a cura di Giovanni Alfonso Pellegrinetti, Petrini, Torino 1957 (pp. 119-122).
"Poeti minori dell'Ottocento", a cura di Luigi Baldacci, Ricciardi, Napoli 1958 (pp.1045-1055).
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 549-555).
"Poesia dell'Ottocento", a cura di Carlo Muscetta ed Elsa Sormani, Einaudi, Torino 1968 (volume secondo, pp. 2200-2222).
"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. 3, p. 188).
"Poesia italiana dell'Ottocento", a cura di Maurizio Cucchi, Garzanti, Milano 1978 (pp. 335-338).
"L'albero a cui tendevi la pargoletta mano", a cura di due anonimi, Mursia 1979 (p. 218).
"Bizantini e decadenti nell'Italia umbertina", a cura di Elsa Sormani, Laterza, Bari 1981 (pp. 72-78).
"Antologia illustrata della poesia", a cura di Elvira Marinelli, Giunti, Firenze 2001 (p. 353).
Testi
SOGNANDO
Nell'aria era un effluvio
di morte rose; ed io
camminava sui margini
del fiume dell'Oblio,
che con l'onda profonda
ripetea senza velo
gli alberi della sponda
e i puri astri del cielo.
A notte, in gran silenzio
dormian tutte le cose;
passavano, passavano
l'acque silenziose.
Ma dall'alta corrente
che le portava al mare
udia soavemente
una voce cantare
(era la bionda Ofelia
natante, addormentata
in mezzo al fiume, d'alighe
e fior campestri ornata):
«Sul flutto che mi porta
non splende mai l'aurora;
vo come foglia morta
verso ignota dimora.
Come la nebbia tenue
che mi lambe le chiome,
ondeggiando m'inseguono
fantasmi senza nome.
Dolce l'oblio; di Lete
alle dolcissim'onde
la stanca ala volgete,
anime vagabonde.
Quante la vita ha glorie,
quanti ha sogni l'amore,
la voluttà non valgono
del mio divin sopore».
Così sonava il canto
per la liquida via;
e, fascinato, intanto
col cuore io lo seguia.
Nell'aria era un effluvio
dolce di morte rose;
passavano, passavano
l'acque silenziose.
(Da "Poesie")
NELL'HOTEL NON C'È PIÙ ALCUNO
Nell'hotel non c'è più alcuno:
per le loggie, sulle scale,
sulle porte numerate
cala il vespro algido e bruno;
e quiete sepolcrale
tien le stanze inabitate.
Nelle stanze i bianchi letti,
ove il popol dei bagnanti
sognò il mare e l'allegria,
paion tanti cataletti
tristi, immobili, aspettanti
che il becchin li porti via.
Io, postremo abitatore
e novissimo cliente
dell'albergo abbandonato.
guardo all'ultimo chiarore
che dilegua in occidente;
guardo al mare ottenebrato.
Odo errar per le pareti
un sommesso favellio
che racconta arcane istorie;
e dai bianchi sepolcreti
del silenzio e dell'obblio
sorgon, sorgon le memorie.
Le memorie in lunghe schiere
passan, languide, il crin sciolto,
l'alma empiendo di sconforti;
e mi par di rimanere
freddo, esamine, sepolto
sotto un mucchio di fior morti.
(Da "Poesie")
TERRIBIL SIRENA INVERNALE
Par dentro alla neve, tra gli alberi,
la piccola casa sepolta.
Tu canti; e non sai nella tenebra
chi fuori, pensoso, t'ascolta;
t'ascolta cantare, cantare
in mesti volubili metri.
Rosseggian riflesse nei vetri
le fiamme del tuo focolare.
Ho freddo. Nei sensi, nell'anima
mi filtra un affanno mortale.
Tu evochi le care memorie,
terribil sirena invernale!
Danno echi d'angoscia e di pianti
gli avori del tuo pianoforte;
un tetro pensiero di morte
esala ne' dolci tuoi canti.
(Da "Poesie")
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