domenica 8 novembre 2020

Poeti dimenticati: Domenico Milelli

 Nacque a Catanzaro nel 1841 e morì a Palermo nel 1905. Dopo aver studiato nella città natale e a Crotone, iniziò a girovagare per l'Italia stazionando in molte città italiane del nord, del centro e del sud. Visse sempre alla giornata, facendo i più disparati mestieri. L'ultima fase della sua esistenza risultò problematica, sia per i malanni che lo colpirono, sia per le disagiate condizioni economiche in cui si ritrovò. Fu poeta ribelle in tutti i sensi, pur mostrando alcuni accenti romantici. Va considerato tra i migliori autori di versi del secondo Ottocento italiano, malgrado risulti troppo spesso escluso dalle antologie che si occupano di questo specifico periodo storico. La sua opera poetica, difficilmente reperibile, si disperde in svariati volumi e volumetti, i cui editori furono spesso occasionali.

 

 

Opere poetiche

 

"Alcuni versi", Tip. del Pitagora, Catanzaro 1869.

"In giovinezza. Versi (1857-1873)", Tip. Asturi, Catanzaro 1873.

"Hjemalia", Milano 1877.

"Odi pagane", Galli, Milano 1879.

"Odi alla povertà", Bologna 1879.

"Canzoniere", Sommaruga, Roma 1883.

"Rime" (con lo pseud. di Conte di Lara), Sommaruga, Roma 1884.

"Nuovo canzoniere", Tip. F. Principe, Cosenza 1888.

"Rottami", L'Avvenire Letterario, Milano 1890.

"Risonanze", Pierro, Napoli 1891.

"Il libro del vespro", Tip. della Lotta, Cosenza 1894.

"Poemi antichi", Aprea, Cosenza 1894.

"Prometeo", Salvatore Marino, Cosenza 1899.

"Laocoonte", Aquila 1899.

"Poemi della notte", Tip. Piazza, Avola 1903.

"Kokodé. Rapsodia", Piccitto e Antoci, Ragusa 1903.

 

 


 

Presenze in antologie

 

"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (pp. 265-267)

"I Poeti Italiani del secolo XIX", a cura di Raffaello Barbiera, Treves, Milano 1913 (pp. 1246-1247).

"Poeti minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda, Bologna 1955 (p. 211).

"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (vol. III, pp. 185-194).

"Poeti della Scapigliatura", a cura di Mario Petrucciani e Neuro Bonifazi, Argalìa, Urbino 1962 (pp. 227-232).

"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 563-566).

"Poesia dell'Ottocento", a cura di Carlo Muscetta ed Elsa Sormani, Einaudi, Torino 1968 (pp. 1816-1822).

"Poeti della rivolta", a cura di Pier Carlo Masini, Rizzoli, Milano 1977 (pp. 129-138).

 

 

 

Testi

 

S'IO NON SOGNASSI MAI...

 

S'io non sognassi mai, se non potessi,

sull'ali azzurre de la fantasia,

volar, volare a' tuoi fervidi amplessi,

maliarda del core, o poesia;

 

se restare inchiodato io qui dovessi

a 'l nero scoglio de la vita mia,

a lottar sempre co' nemici istessi,

cui son parenti invidia e codardia;

 

se mi vietassi inebbriarmi a' tuoi

labbri stillanti, o Venere divina,

se Lieo mi negasse i doni suoi,

 

a' quattro venti anch'io ti griderei

cieca noverca e lurida sgualdrina;

anch'io, Natura, ti bestemmierei.

 

(da "Canzoniere", Sommaruga, Roma 1884, p. 25)

 

 

 

 

INCANTESIMO

 

Vorrei che il mondo tutto in un giardino

per opra di una maga si cangiasse,

e fosse sempre limpido mattino,

e fosse ovunque fiori ed olezzasse.

 

E, in mezzo a fior, vorrei di marmo fino

ch'alto un palagio e grande si levasse,

e te, del core mio sogno divino,

quivi la maga subito portasse.

 

Bianco e amante colombo io ne verrei

a insanguinar le penne e a franger l'ale

nel tuo verone e ti risveglierei.

 

Poi, nelle stanze tue cangiando aspetto,

te, core del mio cor, stringer vorrei,

trepidante d'amor, forte sul petto.

 

(da "Rime", Sommaruga, Roma 1884, p. 13)

 

 

 

 

DOLCE PASSATO

                        (da P. Bourget.)

 

  Dal tuo funebre talamo, rispondi,

qual magico potere or ti rileva

dolce passato, mentre incerta e scura

cala la notte? Sta pallor di morte

su la tua fredda bocca, e ne' tuoi grandi

occhi, che non àn guardo, io de le spente

speranze leggo la immutabil pace.

Pur te fantasma d'una vita umana,

te fantasma di un'anima radduce

a me Pietà. Tu dal profondo gorgo

de' dì, che furo tra le ceree dita

rechi la rosa de' ricordi colta

nel cimitero, dove dormon tutti

gli orgogli della forte giovinezza

e l'alte gioie e i ben diletti affanni.

Schiude la rosa i petali odorati

e vagamente le voci d'un tempo

tra i molli e malinconici profumi

ricantano le lor dolci canzoni.

 

(da "Risonanze", Pierro, Napoli 1891, p. 20)

 

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