Tito Marrone |
Naufrago nella notte di Natale
in una scialba camera d'albergo
dinanzi alla candella
che guizza e fuma...
E, mentre si consuma
l’anima ad ascoltare il tristo vento
che schernisce sul tetto
la magra pioggia,
di là l’ostessa con la voce chioccia
litiga in suo gergo maledetto.
del mio paese,
s’inazzurra la messa di Natale,
brulicano i lumini dei presepi.
I Re Magi viaggiano
lungo le siepi,
dietro la stella di fili d’argento,
verso la capannuccia di Gesù:
brontola il vento e la neve vien giù.
Or dove mai sarà
quel piccolo pastore
che alla sua rammendata cornamusa
appendeva il mio cuore?
Dove, la stella di fili d’argento?
Dove son io fanciullo?
Il mio presepio è brullo,
abbandonato, spento.
La poesia sopra riportata è di Tito Marrone (Trapani 1882 - Roma 1967), poeta crepuscolare, autore di pochi volumi di versi e di qualche opera teatrale, oggi quasi dimenticato del tutto. "L'albergo" fu scritta dal poeta trapanese tra il 1904 ed il 1906, e avrebbe dovuto far parte di un libro intitolato "Poemi provinciali" che, pur se annunciato e preparato dal Marrone, rimase inedito. "L'albergo" comparve così per la prima volta soltanto nel 1957, in un'antologia di G. A. Pellegrinetti dal titolo "Un secolo di poesia". L'argomento di questi versi, come si può ben capire, è il Natale; una notte di Natale molto triste per il poeta, che si trova solo, in una stanza di un albergo di una città lontana dalla sua, lontano dai suoi cari e da qualunque persona amica. A rendere ancor più mogio l'evento natalizio ci si mette anche il cattivo tempo che, insieme alla voce minacciosa e irritata dell'ostessa, intenta in un'altra stanza a litigare con chissà chi, immette nell'animo di Marrone un grande desiderio di pace e di amore, che si aiuta a ricreare pensando ai lontani anni della sua infanzia, quando il Natale era una festa vera, fatta di tante piccole (e pur grandi) cose che ormai non esistono più, se non nella mente del povero poeta che le ricorda struggendosi.
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