A parte i crisantemi,
i gigli e le rose per i quali ho predisposto capitoli a sé stanti, sono qui
riassunte delle poesie in cui compaiono dei fiori. I poeti simbolisti hanno
privilegiato alcuni di essi: gli asfodeli, le ninfee e le tuberose infatti
prevalgono su tutti gli altri. Ogni fiore ha una sua simbologia, e occorrerebbe
troppo tempo per specificare quali siano per ognuno di essi. Per tornare ai
soli fiori citati in precedenza, gli asfodeli sono una specie di gigli che,
secondo un'antica leggenda, servivano a consolare gli spiriti eletti dagli dei,
che avrebbero dovuto entrare nei Campi Elisi; rappresentano, quindi, un simbolo
funebre, dell'oltretomba. Le ninfee sono fiori che si trovano negli stagni, e,
pur vivendo in un luogo tutt'altro che lindo, non hanno mai i petali sporchi;
posseggono inoltre un profumo particolarmente intenso; tali elementi determinarono
la loro simbologia: la purezza e la verginità. Infine le tuberose sono sempre
associate alla sensualità, tanto è che, quando nelle poesie qui sotto elencate,
sono presenti questi fiori, vi è anche descritto il fascino femminile.
Poesie sull'argomento
Rosario Altomonte:
"Poema floreale. Le tuberose" in «Il Trionfo d'Amore», febbraio 1904.
Rosario Altomonte:
"Poema floreale. Le ninfee" in «Il Trionfo d'Amore», giugno 1904.
Diego Angeli:
"L'elleboro" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Sandro Baganzani:
"Fiori di Pasqua" in "Senzanome" (1924).
Gustavo Botta:
"I doni" in "Alcuni scritti" (1952).
Sergio Corazzini:
"Asfodeli" in "Dolcezze" (1904).
Giuliano Donati
Pétteni: "Motivo di primavera" in "Intimità" (1926).
Vincenzo Fago:
"Fior di mistero" in "Discordanze" (1905).
Enrico Fondi: "I
papaveri" in «Poesia», agosto 1905.
Giulio Gianelli:
"Battesimo" in "Intimi vangeli" (1908).
Cosimo Giorgieri
Contri: "I fiori del colchico" in "Primavere del desiderio e
dell'oblio" (1903).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Un fiore" in «Nuova Antologia», giugno 1908.
Domenico Gnoli:
"Fiori secchi" in "I canti del Palatino. Nuove solitudini"
(1923).
Corrado Govoni:
"Il garofano" in "Le Fiale" (1903).
Corrado Govoni
"Le violette", "I giaggioli", " Le tuberose",
"Edelweiss", "Magnolie", "Le azalee", "Le
peonie", "I ciclami" e "Gli aster" in "Gli
aborti" (1907).
Corrado Govoni:
"Fiori" in "Poesie elettriche" (1911).
Gesualdo Manzella
Frontini: "Ninfea" in "Novissima" (1904).
Tito Marrone: "Ne la pace del sol le rose sognano"
in "Cesellature" (1899).
Pietro Mastri:
"Fior di bella notte" e "Viola del pensiero" in "Lo
specchio e la falce" (1907).
Pietro Mastri:
"Il rosolaccio" e "Il girasole" in "La fronda
oscillante" (1923).
Enrico Panzacchi:
"Sinfoniale di maggio" in "Poesie" (1908).
Giovanni Pascoli:
"Pervinca" in "Myricae" (1900).
Romolo Quaglino:
"Circonfusa di gigli e tuberose"
in "I Modi. Anime e Simboli" (1896).
Romolo Quaglino:
"Fior d'anima" in "Fior' brumali" (1897).
Giacinto Ricci
Signorini: "Fior di gardenia" in "Poesie e prose" (1903).
Antonio Rubino:
"Ninfea" in "versi e disegni" (1911).
Francesco ed Emilio
Scaglione: "L'asfodelo" in "Limen" (1910).
Alice Schanzer:
"Primi ciclami" in "Motivi e canti" (1901).
Domenico Tumiati:
"La ghirlanda", "Violaciocche" e "La donna dei
tuberosi" in "Musica antica per chitarra" (1897).
Domenico Tumiati:
"Anemoni" e "Il rosaio" in "Liriche" (1937).
Mario Venditti,
"Similitudine" in "Il terzetto" (1911)
Testi
ASFODELI
di Sergio Corazzini
Madonna, se il cuore
v’offersi,
il cuore giovine e
scarlatto,
e se voi, con un
magnifico atto,
lo accettaste insieme
a’ miei versi
di fanciullo poeta, e
se voi
con l’olio del vostro
amore
teneste vivo il suo
splendore
e lo appagaste de’
suoi
capricci
assiduamente,
perché ieri lo
faceste
sanguinare, lo
faceste
lagrimare
dolorosamente?
Tutte le sue gocce
rosse
caddero a terra,
mute,
e poi che furono
cadute
il cuore più non si
mosse
e come per
incantamento
in ognuna fiorì un
asfodelo,
il triste giglio del
cielo
da l’eterno
ammonimento.
(Da
"Dolcezze")
NINFEA
di Antonio Rubino
Sui cieli di piropo
un volo d'ibi
s'allunga verso la
fumante duna:
riprende il
costellato èpos Varùna,
chinando il corso
agli orizzonti libi.
E tu, che di
tristizia ti cibi,
Ninfea, serpentello
di laguna,
che cangi il limo in
un pallor di luna,
cullando i pigri
amori degli anfibi,
guardi alla duplicata
inquietudine
delle stelle, che van
pei cieli a torme,
riflesse dalle iridee
paludi,
né più senti la breve
onda, che scivola,
e il contatto d'un
vermo, che s'addorme
nella coppa del tuo
fiore lascivo.
(Da "Versi e
disegni")
LA DONNA DEI TUBEROSI
di Domenico Tumiati
Dal candelabro
pendono
cinque lampade
accese:
in un buio paese
come fiaccole
splendono.
O splendore notturno!
o profumo improvviso!
Ella mi guarda fiso,
e piega il collo
eburno.
Le sue iridi
splendono
(i giardini vaporano,
i tuberosi odorano)
e le chiome ampie
scendono.
Il martirio è sottile,
e la donna lontana.
Dai cinque sensi,
ostile
torbida fiamma emana.
Che desiderio fiero
del giorno! ma
l'odore
dei tuberosi! e l'ore
sono a mezzo
sentiero.
Le cinque fiamme
splendono,
né si flettono mai:
sembrano i cinque rai
spade che un crine
fendono.
(Da "Musica
antica per chitarra")
Odilon Redon, "Bouquet of flowers in a green vase" |