domenica 5 dicembre 2021

Ofelia nella poesia italiana decadente e simbolista

 

Ofelia è un personaggio femminile della tragedia "Amleto" di William Shakespeare ed è stata sovente fonte d'ispirazione di importanti opere artistiche che vanno dalla musica al cinema, dalla pittura (a tal proposito si guardino le tele che raffigurano Ofelia i cui autori sono soprattutto pittori simbolisti) alla poesia. I simboli preponderanti legati al personaggio di Ofelia si collegano all'ingenuità, alla purezza e all'innocenza.

 

 

 

 

Poesie sull'argomento

 

Augusto Ferrero: "Ofelia" in "Nostalgie d'amore" (1893).

Francesco Gaeta: "La morta" in "Poesie" (1928).

Corrado Govoni: "Il castello di Ofelia" in "Poesie elettriche" (1911).

Gian Pietro Lucini: "Ophelia" in "Il Libro delle Imagini terrene" (1898).

Tito Marrone: "Ofelia" in "Cesellature" (1899).

Enrico Panzacchi: "Sognando" in "Poesie" (1908).

Guido Ruberti: "Ofelia" in "Le fiaccole" (1905).

 

 

 

 

Testi

 

 

 

OFELIA

di Guido Ruberti

 

                              Imitato da Mürger

 

Ell'era bionda e si chiamava Ofelia:

e come il puro e vago fiordaliso

cui Amleto prence fè la triste celia

era attesa fra i santi in paradiso.

 

Era una mite e candida fanciulla

docile a 'l padre e fervorosa a Dio;

dal suo lettuccio bianco come culla

era ben lungi ogni pensiero rio...

 

Siccome l'alba fresca e mattiniera

presta era sempre a le fatiche usate:

ginocchioni dicea la sua preghiera

chinando il capo su le man rosate.

 

Poi senza specchio il vago crine d'oro

ravvivava per sola acconciatura

e ritornando a l'umile lavoro

dissipava cantando ogni ria cura.

 

Visse così fino al vigesimo anno,

e per la terra la chiamavan fata;

qual mai blanda lusinga o scaltro inganno

può a tal vergogna averla trascinata?

 

Ell'è dal piedistallo omai discesa

ne 'l fango de l'impura ipocrisia,

il suo lettuccio s'apre su la via

e vi si recan gli ebri a far contesa.

 

Or ella canta una canzon lasciva

e di bianco e carmino va imbrattando

la fronte verginal che non ardiva

l'angel suo buono sfiorar tremando;

 

Ell'era bionda e si nomava Ofelia

e come il puro e vago fiordaliso

cui Amleto prence fè la triste celia,

era attesa fra i santi in paradiso.

 

         1902.

 

(da "Le fiaccole", Roux & Viarengo, Roma-Torino 1905, pp. 95-96)



George Everett Millais, "Ophelia" (dettaglio)
[da questa pagina web]






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