sabato 11 febbraio 2012

Antologie: "Dai nostri poeti viventi"


"Dai nostri poeti viventi" è il titolo di un'antologia curata da Eugenia Levi e uscita per la prima volta nel 1891 per gli editori Loescher e Seeber in Firenze. Una seconda edizione fu edita nel 1896 da Le Monnier, sempre in Firenze, e infine una terza, definitiva edizione venne pubblicata per l'editore Lumachi di Firenze nel 1903. È di quest'ultima versione (notevolmente aumentata rispetto alle altre) dell'opera della Levi che vorrei parlare in breve. È una selezione ampia e decisamente interessante dei migliori poeti italiani ancora in vita nel 1903: vi compaiono, tra gli altri, poeti molto famosi all'epoca e che ancora oggi sono molto considerati: parlo delle cosiddette "tre corone", ovvero Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli e Gabriele D'Annunzio; vi sono poi poeti importanti del secondo Ottocento come Vittoria Aganoor, Arrigo Boito, Domenico Gnoli, Arturo Graf, Enrico Panzacchi, Mario Rapisardi e Lorenzo Stecchetti; poeti giovani che in quel periodo erano ritenuti molto promettenti come Giovanni Cena, Giuseppe Lipparini, Pietro Mastri, Ada Negri e Francesco Pastonchi; quindi ve ne sono altri, più o meno conosciuti, tra i quali sorprende trovare anche i nomi di Luigi Pirandello e di Luisa Giaconi (quest'ultima non aveva ancora pubblicato alcun volume di versi). In tutto vi figurano 107 poeti viventi più altri 4 (Alessandro Arnaboldi, Felice Cavallotti, Contessa Lara e Enrico Nencioni) che, pur essendo scomparsi tra l'uscita della 2° e della 3° edizione dell'antologia, la curatrice ha voluto egualmente inserire. Ecco infine la lista di tutti i poeti inclusi nell'ultima edizione, dove stranamente sono presenti, come se fossero due poeti ben distinti, i nomi di Domenico Gnoli e di Giulio Orsini; in realtà il secondo è soltanto uno pseudonimo usato dallo Gnoli nella raccolta "Fra terra e astri" del 1903. Con molta probabilità, all'uscita della 3° edizione, la Levi ancora non era a conoscenza del fatto, come d'altra parte successe a molti critici, che giudicarono l'Orsini come un giovane poeta innovativo.
 
 
DAI NOSTRI POETI VIVENTI


Vittoria Aganoor, Sylvia Albertoni, Giuseppe Albini, Diego Angeli, Italo Mario Angeloni, Luisa Anzoletti, Avancinio Avancini, Alfredo Baccelli, Peleo Bacci, Ida Baccini, Raffaello Barbiera, Vittorio Benini, E. Augusto Berta, Vittorio Betteloni, Giuseppe Biadego, Ersilio Bicci, Arrigo Boito, Arnaldo Bonaventura, Edoardo G. Boner, Alinda Brunamonti-Bonacci, E. A. Butti, Tommaso Cannizzaro, Luigi Capuana, Giosuè Carducci, Antonietta Ceccherini, Giovanni Cena, Giovanni Alfredo Cesareo, Giuseppe Chiarini, Giovanni Chiggiato, Luigi Conforti, Corrado Corradino, G. Aurelio Costanzo, Gabriele D'Annunzio, Giuseppe Deabate, Edmondo De Amicis, Adolfo De Bosis, Angelina De Leva, Antonio Della Porta, Dario Emer, Severino Ferrari, Augusto Ferrero, Ugo Fleres, Antonio Fogazzaro, Ferdinando Fontana, Giuseppe Fraccaroli, Augusto Franchetti, Renato Fucini, Giuseppe Gargàno, Diego Garoglio, Luisa Giaconi, Giuseppe Giacosa, Elda Gianelli, Marianna Giarrè-Billi, Cosimo Giorgieri-Contri, Domenico Gnoli, Arturo Graf, Luigi Grilli, Cèlide Lancerotto, Giovanni Lesca, Giuseppe Lipparini, Giuseppe Manni, Giuseppe Mantica, Giovanni Marradi, Ferdinando Martini, Giuseppe Martinozzi, Pietro Mastri (Pirro Masetti), Guido Mazzoni, Guido Menasci, Domenico Milelli, Luigi Morandi, Mario Morelli, Vincenzo Morello (Rastignac), Ada Negri, Costantino Nigra, Domenico Oliva, Giulio Orsini, Luigi Orsini, Angiolo Orvieto, Enrico Panzacchi, Pasquale Papa, Giovanni Pascoli, Francesco Pastonchi, Armando Perotti, Giuseppe Picciòla, Giuseppe Pieroni-Levantini, Luigi Pinelli, Luigi Pirandello, Riccardo Pitteri, Mario Rapisardi, Corrado Ricci, Alberto Ròndani, Cesare Rossi, Giulio Salvadori, Antonio Scano, Alice Schanzer, Mario da Siena (Mario Martinozzi), Felice Soffrè, Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini), Ulisse Tanganelli, Giovanni Targioni-Tozzetti, Alfredo Testoni, Enrico Thovez, Angelo Tomaselli, Rosamunda Tomei-Finamore, Domenico Tumiati, Annie Vivanti, Antonio Zardo.
 

APPENDICE

Alessandro Arnaboldi, Felice Cavallotti, Contessa Lara (Evelina Cattermole), Enrico Nencioni.

Da "I quaderni di Malte Laurids Brigge" di Rainer Maria Rilke

Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino. Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lungi, a giorni d'infanzia che sono ancora inesplicati, ai genitori che eravamo costretti a mortificare quando ci porgevano una gioia e non la capivamo (era una gioia per altri), a malattie dell'infanzia che cominciavano in modo così strano con tante trasformazioni così profonde e gravi, a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto ciò.

venerdì 10 febbraio 2012

Poeti dimenticati: Giovanni Croce


Piatto anteriore di "L'anima di Torino"

Giovanni Croce nacque a Torino nel 1889 e vi morì nel 1911. Nella sua breve vita fece in tempo a pubblicare due raccolte di versi in cui si ritrovano quelle caratteristiche tipiche di certa poesia primonovecentesca di autori piemontesi quali Gozzano e Chiaves, dove l'ironia e un senso vago di malinconia predominano sul resto. Pregevole è soprattutto il secondo libro di versi del Croce: "L'anima di Torino", uscito pochi mesi prima della sua precoce scomparsa. Postume furono edite, a cura di Sandro Camasio e Nino Oxilia, le novelle dello scrittore torinese: "Il più dolce peccato" (1912).
 


Opere poetiche

"Sul limite della luce", Tip. Sella e Guala, Torino 1908.
"L'anima di Torino", Quintieri, Milano 1911.
 


Presenze in antologie


"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. I, p. 71).
"Torino Art Nouveau e Crepuscolare", a cura di Roberto Rossi Precerutti, Crocetti, Milano 2006 (pp. 130-134).
"Poeti per Torino", a cura di Roberto Rossi Precerutti, Viennepierre, Milano 2008 (104-107).
 


Testi


A MESSA

- Oremus - dice il prete da l'altare.
Ma le donne ciangottano discrete.
- Guarda la tale! - C'è anche un militare! -
- Ho giocato tre numeri, sapete? -

- Sanctus, Sanctus, Sanctus - continua il prete.
Ma le donne continuano a ciarlare.
- La novena di Maggio... - Ci credete?... -
- La ragazza fa presto a innamorare... -

Piccole risa corrono fra i banchi;
s'agitan veli, cuffie, falbalà
alcuni rossi, molti neri e bianchi.

Ed ecco: - Ite, missa est! - Un gran brusìo
di gente che segnandosi sen va
certa d'aver santificato Iddio.

(Da "L'anima di Torino")

Da "Memorie di un pazzo" di Gustave Flaubert

Oh! fui davvero un sognatore da fanciullo, un povero folle senza idee chiare, senza opinioni solide! Guardavo l'acqua scorrere tra le macchie arboree che chinano la loro chioma di foglie e lasciano cadere fiori, contemplavo dal mio lettino la luna sul suo fondo azzurro che illuminava la mia camera e profilava strane forme sulle pareti; provavo vere e proprie estasi dinanzi a un bel sole o a un mattino di primavera, con la sua nebbia candida, i suoi alberi fioriti, le sue margherite sbocciate.

(Gustave Flaubert, "Memorie di un pazzo", Newton Compton, Roma 1996, p. 28)

giovedì 9 febbraio 2012

Illusa gioventù

O gioventù, innocenza, illusioni,
tempo senza peccato, secol d'oro!
Poi che trascorsi siete
si costuma rimpiangervi
quale un perduto bene.

Io so che foste un male.
So che non foco, ma ghiaccio eravate,
o mie candide fedi giovanili,
sotto il cui manto vissi
come un tronco sepolto nella neve:
tronco verde, muscoso,
ricco di linfa e sterile.
Ora che, esausto e roso,
sciolto da voi percorsi in un baleno
le mie fiorenti stagioni
e sparso a terra vedo
il poco frutto che han dato,
ora che la mia sorte ho conosciuta,
qual essa sia non chiedo.
Così rapida fugge la vita
che ogni sorte è buona
per tanto breve giornata.
Solo di voi mi dolgo, primi inganni.


(da "Opere" di Vincenzo Cardarelli)
 

La gioventù è considerata come uno dei periodi più belli della vita umana, così ricca di intense e sincere passioni, di facili illusioni, d'entusiasmi e di vigore. Ma soprattutto la gioventù risulta sovente colma di speranze per il futuro; visto che la vita è ancora quasi tutta davanti, càpita spesso in giovane età di pensare che lungo il cammino dell'esistenza ci saranno sorprese meravigliose e impensabili. Vista da lontano, come spiega in questa poesia Cardarelli, ci si mostra nella sua reale fattezza, e può succedere che non ci riconosciamo più in quella persona che eravamo da giovani, o che non ci piacciano più le cose in cui credevamo, quello che facevamo e pensavamo. Constatiamo poi che il tempo è fuggito velocemente e le promesse della giovinezza non sono state mantenute. Rimane però, al di là di tutto, il rimpianto di quell'irripetibile periodo della nostra esistenza.
 

La villa chiusa


LA VILLA CHIUSA

Chiusa è la villa, chiusa immezzo al verde
del giardino diserto, ove traligna
ogni arbusto: tra fior spunta gramigna
folta, e li avvince, soffoca, disperde.

Or, poi che vien con sue dolcezze il Maggio,
poi che la terra tutta è in fiore, è in festa,
nel raggio che lo avvolge e lo ridesta,
anche il giardino si fa più selvaggio.

Mescon le aiuole i fior, gli alberi i rami
intralcian, con sì stretto allacciamento,
che sgiungerli non può forza di vento:
più verde cresce l'erba in su gli strami.

La glicinia s'allunga, con la fronda,
dai cancelli a la casa; e qua s'appiglia
ai balconi, pei muri s'attorciglia
e corona di fior tutta la gronda.

Così la villa del mio sogno, chiusa
fra tanta grazia, in un incanto è avvolta,
e quei che sosta e scruta avido e ascolta,
tutto di sé, del suo mister ricusa.

Io fantastico in un mio sogno intento.
non dorme la fanciulla in tra le mura?
non forse il cavalier senza paura
verrà a destarla da l'incantamento?
 
 
"La villa chiusa" è una delle poesie incluse nell'unica raccolta di versi di Carlo Chiaves (1882-1919) che uscì nel 1910 col titolo di "Sogno e ironia". L'argomento della villa chiusa e abbandonata è costante in certa poesia di gusto decadente e simbolista; per rimanere alla sola Italia, si potrebbero citare a tal proposito i nomi di Luigi Gualdo, Cosimo Giorgieri-Contri, Guelfo Civinini e Corrado Govoni, i quali nelle loro poesie, hanno più di una volta parlato di ville, case, palazzi spesso in rovina o comunque in abbandono, magari circondati da vasti giardini o da parchi, anch'essi in stato di degrado. Il significato intrinseco di questi soggetti va riferito sia al rimpianto di un passato felice (nel caso della poesia sopra riportata è il periodo infantile) sia alla figurazione dell'anima: un'anima disperata o almeno intristita, che l'edificio in rovina ben rappresenta.

mercoledì 8 febbraio 2012

Poeti dimenticati: Valerio Abbondio

Valerio Abbondio nacque ad Ascona nel 1891 e morì a Minusio nel 1958. Poeta ticinese, si laureò in Lettere a Friburgo per poi professare l'insegnamento fino a sessant'anni. Collaborò alla rivista "Pagine nostre" e pubblicò vari volumi di versi in cui si rileva, soprattutto nelle prime poesie, un intimismo nei temi e un classicismo nella forma; nelle opere della maturità la lirica di Abbondio tende maggiormente alla brevità ed alla musicalità.
 
 
Opere poetiche
"Betulle", Libreria Arnold, Lugano 1922.
"L'eterna veglia", Grassi e Co, Lugano 1928.
"Campanule", I. E. T., Bellinzona 1932.
"Il mio sentiero", I. E. T., Bellinzona 1936.
"L'intimo cielo", Tip. Ed. S. A., Lugano 1940.
"Silenzi", Melisa, Lugano 1943.
"Cerchi d'argento", Melisa, Lugano 1944.
"Cuore notturno", Mazzucconi, Lugano 1947.
 





Presenze in antologie
"Adunata della poesia", seconda edizione, a cura di Arnolfo Santelli, Editoriale Italiana Contemporanea, Arezzo 1929 (pp. 17-18).
"Antologia della Poesia Italiana Cattolica del Novecento", UPSCI, Roma 1959 (271-272).
"Cento anni di poesia nella Svizzera italiana", Seconda edizione, a cura di Giovanni Bonalumi, Renato Martinoni e Pier Vincenzo Mengaldo, Arnoldo Dadò, Locarno 1997 (pp. 81-91).