Il sole sul muro
dischiude
per ogni finestra
un sorriso,
e come ali di
paradiso,
due candide mani
ignude.
Le suore guardano
nel mattino
il primo fiore
che brilla
siccome una tenue
favilla
che incendierà
tutto il giardino.
Nell'ombra del
pesco e del melo
è il pozzo con
l'acqua che affiora
come un canestro
di cielo
che v'abbia
lasciato l'aurora.
Come rondini sul
nido infecondo
discorrono piano
le suore:
gran miracolo è
quel fiore
nato fuori del
mondo.
- È tempo di
vigilia, sorelle. È l'ora
delle vergini
cose:
quel piccolo
fiore che odora
è l'araldo delle
rose.
- Porta rugiada e
colore...
- Io vado a
sdraiarmi sull'erba per bere.
- Chissà che
dolce sapore
ha il pianto
delle primavere.
- Vedete? Un
serpe lo tocca:
e con che
tremante passione
lo bacia sulla
tenera bocca.
- Gli ruba il
sapor di stagione.
- Sorelle, è
dolce ogni fiore?
- Sa di miele...
poi di fieno.
- Ogni bocca ha
un suo sapore...
- Ogni serpe un
suo veleno.
- Un fiore
avvelenato
non mettetelo nel
mazzo dell'altare.
- Non ha colpa se
un serpe lo ha toccato.
- Non doveva
lasciarsi baciare.
- Poteva forse
fuggire?
- Doveva morire.
Frontespizio del volume poetico di Renzo Pezzani: "Lusignolo nel claustro" |
Questa poesia di
Renzo Pezzani fa parte della raccolta L'usignolo
nel claustro, pubblicata dall'editore Alpes di Milano nel 1930. La si trova
a pagina 29, all'interno della sezione intitolata Clausura. Come in parte spiega il titolo, al centro del
componimento in versi c'è la presenza di un fiore, sbocciato improvvisamente
all'inizio della primavera, nel giardino di un convento di suore. Quest'ultime,
una volta notato l'evento, si sono riunite per godersi quello spettacolo
naturale. Eccole allora fare i primi commenti, ricordando che è il periodo
particolare dell'anno in cui si assiste alla nascita di tutto ciò che è immacolato
e puro (delle vergini cose); quel
fiorellino, in tale contesto pre-primaverile, diviene un messaggero che
annuncia l'imminente arrivo di nuove e più consistenti fioriture. Ma, mentre
qualche suora già si allontana entusiasta per sdraiarsi sull'erba del giardino
in modo da percepire tutta la freschezza ed il sapore della rugiada
primaverile, ecco che un serpente si avvicina al fiore e, col muso, lo tocca
quasi volesse baciarlo. Le suore, rimangono inizialmente sorprese e sconcertate
dal nuovo fatto, quindi ricominciano a fare dei commenti; fino a che, qualcuna
di loro, con dire accusatorio fa presente che il fiore è stato contaminato dal
veleno di quell'orrido animale e quindi non deve essere còlto, né, tantomeno,
inserito in un mazzo di altri fiori sull'altare del convento. Qui nasce una
discussione sulla colpevolezza del fiore, come se quel vegetale fosse diventato
un essere umano che avesse perduto la sua verginità. Alcune suore affermano
l'innocenza del fiore, perché non poteva né fuggire né difendersi, altre, lo
accusano per il semplice fatto che non è morto subito dopo il bacio del rettile.
Quasi superfluo è aggiungere che il serpe rimanda alla Bibbia e, in
particolare, al diavolo in veste di serpente che tentò Eva nell'Eden. Evidente
mi sembra anche la simbologia del fiorellino, riferita alla purezza e al
candore delle giovani suore. Questa poesia, infine, molto ne ricorda un'altra,
più famosa, di Sergio Corazzini che s'intitola: Sonata in bianco minore. Anche lì l'ambientazione è offerta da un
convento di suore, le quali, emozionate per la presenza del sole nel cielo,
assente da molti giorni, accorrono nell'orto sottostante l'edificio e
cominciano a fare un vero e proprio discorso che comprende commenti, speranze e
sentenze esistenziali. È probabile perciò che Pezzani, nella stesura di Discorso su un fiore, si sia ispirato
alla lirica del poeta romano.