Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
martedì 12 marzo 2013
Similitudine
In mezzo all'erbe sfolte
agonizzano al sole
tutte quelle viole
che non furono colte.
Ed hanno la tristezza
di giorni non vissuti,
di baci non goduti,
di non dette parole
d'amor - quelle viole
che non furono colte
e che, prive di brezza,
morran tra l'erbe sfolte.
Questa poesia di Mario Venditti (1889-1964) fa parte della raccolta Il terzetto (Parrella, Napoli 1911), seconda opera in versi del poeta napoletano che in verità non ebbe molti estimatori e che oggi è assolutamente sconosciuto. Eppure la lirica sopra riportata, come altre dello stesso volume, non sono affatto da buttare. In Similitudine è piuttosto evidente l'associazione dei fiori con gli esseri umani: le viole "non colte", che rimangono a morire lentamente sotto il sole, rappresentano quelle persone che nella loro vita non hanno vissuto a pieno la loro esistenza per scelta personale, per paura o per chissà quale altro motivo; queste, come i fiori, continueranno ad esistere passivamente, per poi morire senza aver dato un vero significato al loro passaggio sulla Terra.
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