domenica 19 maggio 2013

Il cuore nella poesia italiana decadente e simbolista


Il cuore, come si sa, è il muscolo fondamentale che permette di vivere a tutti gli esseri, siano umani o animali; in poesia è altrettanto fondamentale da sempre, e lo è anche in ambito simbolista e decadente, dove viene posto al centro dell'attenzione non di rado, ed è molto spesso collegato al sangue, ovvero il simbolo della vita; vita che, sempre parlando di poesia simbolista,  spesso viene a mancare per dissanguamento (a tal proposito si leggano le poesie sotto citate di Corazzini e di De Rubris). Qualche altro poeta (Cena) pone l'attenzione sul rumore che fa il cuore umano, paragonato al galoppo del cavallo e, più avanti, ad un altro galoppo simbolico: quello della morte che si avvicina (in riferimento a ciò si legga anche "Scalpitìo" di Giovanni Pascoli). C'è poi chi vede il cuore come una "vecchia pergamena" o un "nido che pia", chi spiega come nacque il cuore dell'intera umanità e chi lo vede ormai morto. C'è, infine, chi ne parla quale sinonimo di anima, ovvero la sede dei pensieri più profondi e intensi, delle passioni più forti e delle emozioni indimenticabili.



Poesie sull'argomento

Ugo Betti: "Il cuore sepolto" in "Il Re pensieroso" (1922).
Umberto Bottone: "Il mio cuore" in "Lumi d'argento" (1906).
Paolo Buzzi: "Al cuore" in "Aeroplani" (1909).
Luigi Capuana: "L'albergo del cuore" in "Semiritmi" (1888).
Giovanni Cena: "Il cuore" in "In umbra" (1899).
Sergio Corazzini: "Il mio cuore" in "Dolcezze" (1904).
Sergio Corazzini: "Rime del cuore morto" in "L'amaro calice" (1905).
Adolfo De Bosis: "Ho, dentro, un nido che pia?..." in "Amori ac silentio e Le rime sparse" (1914).
Federico De Maria: "Il primo cuore" in "La Ritornata" (1932).
Marcus De Rubris: "­Cuor che sanguina" in "La Veglia" (1910).
Luigi Donati: "Il Cuore Sincero" in "Le ballate d'amore e di dolore" (1897).
Alessandro Giribaldi: "Oh cuor mio fervido e puro!" in "Canti del prigioniero e altre liriche" (1940).
Remo Mannoni, "Cuore strano" in «Marforio», luglio 1903.
Enzo Marcellusi: "Il martirio" e "Crak sentimentale" in "I canti violetti" (1912).
Nicola Moscardelli: "Il funerale" in "La Veglia" (1913).
Nino Oxilia: "O mio cuore, o mio cuore..." in "Canti brevi" (1909).
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi: "Ai cuori solitari" in "Sonetti e poemi" (1910).





Testi

IL CUORE
di Giovanni Cena

Or mentre a me ricama
l'arte o rattoppa
alcuna futile trama,
un cavallo remoto galoppa.

Piano, come di state
su paglia o loppa
nell'aie già trebbiate.
È il mio povero cuor che galoppa.

È il mio cuore. Il destino
gli siede in groppa.
Sento: lontano vicino
lo scalpito fitto galoppa.

Animal generoso
era, di troppa
foga: oggi implora il riposo
Oh galoppa, galoppa, galoppa!

Ma il mostro che l'infrena
stringe e s'aggroppa
qual serpe, nè gli dà lena.
Oh galoppa, galoppa, galoppa!

Giovine, e quasi d'occhi
cieco, s'intoppa
e piegan fiacchi i ginocchi
O mio cuore, galoppa, galoppa!

Ma la morte sorgiunge
che non è zoppa.
L'ascolti? Più non è lunge
Non è lunge. Pur ella galoppa.

(Da "In umbra")

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