Il bambino non conosce malizia, né falsità e malevolenza: quando parla, dice ciò che sente; se sorride è perché la gioia è dentro di lui. Il bambino ha occhi limpidi, e se ti guarda con insistenza lo fa soltanto per curiosità; quando ascolta la tua voce, cerca solamente di comprendere bene cosa gli stai dicendo. Il bambino vive in una terra che non è uguale alla tua: è qualcosa di simile ad un paradiso terrestre, dove non esiste il male e tanto meno l'odio. Ma l'infanzia non dura tutta la vita, e il bambino è destinato a diventare un adolescente, quindi un ragazzo e infine un uomo. I suoi occhi e la sua anima cambieranno velocemente, e da adulto perderà tutta la purezza e tutta l'innocenza che gli apparteneva. Pure, gli rimarranno i ricordi di quel periodo favoloso e irripetibile che viene chiamato fanciullezza; penserà spesso a quei giorni meravigliosi, che gli appariranno sempre più lontani. Si chiederà, quando giungerà quasi alla fine della sua esistenza, se valga la pena vivere tanti anni inutilmente, visto che le straordinarie sensazioni provate nell'età infantile sono qualcosa d'irripetibile.
L'INFANZIA IN 10 POESIE DI 10 POETI ITALIANI DEL XX SECOLO
FANCIULLEZZA
di Guido Cavani (1897-1967)
Io ricordo i giorni malandati,
i giorni ammalati
dietro grossi crepuscoli d'argento;
l'aria era pesa
d'umidità;
ed io avevo un sentore autunnale
d'erba nei panni
e croste di mota nei ginocchi,
avevo fatto i balocchi
con l'anima dei compagni.
Era d'oro il mio capo di bambino,
come la luna
lavata dalla pioggia,
che passava fra i boschi delle nubi.
Mia Madre chiamava dentro il buio
della casa ed io sazio
rispondevo al suo povero strazio
con gli echi.
(da "Poesie", Rebellato, Padova 1968, p. 17)
INFANZIA
di Ferdinando Cogni (1919-2007)
Ecco forse qual è la differenza
fra la vita di adesso e quella invece
che avevo da bambino. Allora tutto
mi appariva creato per l'eterno.
Ora su tutto vedo trasalire
un'ombra che m'attesta della fine.
(da "Motivi", All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano 1957, p. 10)
LA FANCIULLEZZA
di Giuseppe Cosmi (1913-1937)
Molti già fummo amici;
ora non più.
Lungo le foci, nei tramonti,
nudi trasparimmo:
piccole costole palesi
i nostri petti,
gioco di luci
il battito del cuore.
Tingeva i rami
il rosato della sera
in cui nidificava il nostro gioco.
La caduta ci rapiva
un grido, leggeri
uccelli in fuga.
A fior d'erba
pasturammo coll'alba
le rugiade, lungo le prode
ombrose ove fiorivano
le nostre mani
come pallidi gigli.
Il tempo era senza misura:
finché, riottosi, al giogo
d'una triste sorte avvinti
cercammo ad occhi sbarrati
la fuga delle ore.
Celammo entro le brevi
vesti ricche di strappi
la nuda felicità
delle folli corse
premiate di cadute.
Ci crollarono le spiche
dell'estate sulle strette spalle
e ci punsero il collo
d'un vivo desiderio.
11 Gennaio 1934-XII
(da "Liriche", Amazon Italia Logistica, Torrazza Piemonte 2023, pp. 26-27)
UN PO' DI FANCIULLEZZA PER TUTTI
di Luciano Folgore (Omero Vecchi, 1888-1966)
Un orso di stoffa bianca
con un lungo nastro di seta,
e un bimbo vestito di velluto rosso
che strascina il suo giuocattolo
sui marciapiedi dell'inverno dolce.
Tutti gli occhi guardano,
tutte le età dei passanti
si sporgono su questa
indifferenza dorata di bimbo,
che cammina
seguito da un piccolo tesoro di pezza.
E nell'aria
fili di malinconia
per l'infanzia perduta
da molti anni
nei minuti più densi,
nelle spirali concentriche del pensiero
desideroso d'un vertice
che non esiste.
Ma perché tanta tristezza?
E le nostre carrozze?
e le nostre donne belle?
e i fiori le piste le giostre
gli amori tra i sogni e i crepuscoli?
Bambole,
divertimenti,
giuocattoli.
Niente altro che questo.
Dunque avanti ancora,
per sempre,
con l'indifferenza dorata
del bimbo vestito di rosso,
che si trascina l'orso di pezza
per i lunghi marciapiedi della vita.
(da "Città veloce", La Voce, Roma 1919, pp. 70-71)
INFANZIA
di Alfonso Gatto (1909-1976)
Il bambino sorpreso alla finestra
della sera tranquilla, odorava
la leggerezza tepida dei fiori
sollevati nell’aria celeste.
Inquietamente raccoglieva il volto
in un silenzio scolorito
e calmo la sua vergogna ridonava
all’impalpabile sera
assiepata dall’erbe e dai tetti.
Sognava: nella piazzetta antica
la chiesa era un piccolo chiosco
con la bandierina allegra:
alla cupola di maiolica
s’illuminavano gli scarabei
sulle lastre d’acqua verdina.
Il silenzio dell’umido erboso
acquetava le scale,
i balconcini coi tralci, le stive
dei fondaci colmi di frutta.
Così s’accendeva il fanale,
a poco a poco aggregato dall’acque,
sulla laguna invernale.
Affondavano le case
in lontananze distrutte,
sgretolate senza rumore:
trasaliva il bambino invecchiato
intirizzito all’ombrello.
Andava a trovare i suoi morti
rinchiusi in armadi sconnessi:
traboccava allegra pioggia
sul piccolo porto di legno,
ed una gioia strana
lo flagellava col vento
in un presagio del mare.
(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2005, pp. 14-15)
FANCIULLEZZA NOSTRA E DELLE COSE
di Mario Luzi (1914-2005)
Smarrivamo la traccia dei destini
né profondi volti degli uomini sconosciuti,
il frutto delle stagioni
nel soffio che dà vani colori
ai capelli delle mamme, ai fiori;
la forza d'ignote passioni
nelle voci come fonti
inaridite, la morte
vicina alle palpebre assopite.
Vibrano leggere lune nelle notti straniere
e l'azzurra profondità dei venti sussurra
un'immensa maternità
pel tutto che è vivo, è distrutto.
Oh tanta fanciullezza è nelle cose
dolorose, tanta bramosia d'una mamma forte
che in seno come un caldo latte
d'amore sprema per ognuno la morte.
Dai borghi oscuri alle porte
le mogli guardano i dolci ritorni serali
nei pendii delle vigne autunnali e un giorno
un corpo pallido
affondar nella terra il seno inadorno.
(da "Poesie ritrovate", Garzanti, Milano 2003, p. 65)
INFANZIA
di Tito Marrone (Sebastiano Amedeo Marrone, 1882-1967)
Mi dono l'infanzia. La vivo
come non era, velata
fra tele di ragno, più ferme
dei vincoli d'una prigione.
Sento un arcobaleno
dal cielo alla terra. Chi canta?
Mia madre s'indora
nel sole che nasce.
Eternità della mia vita vera,
fiammante dentro mondi
sereni, ti raggiungo.
Ora, io vivo l'infanzia.
(da "Esilio della mia vita", Edizioni «Pagine Nuove», Roma 1950, p. 145)
INFANZIA
di Arturo Onofri (1885-1928)
Intreccio d'ombre e di rami
tutta una cosa col cielo!
Tre cornacchie che hanno il nido in un pino
strillano d'allegria per così poco.
C'è un sospiro d'aria appena,
una dolce calma di sole calato,
e nel cielo liscio una stella
che ammicca a un barchetto dorato.
Ecco la navicella
che scivola a fil di cielo
portando nell'aria serena
i sogni dei bambini
che intanto stanno a cena.
Che odore d'infanzia e di favole!
Misteri che sveglia la notte
venuta a sedersi sul mucchio di breccia...
Un calabrone in ritardo
traversa il viale come una freccia
e fila via pel cancello
verso i lumi che nascono là nel paesello
tra le campane allibite di paura
per non svegliar le civette
nei cipressi affacciati alle mura.
Zitti! La notte s'è sdraiata sul prato...
Con un dito nella boccuccia di rosa
mio figlio s'è addormentato.
(da "Orchestrine. Arioso", Neri Pozza, Venezia 1959, p. 105)
INFANZIA
di Sergio Ortolani (1896-1949)
Sei tu. Dall’ombra ancora a me ti attiro,
sfioro le trecce, gli occhi avidi, grandi.
Tu ti raccogli stretta al mio sospiro;
lagrimi, perché baci io ti domandi.
E ribeviamo in noi le acute voci
dell’infanzia, le risa della veglia,
le preci, i pianti timidi e precoci,
i primi canti al cuor che si risveglia.
Così amore ci avvolge e ci raddorme;
ma quando affranto io risalisco il giorno,
mi rubo in fretta alle tue dure forme,
e ti prego l’addio, non il ritorno.
Roma 1924-Napoli 1941
(da "Poesie 1914-1948", Mondadori, Milano 1957, p. 155)
INFANZIA
di Antonia Pozzi (1912-1938)
Il mare
alle finestre
cadeva.
Onde verdi infrante
tinnivano sui vetri.
Era antica
la casa.
A piedi scalzi
tu correvi gli scogli:
ti tuffavi
per rubare le vongole gettate
dai pescatori.
A mezzogiorno
dal balcone del palazzo
una campana chiamava a riva
la tua gioia assolata
di bambino.
3 marzo 1935
(da "Parole", Garzanti, Milano 1998, p. 236)
![]() |
Seymour Joseph Guy, "Who Is It?" (da questa pagina web) |
Nessun commento:
Posta un commento