Tito Manlio Dazzi
nacque a Parma nel 1891 e morì a Padova nel 1968. Partecipò alla Grande Guerra
come volontario, fu professore e bibliotecario. Svolse anche l'attività di
critico letterario, narratore e poeta. Pubblicò varie raccolte di versi che
mostrano una iniziale tendenza al crepuscolarismo ed una finale simpatia per la
poesia neorealista.
Opere poetiche
"I
pensieri", Albrighi e Segati, Roma 1916.
"Le
prigioniere", Treves, Milano 1926.
"In
grigiorosa", Alpes, Milano 1931.
"I Caduti",
La Prora, Milano 1935.
"In riva
all'eternità", La Nuova Italia, Firenze 1940.
"Canto e
controcanto", Per gli Amici, Firenze 1952.
"Stagioni",
Neri Pozza, Venezia 1955.
"Erano già voli
di colombe", Cà Diedo, Venezia 1961.
Presenze in antologie
"L'Adunata della
poesia", 2° edizione, a cura di Arnolfo Santelli, Editoriale Italiana
Contemporanea, Arezzo 1929 (pp.CCXI-CCXIV).
"L'antologia dei
poeti italiani dell'ultimo secolo", a cura di Giuseppe Ravegnani e
Giovanni Titta Rosa, Martello, Milano 1963 (pp. 713-718).
"Le notti chiare
erano tutte un'alba", a cura di Andrea Cortellessa, Bruno Mondadori,
Milano 1998 (p. 397).
Testi
MULATTIERA FIN
Discese Fin, sdegnoso
della via,
per scorciatoie fra
rupi, sonoro
del bastone puntito e
delle scarpe
quadrate e
imbullettate. E alcuno disse
che la sua promozione
era alla fine
d'una strada sicura e
propria e buona
dalla Brigata al
fondo della valle.
Fin guardò il monte,
lo palpò, lo corse
per quella costa, e
la strada vi nacque,
come vi fosse stata
dentro, in poco.
Bella stradina, lungo
una parete
del verde
valloncello, e sinuosa
con i seni del monte,
e valicante
gli spacchi e i rivi
con le pietre a concio
in ripide scarpate, e
all'improvviso,
all'improvviso bianca
di pietrisco
fra rupi rotte e
spaurite, o bruna
di buona terra, che
certe radici
dalla spalletta
parevan chiamare
scortecciate «ahimè,
mamma». E sopra, un'ombra
di nocciuoli
selvatici e di spini.
Il Generale fu
contento. Allora
in sommo della strada
ecco che sorge,
strumento di tortura,
un mural bianco
con una bianca
tavoletta in cima.
- O Maresciallo, un
nome al tuo viale. -
E alcuno offerse un
lapis rosso-blu.
S'arrampicò il
Maresciallo, e con mano
di bimbo MULATTIERA
appena scrisse,
che - un fischio in
aria - il poverino cadde,
come una rondine
uccisa nel volo,
stecchito a mezzo la
sua bella strada,
le gambe aperte e le
braccia, per tutta
la sua larghezza. -
Oh, non è defilata -
si lamentava alcuno.
E il Generale
raccolse la matita,
allungò il braccio,
e aggiunse nella
tavoletta: FIN.
(Da "I
Caduti")
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