venerdì 16 marzo 2018

Discorso su un fiore


Il sole sul muro dischiude
per ogni finestra un sorriso,
e come ali di paradiso,
due candide mani ignude.

Le suore guardano nel mattino
il primo fiore che brilla
siccome una tenue favilla
che incendierà tutto il giardino.

Nell'ombra del pesco e del melo
è il pozzo con l'acqua che affiora
come un canestro di cielo
che v'abbia lasciato l'aurora.

Come rondini sul nido infecondo
discorrono piano le suore:
gran miracolo è quel fiore
nato fuori del mondo.

- È tempo di vigilia, sorelle. È l'ora
delle vergini cose:
quel piccolo fiore che odora
è l'araldo delle rose.

- Porta rugiada e colore...
- Io vado a sdraiarmi sull'erba per bere.
- Chissà che dolce sapore
ha il pianto delle primavere.

- Vedete? Un serpe lo tocca:
e con che tremante passione
lo bacia sulla tenera bocca.
- Gli ruba il sapor di stagione.

- Sorelle, è dolce ogni fiore?
- Sa di miele... poi di fieno.
- Ogni bocca ha un suo sapore...
- Ogni serpe un suo veleno.

- Un fiore avvelenato
non mettetelo nel mazzo dell'altare.
- Non ha colpa se un serpe lo ha toccato.
- Non doveva lasciarsi baciare.

- Poteva forse fuggire?
- Doveva morire.

Frontespizio del volume poetico di Renzo Pezzani: "Lusignolo nel claustro"


Questa poesia di Renzo Pezzani fa parte della raccolta L'usignolo nel claustro, pubblicata dall'editore Alpes di Milano nel 1930. La si trova a pagina 29, all'interno della sezione intitolata Clausura. Come in parte spiega il titolo, al centro del componimento in versi c'è la presenza di un fiore, sbocciato improvvisamente all'inizio della primavera, nel giardino di un convento di suore. Quest'ultime, una volta notato l'evento, si sono riunite per godersi quello spettacolo naturale. Eccole allora fare i primi commenti, ricordando che è il periodo particolare dell'anno in cui si assiste alla nascita di tutto ciò che è immacolato e puro (delle vergini cose); quel fiorellino, in tale contesto pre-primaverile, diviene un messaggero che annuncia l'imminente arrivo di nuove e più consistenti fioriture. Ma, mentre qualche suora già si allontana entusiasta per sdraiarsi sull'erba del giardino in modo da percepire tutta la freschezza ed il sapore della rugiada primaverile, ecco che un serpente si avvicina al fiore e, col muso, lo tocca quasi volesse baciarlo. Le suore, rimangono inizialmente sorprese e sconcertate dal nuovo fatto, quindi ricominciano a fare dei commenti; fino a che, qualcuna di loro, con dire accusatorio fa presente che il fiore è stato contaminato dal veleno di quell'orrido animale e quindi non deve essere còlto, né, tantomeno, inserito in un mazzo di altri fiori sull'altare del convento. Qui nasce una discussione sulla colpevolezza del fiore, come se quel vegetale fosse diventato un essere umano che avesse perduto la sua verginità. Alcune suore affermano l'innocenza del fiore, perché non poteva né fuggire né difendersi, altre, lo accusano per il semplice fatto che non è morto subito dopo il bacio del rettile. Quasi superfluo è aggiungere che il serpe rimanda alla Bibbia e, in particolare, al diavolo in veste di serpente che tentò Eva nell'Eden. Evidente mi sembra anche la simbologia del fiorellino, riferita alla purezza e al candore delle giovani suore. Questa poesia, infine, molto ne ricorda un'altra, più famosa, di Sergio Corazzini che s'intitola: Sonata in bianco minore. Anche lì l'ambientazione è offerta da un convento di suore, le quali, emozionate per la presenza del sole nel cielo, assente da molti giorni, accorrono nell'orto sottostante l'edificio e cominciano a fare un vero e proprio discorso che comprende commenti, speranze e sentenze esistenziali. È probabile perciò che Pezzani, nella stesura di Discorso su un fiore, si sia ispirato alla lirica del poeta romano.

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