martedì 20 gennaio 2015

Chiamò il mio cuore...

Chiamò il mio cuore, una mattina chiara,
con profumo di gelsomino, il vento.

- In cambio di questo aroma,
tutto l'aroma delle tue rose voglio.
- Non ho rose; fiori
nel mio giardino non ne ho più: sono tutti morti.

Porterò via il lamento delle fonti,
le foglie gialle e i petali appassiti.
Fuggì il vento... Il cuore sanguinava...
Anima mia, che hai fatto al tuo povero orto?




COMMENTO

Poesia di Antonio Machado (1875-1939) che possiede caratteristiche prettamente crepuscolari. In una bella mattina luminosa il poeta, che probabilmente si trova nel suo giardino, percepisce l'arrivo improvviso del vento che porta con sé un gradevole odore di gelsomino. Quindi, sorprendentemente e segretamente, il vento comincia a parlare rivolgendosi all'anima (il cuore) del poeta e gli propone una sorta di baratto: in cambio del suo aroma vorrebbe il piacevolissimo odore delle rose del suo giardino. Ma il poeta confida al vento l'impossibilità di un simile scambio, essendo il suo giardino completamente arido e, quindi, senza alcun fiore profumato. Si ripropone però di portare via le foglie ingiallite e i petali appassiti che coprono il suolo. Però il vento non prende in alcuna considerazione il tentativo del poeta e se ne va, lasciando quest'ultimo nella più completa desolazione (il cuore sanguinante). L'ultimo verso, che ne ricorda un altro famosissimo di Paul Verlaine, è insieme una domanda ed una triste constatazione: il poeta infatti chiede alla propria anima il motivo del suo inaridimento, il perché di una situazione esistenziale che non trova più alcun motivo per sperare e gioire, rimanendo assolutamente indifferente e inerte a qualsiasi spinta vitale.    

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