domenica 12 gennaio 2014

L'inverno in 10 poesie di 10 poeti italiani del XX secolo

Ecco dieci poesie italiane del secolo appena trascorso che parlano della stagione più fredda: l'inverno. Ci sono poeti che scrivono versi tristi perché vedono, con l'arrivo dell'inverno, la fine definitiva di ogni cosa bella e altri che sentono, a causa della stagione, crescere dentro di loro una inconsolabile amarezza. Ci sono poeti che, usufruendo delle atmosfere tipicamente invernali, sognano e fanno riaffiorare dolci ricordi lontani; altri ancora, in giornate in cui il freddo ed il maltempo si attenuano, parlano di visioni ultraterrene indimenticabili. C'è infine chi invita all'ottimismo pensando che il freddo e il gelo sono in breve tempo destinati a finire e che presto tornerà la primavera.



METEORA CONTEMPLATA DA UNA SCUOLA CAMPESTRE
di Fernando Bandini (1931-2013)

È questa l'ora
che una fredda meteora picchia agli usci
di remoti casali dichiarando il suo nome
in una lingua sconosciuta,
l'ora che la galassia
scende dai cieli e nell'aria si muta
in polverìo di neve.

Che la grande finestra dell'aula volta a nord
verso il bosco e la landa
con un piccolo tremito riceve
l'urto del vento. Fuori
c'è un rintocco remoto di campana,
c'è il fumo dei camini
che per un poco sale
diritto, poi si sbanda;

c'è un merlo sopra un ramo che trasecola
nel bianco tempo astrale:
lo guardano dai vetri i miei bambini
aprendosi una specola
tra i rabeschi del ghiaccio col calore
del fiato.

È l'ora che l'Europa si dimentica
dei suoi giorni di sole. La bufera
ha sepolto le basi della Nato
e più non fa rumore il passo degli eserciti
sulle strade del secolo innevato.

(Da "Meridiano di Greenwich", Garzanti, Milano 1998)





INVERNO
di Attilio Bertolucci (1911-2000)

Inverno, gracili sogni
sfioriscono sugli origlieri,
giardini lontani fra nebbie
nella pianura che sfuma
in mezzo alle luci dell'alba.
Voci come in un ricordo
d'infanzia, prigioniere del gelo,
s'allontanano verso la campagna:
ninfe dagli occhi dolci e chiari
fra gli alberi spogli, sotto il cielo grigio,
cacciatori che attraversano un ruscello,
mentre uno stormo d'uccelli s'alza in volo.
       
Là in fondo quella casa
che ospitale appare
coperta di bianco,
in un silenzio da fiaba.
E attraverso i vetri
si vede la fiamma rossa
nel caminetto vacillare.

I treni arrivano,
è domenica, è Natale?
Più non scende lieve
sulla terra la neve.

(Da "Poesie", Garzanti, Milano 1990)





UN DOLCE POMERIGGIO D'INVERNO
di Carlo Betocchi (1899-1986)

Un dolce pomeriggio d'inverno, dolce
perché la luna non era più che una cosa
immutabile, non alba né tramonto,
i miei pensieri svanirono come molte
farfalle, nei giardini pieni di rose
che vivono di là, fuori del mondo.

Come povere farfalle, come quelle 
semplici di primavera che sugli orti
volano innumerevoli gialle e bianche,
ecco se ne andavan via leggiere e belle,
ecco inseguivano i miei occhi assorti,
sempre più in alto volavano mai stanche.

Tutte le forme diventavan farfalle
intanto, non c'era piu una cosa ferma
intorno a me, una tremolante luce
d'un altro mondo invadeva quella valle
dove io fuggivo, e con la sua voce eterna
cantava l'angelo che a Te mi conduce.

(Da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 1984)





ECLISSE
di Libero De Libero (1906-1981)

L'inverno ha gelato la luna,
quella che dava agli ulivi
calore nel lungo settembre.
Erano puerili nel sonno
i cavalli all'albero amici
per la notte campestre.
Allora segreti al fiume
ci teneva silenzio di foglie:
esuli i nostri volti
dall'ordine celeste,
a nuova luce assorti.
Sui ciottoli morti
insieme l'affanno pativamo
dell'acqua, cresciuto. Quando,
al fischio del pastore sospetto
nella tana entrò la luna
e l'ombra a noi fu prato,
d'altro deserto m'era l'avviso.

(Da "Solstizio", Novissima, Roma 1934)





INVERNALE
di Oreste Ferrari (1890-1962)

Perché dobbiamo essere tristi?
Tutto non è perduto ancora!
Nella memoria ancor s'infiora
la stagion verde che ci ha visti

lieti nei prati che oggi sono
niveo sopore e indifferenza,
mentre dovunque la pazienza
dell'inverno è l'unico dono.

Sotto la neve il buio attende
il segno magico dell'anno.
Verrà il giorno! Rifioriranno
le più ineffabili leggende.

Sarà la nuvola rosata
del pesco apparso in cima al clivo,
il grido tenero e giulivo
della rondine alla nidiata.

Sarà il miracolo che fa
sorger dai bruchi le farfalle,
l'arcobaleno sulla valle,
o un viso: e la felicità.

(Da "Poesie", Tallone, Parigi 1956)





CANTO D'INVERNO
di Adriano Grande (1897-1972)

Canto d'inverno, terrore solenne,
scialbore immane che uccidi, è fuggita
ogni gioia serena della vita.
L'aria di nebbia è satura, gremita
di voci in pianto; e il vento le create
forme distrugge. Svanì quel che venne
ad illustrare i cieli dell'Estate...
Come lontana sei tu, Primavera!
Anche il ricordo ne ha perduto il cuore.
Ed esiliata in questo freddo orrore
l'anima aspetta, senza rifiatare,
non sa che cosa: se la morte o il sole.

(Da "La tomba verde", Buratti, Torino 1930)





INVERNO RINSECCHITO
di Leo Paolazzi (nome d'arte: Antonio Porta, 1935-1989)

Inverno rinsecchito
sotto sparse gelide nevi,
tra i cipressi e le case segnate dagli anni,
aggrappate a colline pietrose,
inverno del mio primo bacio,
con poche parole in accenno,
taciturno come i tuoi alberi senza fronde
e il volo breve timoroso del passero.

Stagione assorta
dove parlavo del vento
e le carezze di lei
intimorite, con le mani fredde,
con il cielo limpido
chiaro sopra di noi.

(Da "Calendario", Schwarz, Milano 1956)





A PUGNI CHIUSI
di Roberto Roversi (1923-2012)

Sento la stagione
cadere nei vicoli, annerire
con le bucce d’arancio;
stride adagio come un gatto ferito.
Non fui mai tanto solo
nella sera di un grigio, freddo inverno:
ascolta i battiti del mio cuore,
le mie segrete voci
(arrossisco a nominarle).

So che ad altri
la fortuna docile ha riso;
a volo, in un prato, con ali
gialle, l’afferrarono,
solitaria farfalla
inebriata di sole.
Sul mio libro non ho
che poche cifre e scarso guadagno,
né gazzetta che lecchi
con una grossa lingua di vitello
il mio volto in fiore.
Sgrondano bianche foglie sulla strada;
io mi torco e contrasto
mentre penso agli anni che non tornano.
Quand’ero giovane e forte
non m’accorgevo
che l’inverno era sui tetti.

(Da "La raccolta del fieno", Einaudi, Torino 1960)





INVERNO A LUINO
di Vittorio Sereni (1913-1983)

Ti distendi e respiri nei colori.
Nel golfo irrequieto,
nei cumuli di carbone irti al sole
sfavilla e s'abbandona
l'estremità del borgo.
Colgo il tuo cuore
se nell'alto silenzio mi commuove
un bisbiglio di gente per le strade.
Morto in tramonti nebbiosi d'altri cieli
sopravvivo alle tue sere celesti,
ai radi battelli del tardi
di luminarie fioriti.
Quando pieghi al sonno
e dài suoni di zoccoli e canzoni
e m'attardo smarrito ai tuoi bivi
m'accendi nel buio d'una piazza
una luce di calma, una vetrina.

Fuggirò quando il vento
investirà le tue rive;
sa la gente del porto quant'è vana
la difesa dei limpidi giorni.

Di notte il paese è frugato dai fari,
lo borda un'insonnia di fuochi
vaganti nella campagna,
un fioco tumulto di lontane
locomotive verso la frontiera.

(Da "Tutte le poesie", Garzanti, Milano 1986)





OGGI COL GIORNO
di Walter Valeri (1949)

Oggi col giorno è in cielo
il tanfo terso di un sole che va
cupo l'inverno così feroce e bianco
quasi volasse d'una luce mai usata

e così chiuso nei suoi vapori intensi
che pare un corpo sordo come zinco
e spinge il cielo e gli occhi già finiti
e stanchi nel buio di navata - giù!,

dov'è l'occhiata tristemente tinta
del nero interno che doloroso Goya
vomitò cantando!

(Da "Canzone dell'amante infelice", Guanda, Milano 1980)

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