domenica 12 dicembre 2021

La pace in 10 poesie di 10 poeti italiani del XX secolo

 

Penso che la pace mondiale sia un'utopia, e che quindi mai si potrà verificare; perché la pace trionfi in ogni luogo della terra sarebbe necessario cambiare la natura dell'umanità, che, ahimè, è nata per guerreggiare, per odiarsi e per combattersi in tutti i modi possibili ed immaginabili. Eppure è necessario cercare la pace, dove e quando sia possibile, perché su una cosa siamo d'accordo: stare in pace comporta tutta una serie di conseguenze positive per chiunque. In queste dieci poesie non si parla soltanto di un tipo di pace: vi sono infatti inclusi dei versi che trattano della cosiddetta "pace interiore"; poi, ve ne sono altri in cui viene descritta una pace esteriore: del paesaggio circostante, molto utile a far sì che ne consegua un'altrettanta pace interna, dell'anima. Chiudo questo preambolo, augurando a tutti di vivere sempre in pace, con sé stessi e con gli altri.

 

 

LA PACE IN 10 POESIE DI 10 POETI ITALIANI DEL XX SECOLO

 

 

PAX

di Vittoria Aganoor (1855-1910)

 

Una donna velata e frettolosa

giunse là dove un popolo ribelle

un altro urgeva; e l'asta contro l'asta

cozzava, e correa sangue, tenebrosa

fiumana al lume delle rare stelle.

Protese ella le mani e sclamò: — Basta!

 

Da lungi allora, scarmigliate, a torme,

venner le madri, e curve sul terreno

tersero il sangue e i vulnerati forti

sorressero... La notte sull'informe

ruina, e delle fiaccole al baleno

un volto esangue o un cumulo di morti.

 

Non più, d'intorno agli stendardi eretti,

squilli e ruggir d'inferocita gente.

Solo qualche sospiro udiano i cieli

muti, o l'ansar degli anelanti petti.

Quando il dì sorse, vòlta ad oriente

gittò la donna frettolosa i veli

 

e apparve bianca e sorridente al sole.

La parola che disse unica e pura

echeggiò delle valli nel profondo,

suscitò rose alle cruente aiole,

mèssi ne' solchi, e dalla insania oscura

della guerra, impetrò libero il mondo.

 

(da "Poesie complete", Le Monnier, Firenze 1912, pp. 157-158)

 

 

 

 

SURSUM CORDA!

di Vittorio Amedeo Arullani (1866-1912)

 

O parola di pace, continenti

trapassa e i mari,

vola con la sonora ala de' venti

sui monti solitari.

 

Dona la sete del fecondo amore

largo e virile,

ne' petti infondi per l'uman dolore

una pietà gentile.

 

Combatti i secolari odî e la guerra

torva e minace,

placa gli eterni duellanti in terra,

o parola di pace.

 

Siam fratelli quaggiù. Sopra le offese

scenda il perdono,

e sian pronte le bocche ai baci, e tese

le mani, e il volto buono!

 

Dopo la violenta êra di lotte

o di rancori,

dopo la lunga procellosa notte

sia l'alba; e in alto i cuori!

 

(da "Pro Pace - Almanacco illustrato pel 1911", p. 94)

 

 

 

 

LA PACE

di Bruna (Clementina Laura Majocchi, 1866-1945)

 

Dammi la mano: un'ora, un'ora sola

resta con me, su queste pure cime.

Ascolta del silenzio la parola

che carezza, purifica e redime.

 

Il cielo bianco, come un bianco viso,

par si protenda su la terra in fiore

a respirarne il suo fresco sorriso,

a contarne ogni palpito d'amore.

 

E la vita è lontano, giù, lontano,

nel frastuono incessante de le strade,

ingombre da la torbida fiumana

di gente che si preme, ed urta, e cade.

 

Ma questo soffio di purezza, senti

come placa de l'anima il patire?

Non sembra forse su l'ali dei venti

il dono de la pace a noi venire?

 

(da «La Festa», agosto 1925)

 

 

 

 

LA PACE

di Luigi Grilli (1858-1931)

 

Con la preghiera che nei cuori intensa

Nutre, divino anelito, la Fede,

Genuflesso l'asceta a Dio la chiede

Se la infernal lo prema oste più densa.

 

E v'ha chi nella pia quiete immensa

Delle campagne in suo poter la crede;

Sopra monti inaccessi altri la vede,

o delle Selve negli orror la pensa.

 

Da l'ospitale ombrìa del Montenero

Shelley, cui troppo l'uman tedio increbbe,

La sognò un dì nel cerulo mistero

 

Del mar che amava, e, in un fatal momento

Giù negli abissi vagheggiati ei l'ebbe;

Io perché dunque, o mare, io ti pavento?

 

(da «Natura ed Arte», agosto 1909)

 

 

 

 

PAX ALMA

di Giovan Battista Menegazzi (1864-?)

 

Pace, sospiro de' cuori,

incarnazione de' sogni,

de' sogni de la bontà; Iri dai sette colori,

che il mondo visibile incanti,

e annunzi quello di là!

 

È ver che in questa bassura,

ove uman sangue fermenta,

e il vizio affonda il suo piè,

in notte lùgubre oscura

il lupo su l'agna s'avventa,

che invano implora mercé;

 

ma, da le olimpiche cime,

ove il nostr'animo aspira,

tu, con le tinte del sol,

inarchi il ponte sublime

che al ciel, sorridendo, congiunge

il nostro povero suol.

 

(da "Malinconia", F.lli Drucker, Padova 1908, p. 265)

 

 

 

 

LA PACE

di Marino Moretti (1885-1979)

 

I.

Giovami il tedio come lo sconforto,

come il leggiadro suono delle feste.

Mirando il cielo in sua leggéra veste

grande pace, gran perle di monili

inusitati, grande luce ò scorto.

Pur non ero al di là dai verdi aprili.

 

Nessuna opera è vana; ché gli incanti

ci servono di guida quando il sole

non teme il giogo delle nostre scuole.

Presto i sospiri diverranno larve

a cui l'anime nostre offriran canti.

Tutto io vidi nei dì: quel tutto sparve.

 

Ora io lodo. Passò gran melodia

di sogni sul mio capo. E pur non sono

come quegli che tiene il capo prono.

Viandante non sono, marinaro

non sono. E pur mi trovo sulla via

del bene, e l'orizzonte non m'è ignaro.

 

II.

Io lodo. Quanto mondo e quanto sole,

quanto sconforto e quanta nebbia io vidi

passarmi innanzi co' miei sogni fidi,

colle immagini dolci e tristi, colle

fantasie di conquiste e di parole!

Le mie semenze allor furon satolle.

 

E conobbi durezza di diaspro.

I misteri mi dettero lor fama.

Ogni lucidità divenne brama

nel mio spirito; e seppi ogni splendore.

Pur coll'ingombro d'un soave ed aspro

cielo, io risi, sentendomi signore.

 

E il mio riso squillò come la fonte

nella calma di cui conosco il velo.

Pei campi vasti risonò, pel cielo,

e in ogni sicurezza formò l'eco.

Ed ora la fatica di mia fronte

ricorda stille di un lavoro cieco.

 

(da "La sorgente della pace", Ducci, Firenze 1903, pp. 9-10)

 

 

 

 

QUANDO AVRAI PACE, ANIMA MIA, NEL SOLE?

di Arturo Onofri (1885-1928)

 

Quando avrai pace, anima mia, nel sole?

T'accerchiano avversarie ombre, astî, invidie,

smorfie e sorrisi ipocriti, ferocie

simulanti bontà; ma tu che vedi,

oltre il velo parvente, quel delirio

tormentoso che anela d’occultarsi

nell'inane sua maschera di carne,

col tuo silenzio tragico rispondi

implorando riscatto ai cuori schiavi.

Dal cerchio, che di tenebre ti stringe

sempre più nell'angoscia d'esser uomo,

tu puoi, volendo, liberar te stessa

a scampar nella gloria del tuo Regno,

ma la salvezza tua sarebbe inferno,

tradimento e ignominia del tuo sangue,

se abbandonassi i tuoi morti fratelli

all'infame avversario della vita.

Pace più non avresti, anche nel sole,

anima d’uomo confidata al mondo,

se non offri te stessa in olocausto

di gioia eterna, ai furori angosciati

che giustamente esècrano il tuo nullo

oscillamento, in cui vagheggi pace,

per la viltà di non negarti in Cristo.

Abnèga te, se vuoi trovarti eterna!

 

(da "Zolla ritorna cosmo", Buratti, Torino 1930, p. 104)

 

 

 

 

PACE

di Rina Maria Pierazzi (1873-1962)

 

L'ora più santa de l'amore è questa;

è questa l'ora in cui tutto riposa,

la testa bionda posa

sopra il mio cor, ché lungi è la tempesta.

 

Sentimi ancor: conobbi irrequiete

ore d'ambascia e lotte senza nome,

errai solinga come

foglia staccata dal materno abete.

 

L'altissimo silenzio dei severi

chiostri pensai, e la follia dei canti

e gemme scintillanti,

e il tirocinio degli studi alteri.

 

Piansi al bacio di un bimbo, carezzai

con reverenza una testina bianca,

ma sempre inferma e stanca

lungo la strada solitaria andai.

 

Ora, non più - su la mia fronte posa

la fronte sua - e dimmi che lontano

quel tempo andò, che invano

non sogna pace l'anima angosciosa.

 

Tutto è pace con te - anche 'l dolore

più non conosco: più non chiedo a Dio

un'ora sol d'oblio

perché l'oblio sei tu, povero amore.

 

Vieni... così: e della mia malfida

esistenza sii tu l'angel pietoso,

il faro luminoso,

la buona stella che rischiara e guida.

 

(da «L'Umbria», ottobre 1903)

 

 

 

 

IL GIORNALISTA

di Gianni Rodari (1920-1980)

 

O giornalista inviato speciale

quali notizie porti al giornale?

 

Sono stato in America, in Cina,

in Scozia, Svezia ed Argentina,

tra i Soviéti e tra i Polacchi,

Francesi, Tedeschi, Sloveni e Slovacchi,

ho parlato con gli Eschimesi,

con gli Ottentotti, coi Siamesi,

vengo dal Cile, dall’India e dal Congo,

dalla tribù dei Bongo-Bongo...

e sai che porto? una sola notizia!

Sarò licenziato per pigrizia.

Però il fatto è sensazionale,

merita un titolo cubitale:

tutti i popoli della terra

han dichiarato guerra alla guerra.

 

(da "Opere", Mondadori, Milano 2020, p. 55)

 

 

 

 

 PACE

di Alice Schanzer (1873-1936)

 

Lento il fumo s'inalza al cielo azzurro:

dintorno fiori e canti

di primavera, e il tremito e il sussurro

delle rose fiammanti

 

e delle fronde che l'abbraccian liete

come spose novelle

e le rinserrano in lor densa rete

su per ringhiere snelle.

 

Ne la penombra a me giunge la chiara

visione, e tra socchiuse

persiane appena, la carezza rara

del vento, e le confuse

 

voci gentili, come un sogno. Lieve,

simile al mite raggio

del sole, dal mio cor solve la neve

quella gloria di maggio.

 

Solve la neve e vi riporta fiori

vaghi di poesia,

e, coll'onda di luce e di colori,

l'ignota melodia

 

fremente occulta in ritmo misterioso.

L'anima ascolta quieta

sin che non dica il verso armonioso

dell'ebbrezza segreta.

 

E tutto s'abbandona mollemente

al novissimo incanto

il cuore, in sua gaiezza rinascente,

quasi ignaro del pianto.

 

Né le lotte ricorda e del presago

pensare l'amarezza:

al rapimento dell'istante pago,

la tranquilla bellezza

 

sente dell'ora, e più non chiede. Il volo

di rondini pel terso

cielo segue lo sguardo a stuolo a stuolo;

puro fluisce il verso.

 

A te, sacra stagione benedetta,

soavissima fata,

in un inno di grazie a te s'aspetta

la mia parola alata.

 

Tepida pioggia in arsa terra, scende

sul cuore tempestoso

la tua blandizia, e lo smarrito rende

sospirato riposo

 

a lui. Qual della madre il bacio pio

sopra una fronte ardente,

tu d'ogni affanno il celestiale oblio

rechi nel soffio aulente.

 

E l'impazienza del futuro altèra

e il desiderio audace

temperi in tua dolcezza, o primavera:

nel mio cuore è la pace.

 

(da "Motivi e canti", Zanichelli, Bologna 1901, pp. 23-26)

 


Charles Joshua Chaplin, "A Beauty with Doves"
(da questa pagina web)


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