martedì 25 agosto 2015

Il padre, il figlio e il somarello

Andavano al mercato un povero padre con un povero figlio, e un somarello poledro; e, o fosse per ricreazione, o per far esercizio, o qualunque fosse la cagione,andavano a piedi. I passeggeri, che in quel giorno di mercato battevano in gran numero quella strada, in veder padre e figlio a piedi, dicevano: «Vedete là coloro: hanno la cavalcatura scarica e pagata, e si straccano, e rompon le scarpe fuor di proposito. Eh sciocchi! servitevi dell'occasione». Allora il padre disse al figlio: «Figlio, il mondo parla; monta a cavallo». Il figlio ubbidisce, e va a cavallo. Erano avanzati pochi passi; ed ecco alcuni altri con volto da beffe, «Vedete colui, giovane, forte, e ben'in gambe starsene comodamente a cavallo; e 'l suo povero padre fargli lo staffiere, e andar' a piedi: che bella creanza! Giù di lì!, dappoco». Allora il padre: «Figlio, vien giù, non facciamo dir' il mondo, e lascia che cavalchi io». Montato a cavallo il padre, sopravvennero altri passeggeri; e ancor qui trovarono a dire. «Oh bella cosa! colui che ha le ossa dure, e assuefatte alla fatica, farsi portare con tutta comodità; e quel povero garzoncello strascinarsi dietro. Che discrezione!». «Il mondo non è ancor contento; senti che brontolano del tuo stancarti? Monta a cavallo ancor tu, e faccianci portar tutti due». E così fecero. Credete voi perciò i passeggeri tacettero? Anche su questo trovarono a dire. «Mira quel povero somarello, ancor polledro, farlo crepar sotto il peso per strade erte e sassose, come son queste! Giù di lì, uomini più asini del vostro asino». «Torniam giù», disse il padre, «perché ci ridono addietro. Qui non resta altro che portiam noi quest'asinello ambedue su le nostre spalle». Così fecero. Ma, sentendosi trattar da matti, conchiusero finalmente, che non bisognava prendersi fastidio del dir degli uomini, e proseguirono il lor viaggio come a lor piacque.


NOTA. Questo testo fa parte del volume 1 delle opere di padre Carlo Ambrogio Cattaneo (1645-1705). Seppure non specificato in tale volume, si tratta di una trasposizione in italiano di un racconto in versi del favolista francese Jean de la Fontaine (1621-1695), presente in: "Favole, Libro terzo, I" col titolo: "Il Mugnaio, suo Figlio e l'Asino". A sua volta, La Fontaine, traspose in lingua francese il testo del favolista dell'antica Grecia Esopo (620 a.C.-564 a.C.) intitolata, probabilmente: "Il contadino, il figlio e l'asino".
Al di là delle origini di questo raccontino, mi piace sottolineare la grande saggezza e la incontrovertibile verità che esso racchiude. Chiunque abbia vissuto un po' in società, sa che i comportamenti degli esseri umani sono molto simili a quelli qui descritti: le critiche arrivano a chiunque, fosse anche la perfezione in persona. Giusto quindi l'apologo, in cui si consiglia di non badare mai alle dicerie della folla, comportandosi secondo la propria coscienza e secondo la propria volontà.
Col titolo medesimo del post, io l'ho ritrovato in un vecchio libro di scuola (foto in basso): "Nuova guida al comporre" di Angelo Bernardini, con il testo leggermente mutato rispetto a quello che ho riportato qui sopra.




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