martedì 17 novembre 2020

I gattici

 

E vi rivedo, o gattici d' argento,

nudi in questa giornata sementina:

e pigra ancor la nebbia mattutina

spuma dorata intorno ogni sarmento.

 

Già vi schiudea le gemme questo vento

che queste foglie gialle ora mulina:

e io che al tempo allor gridai «cammina»

ora gocciare il pianto in cor mi sento.

 

Ora, le nevi inerti sopra i monti,

e le stridule pioggie, e le lunghe ire

del rovaio che a notte urta le porte,

 

e i brevi dì che paiono tramonti

infiniti, e il vanire e lo sfiorire,

e i crisantemi, i fiori della morte.

 


 


Questo sonetto di Giovanni Pascoli l'ho trascritto dalla rivista Vita nuova del 17 novembre 1889. Con pochissime varianti (vedi foto in alto¹), entrò a far parte della raccolta più celebre del poeta emiliano: Myricae, a partire dalla seconda edizione che fu pubblicata nel 1892. Si tratta di una poesia malinconica, in cui Pascoli manifesta il suo pessimismo esistenziale. L'occasione è data dalla visione dei "gattici d'argento", ovvero dei pioppi bianchi, così chiamati perché presentano dei riflessi argentei nella parte inferiore delle foglie. La giornata, che il poeta definisce "sementina", è quasi sicuramente quella di un novembre inoltrato; ora gli alberi sono spogli, e il paesaggio è quello tipico autunnale, nebbioso, con il terreno pieno di foglie cadute. Queste immagini fanno sì che il Pascoli si lasci prendere da una intensa tristezza (e non a caso questa poesia fa parte della sezione intitolata Tristezze), e pensando agli alberi fioriti e rigogliosi che ricordava bene ai tempi della primavera trascorsa, medita sulle speranze e le illusioni giovanili (la primavera dell'umanità) e sulle rassegnazioni e le disillusioni dell'età matura (l'autunno dell'umanità); nelle due terzine del sonetto c'è una accurata descrizione della situazione climatica e meteorologica che contraddistingue il periodo dell'autunno già inoltrato: monti innevati; piogge frequenti e abbondanti (definite "stridule" nella versione in rivista e "squallide" nella raccolta citata); un forte vento di tramontana ("rovaio") insistente, che di notte fa sbattere le porte; e i giorni che, assai più corti e nuvolosi, sembrano dei lunghissimi tramonti a causa della scarsa luminosità che li caratterizza. Infine il poeta mette a confronto i tanti e colorati fiori della bella stagione ormai sfioriti e del tutto scomparsi, col crisantemo: tipico fiore autunnale che è facile trovare sopra le tombe dei cimiteri, soprattutto nel mese di novembre.

 

NOTE

1) La poesia ritratta dalla foto si trova alla pagina 132 del volume: Giovanni Pascoli, Poesie, Garzanti, Milano 1992 (XII edizione).

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