Quante sere passate in casa davanti alla TV! Quante altre trascorse sul posto di lavoro! Ma per ricordare le sere migliori occorre una volta di più andare a cercare nei tempi lontani. Allora tornano alla mente quelle sere trascorse in famiglia (quando esisteva ancora), quelle con i pochi veri amici, quelle con la fidanzata (quante promesse e quanti progetti costruiti insieme!) e, soprattutto, quelle dell'infanzia, quando la comparsa in cielo della luna e delle prime stelle facevano immaginare altri mondi, altra vita (quanto diversa da quella reale!)
PREGHIERA DELLA SERA
di Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini, 1845-1916)
De’ miei semplici padri antico Iddio,
Se vana ombra non sei,
Dio di mia madre in cui fanciullo, anch’io
Innocente credei:
Se pur tu scruti col pensiero augusto
De’ nostri cori il fondo,
Se menzogna non è che tu sia giusto
Con chi fu giusto al mondo,
Guarda: dell’agonia patir gli orrori
Ogni giorno mi tocca:
Guarda l’anima mia di che dolori
E di che fiel trabocca!
Abbrevia tu, se puoi, le maledette
Ore del mio soffrire,
Avventami, mio Dio, le tue saette:
Mio Dio, fammi morire!
(Da "Postuma", 1877)
SERA DELLA DOMENICA
di Sergio Corazzini (1886-1907)
Ora che li organi
di Barberia singhiozzano al Crepuscolo
li ultimi balli e le ultime canzoni
anche una volta, quasi una paura
folle di rimanere
soli nell’imminente ombra li tenga;
ora che i poveri
amanti hanno sepolta
nel cuore, senza piangere, la piccola
loro felicità domenicale,
e vanno muti
per il noto viale
al convegno dell’ultima tristezza;
ora che il pianto in maschera
di Sorriso
affetta ancora un’aria disinvolta
prima che scada il facile noleggio
dell’abito di gala;
ora che ne’ conventi e ne’ collegi
abbassano le lampade,
asciugano le lagrime,
e s’imagina che nel Paradiso
ogni giorno sarà
domenica;
ora che nei postriboli
le femine si lasciano baciare
cantando
il breve elogio funebre
della verginità;
il Poeta, ebro di morte,
viene a patti
con la Disperazione
che gli offre il domani con tutte
le sue piccole ire sorde,
le sue facili rassegnazioni,
mentre gli ride in faccia
perché non seppe ancora
morire di fame!
(Da "Libro per la sera della domenica", 1906)
SERA
di Arturo Graf (1848-1913)
Dalla chiesetta alpestre
Giunge il clamor dell’ora:
Al ciel che si scolora
Olezzan le ginestre.
Una quïete stanca
Scende implorata ai vivi:
La luce ai campi, ai clivi
Gradatamente manca.
Un vertice selvaggio,
Scabra, sassosa mole,
Riceve ancor del sole
Il moribondo raggio;
E sul pendio, raccolti
Dentro un recinto breve,
Sotto la terra greve
Riposano i sepolti.
Un divino silenzio
Tutte le cose ammanta,
E l’anime rincanta
Beverate d’assenzio.
Solo, tra l’erbe, il grillo,
Salutando la sera,
Scande la tiritera
Del suo gracile trillo;
Mentre dall’erme lande
Il mite odor del fieno
Sotto il cielo sereno
Lento s’eleva e spande.
Immortale favilla,
Nitida gemma ardente,
Espero in occidente,
Là, sulla selva, brilla.
In quell’innamorato
Lume il mio sguardo mira;
L’anima mia delira
Risognando il passato.
(Da "Rime della selva", 1906)
SERA D'INVERNO
di Mario Novaro (1868-1944)
Nell'aria fredda sottile
è un sentore d'arancio
che punge il cuore;
il mare nell'aria lieve invernale
à un suono più chiaro
più prossimo all'anima.
Un fuoco arde languido lontano,
là donde il sole,
oltre il mare,
s'è dileguato:
e sopra il rosso e giallo fulgore
stendonsi larghe fasce livide.
Perché rumorose strade dorate,
fioretti di bimbi con lor giuochi e gridi,
perché mi arridono ora?
Sulla trama degli odori
come pronti
rifioriscono i ricordi!
È più bella la vita vissuta
o più bella è
nel ricordo o nel sogno?
Oh questo sentore d'arancio
nell'aria pungente del vespro,
come ricerca l'anima!
L'anima che vorrebbe
struggersi a un desio che non cada,
e chiede se non vi sono
dolori più grandi più degni nel mondo,
e se à dunque la pena e il dolore un fondo?
Per un bene certo e vero
tu non daresti la vita?
ma v'è dunque nel mondo
questo polo dell'anima,
questo cielo dello spirito?
O perché l'anima umana
dentro la ruvida scorza
cela l'indomito ardore
che pronto, se raro, divampi?
Qui, qui, a noi accanto, amore,
pronto è il cómpito:
brucia e rivivi!
Pure, pure (osi dirlo?)
dolce la notte senza ombra di sogno,
dolce dormire, nel gran silenzio vanire,
non essere più,
non essere nulla,
non essere mai stato:
non ànno i savi sentito così
nei tempi lontani?
Ma come spegner potrebbesi
l'occhio insonne dell'essere,
o svellere la radice
dell'eterno desio?
(Da "Murmuri ed echi", 1912)
COME CENERE
di Angiolo Silvio Novaro (1866-1938)
Come cenere viola
La sera monotona cade
Lungo l'abbandonate strade.
Dai seni de' cieli ove l'anima vola
Sperduta,
Una tremula stella sola
Ti saluta
Ti consola.
(Da "Il cuore nascosto", 1920)
SERA SUL PO
di Francesco Pastonchi (1874-1953)
Quell'uomo che pesca, intento,
nel Po, non s'avvede
che tutto intorno gli cede
frana, si disfà, lento?...
il ponte, la riva, il colle...
Superga, come un fiore, là,
su un cumulo molle
d'azzurro!... E il fiume, che va,
se la porta via, senza
un murmure, senza
un'onda, così, allo sfacelo,
intorno a quel filo di lenza,
superstite, fra l'acqua d'argento
e l'immenso cielo.
(Da "Versetti", 1930)
ROSSO DI SERA
di Gherardo Del Colle (1920-1978)
Rosso di sera:
e tu bel tempo speri, anima mia!
Chiusi messaggi portano le nubi
da lontane riviere alla tua cella,
chiusi messaggi porteran le stelle
lungo la notte, e le fioche rugiade.
Ma, dalla strada, un po' di vento reca
al cuore, attento nella primasera,
il clamore festoso e i gridi acuti
dei ragazzi giocanti a moscacieca.
Gioia di bimbi, nella rossa sera:
come ti rassereni, vita mia!
(Da "Rosso di sera", 1946)
SERA D'AGOSTO
di Leonardo Sinisgalli (1908-1981)
Son qui stasera
dietro la ragnatela
che difende il Tuo trono:
ogni stella è meno di niente,
una mosca lucana lucente.
(Da "I nuovi Campi Elisi", 1947)
HO PAURA, LA SERA
di Giorgio Vigolo (1894-1983)
Ho paura la sera
solo all’imbrunire
quando s’aggrava
sulla mia anima il peso
della tristezza, ho paura
di traversare la strada,
che non s’allenti in quell’attimo
la mia ultima presa
alla vita; e una volontà
di sonno, più forte
di tutto, mi stenda
sul letto d’asfalto.
(Da "Linea della vita", 1949)
SERA DI GORGO
di Umberto Bellintani (1914-1999)
Ancora opache innanzi a questa
sera ed umane.
Ora sono delle anime viola
le figure d’intorno al carretto
di chi grida il bel rosso dell’anguria.
E l’asino è un’ombra che sogna
e mastica biada.
Là il cielo è un verde di giada;
una rondine vi si tuffa,
esce, si perde:
è quasi ora di accendere lucerne.
(Da "Forse un viso tra mille", 1953)
SERA D'ESTATE
di Antonio Rinaldi (1914-1982)
Fu lungo il giorno: ardeva
ai limiti dell'ombra; or nella sera
di nuovo fresca la casa fiorisce
e alla quiete del sonno si desta
mentre per acque profonde vanisce
brusìo diffuso, rumore di festa.
(Da "Poesie", 1958)
TABULA RASA?
di Luciano Erba (1922-2010)
È sera qualunque
traversata da tram semivuoti
in corsa a dissetarsi di vento.
Mi vedi avanzare come sai
nei quartieri senza ricordo?
Ho una cravatta crema, un vecchio peso
di desideri
attendo solo la morte
di ogni cosa che doveva toccarmi.
(Da "Il male minore", 1960)
SERA D’AVVENTURA
di Roberto Roversi (1923-2012)
Non puoi sempre cadere sul letto
come un animale abbattuto.
Questa sera camminerò lungo il fiume
dove l’aria è fresca
e il cipresso sbadiglia
accarezzando il cielo;
questa sera con Monica andrò
verso la città alta.
Là giunti, nel silenzio profondo,
rovesciata sul tenero boccio dell’erba,
io su lei riverso,
non ci sarà altro fuoco
che il fuoco del mio cuore
né altro cielo
che l’azzurro dei suoi occhi coperti di ombra.
Bianco corpo fra il verde.
Persi la memoria dei miei anni felici
e degli anni più tristi;
quiete tempesta lottavano
sopraffacendosi.
La nostra solitudine era meravigliosa.
Quando allentai le briglia
già un lungo cammino era percorso;
la creatura giaceva, fragile,
pallida
e nel suo labbro fioriva
un sorriso che non ho mai veduto.
L’alba avanzava
calpestando i fiori e le stelle del cielo;
io riemersi dai flutti
come l’eroe antico dopo la lotta col mare.
(Da "La raccolta del fieno", 1960)
Condivido con nostalgia la tua premessa: ricordo quelle serate estive da ragazzo a rincorrere le centinaia e centinaia di lucciole che svolazzavano silenziose. Sparite. E con esse, è scomparso un modo diverso di vivere la vita. un caro saluto
RispondiEliminaAnch'io ho l'impressione che i tempi passati siano stati migliori di quelli odierni. La nostalgia a quanto pare è una sorta di malattia psicologica. Ma, pur sapendo questo, rimane in me la netta impressione che tanti anni fa si vivesse in modo migliore rispetto ad oggi. Le lucciole, nei luoghi dove io ho vissuto la mia infanzia, già non esistevano più: sintomo preoccupante di un progressivo stravolgimento ambientale che ha causato e causa danni incalcolabili. Un caro saluto a te.
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