Le confessioni di Jean-Jacques Rousseau (Ginevra 1712 – Ermenonville 1778) rappresentano qualcosa di veramente speciale nel panorama vastissimo della letteratura europea e mondiale. Si compongono di ben 12 libri, in cui lo scrittore elvetico ricorda i suoi primi 53 anni di vita. Cominciò a scriverle nel 1764, ma furono pubblicate postume, a partire dal 1782 (la seconda e ultima parte uscì nel 1789). Devo ammettere che io ho letto soltanto una piccola parte delle Confessioni; con tutto ciò sono rimasto affascinato dalla magistrale scrittura autobiografica di Rousseau, e, in certi frammenti (come quello che ho riportato qui sotto) mi ci sono perfettamente ritrovato.
Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
domenica 12 febbraio 2012
Da "Le confessioni" di Jean-Jacques Rousseau
sabato 11 febbraio 2012
Antologie: "Dai nostri poeti viventi"

DAI NOSTRI POETI VIVENTI
Vittoria Aganoor, Sylvia Albertoni, Giuseppe Albini, Diego Angeli, Italo Mario Angeloni, Luisa Anzoletti, Avancinio Avancini, Alfredo Baccelli, Peleo Bacci, Ida Baccini, Raffaello Barbiera, Vittorio Benini, E. Augusto Berta, Vittorio Betteloni, Giuseppe Biadego, Ersilio Bicci, Arrigo Boito, Arnaldo Bonaventura, Edoardo G. Boner, Alinda Brunamonti-Bonacci, E. A. Butti, Tommaso Cannizzaro, Luigi Capuana, Giosuè Carducci, Antonietta Ceccherini, Giovanni Cena, Giovanni Alfredo Cesareo, Giuseppe Chiarini, Giovanni Chiggiato, Luigi Conforti, Corrado Corradino, G. Aurelio Costanzo, Gabriele D'Annunzio, Giuseppe Deabate, Edmondo De Amicis, Adolfo De Bosis, Angelina De Leva, Antonio Della Porta, Dario Emer, Severino Ferrari, Augusto Ferrero, Ugo Fleres, Antonio Fogazzaro, Ferdinando Fontana, Giuseppe Fraccaroli, Augusto Franchetti, Renato Fucini, Giuseppe Gargàno, Diego Garoglio, Luisa Giaconi, Giuseppe Giacosa, Elda Gianelli, Marianna Giarrè-Billi, Cosimo Giorgieri-Contri, Domenico Gnoli, Arturo Graf, Luigi Grilli, Cèlide Lancerotto, Giovanni Lesca, Giuseppe Lipparini, Giuseppe Manni, Giuseppe Mantica, Giovanni Marradi, Ferdinando Martini, Giuseppe Martinozzi, Pietro Mastri (Pirro Masetti), Guido Mazzoni, Guido Menasci, Domenico Milelli, Luigi Morandi, Mario Morelli, Vincenzo Morello (Rastignac), Ada Negri, Costantino Nigra, Domenico Oliva, Giulio Orsini, Luigi Orsini, Angiolo Orvieto, Enrico Panzacchi, Pasquale Papa, Giovanni Pascoli, Francesco Pastonchi, Armando Perotti, Giuseppe Picciòla, Giuseppe Pieroni-Levantini, Luigi Pinelli, Luigi Pirandello, Riccardo Pitteri, Mario Rapisardi, Corrado Ricci, Alberto Ròndani, Cesare Rossi, Giulio Salvadori, Antonio Scano, Alice Schanzer, Mario da Siena (Mario Martinozzi), Felice Soffrè, Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini), Ulisse Tanganelli, Giovanni Targioni-Tozzetti, Alfredo Testoni, Enrico Thovez, Angelo Tomaselli, Rosamunda Tomei-Finamore, Domenico Tumiati, Annie Vivanti, Antonio Zardo.
APPENDICE
Alessandro Arnaboldi, Felice Cavallotti, Contessa Lara (Evelina Cattermole), Enrico Nencioni.
Da "I quaderni di Malte Laurids Brigge" di Rainer Maria Rilke
Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino. Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lungi, a giorni d'infanzia che sono ancora inesplicati, ai genitori che eravamo costretti a mortificare quando ci porgevano una gioia e non la capivamo (era una gioia per altri), a malattie dell'infanzia che cominciavano in modo così strano con tante trasformazioni così profonde e gravi, a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto ciò.
venerdì 10 febbraio 2012
Poeti dimenticati: Giovanni Croce
"Sul limite della luce", Tip. Sella e Guala, Torino 1908.
- Oremus - dice il prete da l'altare.
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Piatto anteriore di "L'anima di Torino" |
Giovanni Croce nacque a Torino nel 1889 e vi morì nel 1911. Nella sua breve vita fece in tempo a pubblicare due raccolte di versi in cui si ritrovano quelle caratteristiche tipiche di certa poesia primonovecentesca di autori piemontesi quali Gozzano e Chiaves, dove l'ironia e un senso vago di malinconia predominano sul resto. Pregevole è soprattutto il secondo libro di versi del Croce: "L'anima di Torino", uscito pochi mesi prima della sua precoce scomparsa. Postume furono edite, a cura di Sandro Camasio e Nino Oxilia, le novelle dello scrittore torinese: "Il più dolce peccato" (1912).
Opere poetiche
"L'anima di Torino", Quintieri, Milano 1911.
Presenze in antologie
"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. I, p. 71).
"Torino Art Nouveau e Crepuscolare", a cura di Roberto Rossi Precerutti, Crocetti, Milano 2006 (pp. 130-134).
"Poeti per Torino", a cura di Roberto Rossi Precerutti, Viennepierre, Milano 2008 (104-107).
Testi
A MESSA
Ma le donne ciangottano discrete.
- Guarda la tale! - C'è anche un militare! -
- Ho giocato tre numeri, sapete? -
- Sanctus, Sanctus, Sanctus - continua il prete.
Ma le donne continuano a ciarlare.
- La novena di Maggio... - Ci credete?... -
- La ragazza fa presto a innamorare... -
Piccole risa corrono fra i banchi;
s'agitan veli, cuffie, falbalà
alcuni rossi, molti neri e bianchi.
Ed ecco: - Ite, missa est! - Un gran brusìo
di gente che segnandosi sen va
certa d'aver santificato Iddio.
(Da "L'anima di Torino")
Da "Memorie di un pazzo" di Gustave Flaubert

(Gustave Flaubert, "Memorie di un pazzo", Newton Compton, Roma 1996, p. 28)
giovedì 9 febbraio 2012
Illusa gioventù
O gioventù, innocenza, illusioni,
tempo senza peccato, secol d'oro!
Poi che trascorsi siete
si costuma rimpiangervi
quale un perduto bene.
Io so che foste un male.
So che non foco, ma ghiaccio eravate,
o mie candide fedi giovanili,
sotto il cui manto vissi
come un tronco sepolto nella neve:
tronco verde, muscoso,
ricco di linfa e sterile.
Ora che, esausto e roso,
sciolto da voi percorsi in un baleno
le mie fiorenti stagioni
e sparso a terra vedo
il poco frutto che han dato,
ora che la mia sorte ho conosciuta,
qual essa sia non chiedo.
Così rapida fugge la vita
che ogni sorte è buona
per tanto breve giornata.
Solo di voi mi dolgo, primi inganni.
(da "Opere" di Vincenzo Cardarelli)
La gioventù è considerata come uno dei periodi più belli della vita umana, così ricca di intense e sincere passioni, di facili illusioni, d'entusiasmi e di vigore. Ma soprattutto la gioventù risulta sovente colma di speranze per il futuro; visto che la vita è ancora quasi tutta davanti, càpita spesso in giovane età di pensare che lungo il cammino dell'esistenza ci saranno sorprese meravigliose e impensabili. Vista da lontano, come spiega in questa poesia Cardarelli, ci si mostra nella sua reale fattezza, e può succedere che non ci riconosciamo più in quella persona che eravamo da giovani, o che non ci piacciano più le cose in cui credevamo, quello che facevamo e pensavamo. Constatiamo poi che il tempo è fuggito velocemente e le promesse della giovinezza non sono state mantenute. Rimane però, al di là di tutto, il rimpianto di quell'irripetibile periodo della nostra esistenza.
tempo senza peccato, secol d'oro!
Poi che trascorsi siete
si costuma rimpiangervi
quale un perduto bene.
Io so che foste un male.
So che non foco, ma ghiaccio eravate,
o mie candide fedi giovanili,
sotto il cui manto vissi
come un tronco sepolto nella neve:
tronco verde, muscoso,
ricco di linfa e sterile.
Ora che, esausto e roso,
sciolto da voi percorsi in un baleno
le mie fiorenti stagioni
e sparso a terra vedo
il poco frutto che han dato,
ora che la mia sorte ho conosciuta,
qual essa sia non chiedo.
Così rapida fugge la vita
che ogni sorte è buona
per tanto breve giornata.
Solo di voi mi dolgo, primi inganni.
(da "Opere" di Vincenzo Cardarelli)
La gioventù è considerata come uno dei periodi più belli della vita umana, così ricca di intense e sincere passioni, di facili illusioni, d'entusiasmi e di vigore. Ma soprattutto la gioventù risulta sovente colma di speranze per il futuro; visto che la vita è ancora quasi tutta davanti, càpita spesso in giovane età di pensare che lungo il cammino dell'esistenza ci saranno sorprese meravigliose e impensabili. Vista da lontano, come spiega in questa poesia Cardarelli, ci si mostra nella sua reale fattezza, e può succedere che non ci riconosciamo più in quella persona che eravamo da giovani, o che non ci piacciano più le cose in cui credevamo, quello che facevamo e pensavamo. Constatiamo poi che il tempo è fuggito velocemente e le promesse della giovinezza non sono state mantenute. Rimane però, al di là di tutto, il rimpianto di quell'irripetibile periodo della nostra esistenza.
La villa chiusa
Chiusa è la villa, chiusa immezzo al verde
del giardino diserto, ove traligna
ogni arbusto: tra fior spunta gramigna
folta, e li avvince, soffoca, disperde.
Or, poi che vien con sue dolcezze il Maggio,
poi che la terra tutta è in fiore, è in festa,
nel raggio che lo avvolge e lo ridesta,
anche il giardino si fa più selvaggio.
Mescon le aiuole i fior, gli alberi i rami
intralcian, con sì stretto allacciamento,
che sgiungerli non può forza di vento:
più verde cresce l'erba in su gli strami.
La glicinia s'allunga, con la fronda,
dai cancelli a la casa; e qua s'appiglia
ai balconi, pei muri s'attorciglia
e corona di fior tutta la gronda.
Così la villa del mio sogno, chiusa
fra tanta grazia, in un incanto è avvolta,
e quei che sosta e scruta avido e ascolta,
tutto di sé, del suo mister ricusa.
Io fantastico in un mio sogno intento.
non dorme la fanciulla in tra le mura?
non forse il cavalier senza paura
verrà a destarla da l'incantamento?
"La villa chiusa" è una delle poesie incluse nell'unica raccolta di versi di Carlo Chiaves (1882-1919) che uscì nel 1910 col titolo di "Sogno e ironia". L'argomento della villa chiusa e abbandonata è costante in certa poesia di gusto decadente e simbolista; per rimanere alla sola Italia, si potrebbero citare a tal proposito i nomi di Luigi Gualdo, Cosimo Giorgieri-Contri, Guelfo Civinini e Corrado Govoni, i quali nelle loro poesie, hanno più di una volta parlato di ville, case, palazzi spesso in rovina o comunque in abbandono, magari circondati da vasti giardini o da parchi, anch'essi in stato di degrado. Il significato intrinseco di questi soggetti va riferito sia al rimpianto di un passato felice (nel caso della poesia sopra riportata è il periodo infantile) sia alla figurazione dell'anima: un'anima disperata o almeno intristita, che l'edificio in rovina ben rappresenta.
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