Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
martedì 3 gennaio 2012
L'abito nella poesia italiana decadente e simbolista
Poesie sull'argomento
Giovanni Camerana: "Il velo nero" in "Poesie" (1968).
Guelfo Civinini: "L'abito viola" in "L'urna" (1900).
Federico De Maria: "Guardaroba" in "Poesia", novembre 1908.
Francesco Gaeta: "Quando è piovuto su l'estate afosa" in "Soneti voluttuosi e altre poesie" (1906).
Corrado Govoni "Le sete" in "Gli aborti" (1907).
Arturo Graf: "La feluca" in "Dopo il tramonto" (1893).
Fausto Maria Martini: "Elegia del primo abito decoltè" in "Tutte le poesie" (1969).
Marino Moretti: "Strascico" in "Poesie di tutti i giorni" (1911).
Solone Muti: "Vieux chiffon" in «La Settimana», giugno 1902.
Aldo Palazzeschi: "Il manto" in "I cavalli bianchi" (1905).
Aldo Palazzeschi: "Frate Rosso" in "Poemi" (1909).
Enrico Panzacchi: "Una sera a Venezia" in "Poesie" (1908).
Romolo Quaglino: "Le etere strette in vesti di broccato" in "I Modi. Anime e simboli" (1896).
Salvatore Quasimodo: "Cilicio" in "Notturni del re silenzioso" (1989).
Fausto Salvatori: "Fasciata dalla tua veste..." in "In ombra d'amore (1929).
Domenico Tumiati: "Rosea veste" in "Musica antica per chitarra" (1897).
Testi
QUANDO E' PIOVUTO...
Quando è piovuto su l'estate afosa
e, a spopolar le notti di falene,
vento nevato da le alture viene,
tu t'avviluppi d'uno sciallo rosa.
Come più caldo allor, mia freddolosa,
penso e di forme più fragranti e piene
il nido de 'l tuo petto, ove sì bene
morrei, dove a svernare Amor si posa!
T'affacci a sera, e tra i dormenti fiori
(t'arde a l'orecchia il lume un diamante)
fingon frugar le inanellate mani:
dentro, odo un suon di cembalo; e di fuori,
morendo da 'l piacer d'esserti amante,
te che susurri a 'l mio balcon: «Domani...»
(Da "Sonetti voluttuosi e altre poesie" di Francesco Gaeta)
sabato 31 dicembre 2011
Fola
Fin da quando ero bambino mi hanno sempre affascinato i castelli e tutto ciò che orbitava in torno a queste fortezze medioevali, come i cavalieri, le loro armature, le loro sfide e, soprattutto, i fantasmi che di notte si aggiravano – secondo le molteplici leggende – all’interno delle stanze dei castelli. Proprio dalla lettura di alcuni di questi terribili e fantasiosi racconti, nacque la prosa poetica intitolata Fola. L’ho pensata in una sera estiva, guardando da fuori il Castello di Giulio II, che è poi il castello di Ostia Antica, ovvero del borgo dove ho sempre vissuto.
mercoledì 28 dicembre 2011
Quello di cui parlo
Laggiù, in questo mondo così lontano...
martedì 27 dicembre 2011
Immagini
Questa mia breve prosa poetica, altro non è che un meraviglioso sogno che, come tanti, non ha alcun senso, ma si compone di una serie di immagini diverse fra loro e a volte contraddittorie. Quando mi svegliai, ricordavo soltanto alcuni particolari del sogno meraviglioso che si interruppe improvvisamente, e volli scriverli subito su carta perché non svanissero più dalla mia mente.
lunedì 12 dicembre 2011
Meditazioni
Voi che siete già partiti
per un viaggio dal quale
nessuno è più tornato,
dove siete?
è possibile che in qualche modo
possiate essere ancora vivi?
che il vostro vivere
il vostro morire
abbiano un senso, un riscatto?
Il silenzio, solo il silenzio
domina la scena del mondo.
Non ci sono risposte
né mai ci saranno.
Il gorgo inghiottirà chiunque
e mai sapremo il motivo
del nostro esistere.
2
La luce scema lentamente,
presto è sera
e un altro giorno se n'è andato
per sempre;
né mai tornerà.
Il tempo passa quasi
impercettibilmente
e ciò che appariva come
un'eternità
si sgretola inesorabilmente:
diviene polvere.
3
Tornare sui banchi di scuola
a recitar preghiere che dicano:
«Padre nostro che sei nei cieli...»
Ritrovare le illusioni,
le speranze
e i sogni
di un'età lontana.
Ora che l'anima
appare disseccata
come una zolla
d'argilla.
4
Quando superi la boa
il confine il limite
della mezza età
ti accorgi che la vita
non ti offrirà più
di quello (poco o molto)
che ti ha già dato.
Eppure prosegui il cammino
con l'inconscia speranza
di trovare qualcosa
lungo il resto della strada:
un tesoro,
una chimera,
un'illusuione,
una passione,
un ideale,
qualcosa d'imprevisto
e di meraviglioso.
Ma dentro di te
già avverti una voce
che sembra dirti:
«Quel che doveva essere
è stato...
Ora è giunto il tuo autunno,
sei quasi vecchio,
rassegnati».
domenica 11 dicembre 2011
Sonetto grigio
Le nebbie de la nordica regione
venerdì 9 dicembre 2011
Canzonetta nostalgica
Ho raccolto la pioggia nelle mani
ho ripensato chi piange e nulla chiede,
ho ripensato e sono morto un po'...
Ho chiamato più volte alla tua porta,
se mai tu, forse, mi persuadessi;
ho ripensato una pupilla assorta,
ed un sorriso perch'io non piangessi...
Ho ripensato e sono morto un po'...
Ho raccolto le foglie presso d'ogni
casa, n'ho fatto un rogo sulla via,
tristemente, per l'ultimo dei sogni,
ho spento in cuore l'ultima agonia,
non ho chiamato alla tua porta più...
È questa una delle poesie comprese nella raccolta "Poesie provinciali", pubblicata nel 1910 da Fausto Maria Martini, e che, insieme ad altre due raccolte ("Sogno e ironia" di Carlo Chiaves e "Poesie scritte col lapis" di Marino Moretti) uscite nel medesimo anno, attirò l'attenzione del critico letterario Giuseppe Antonio Borgese; fu proprio quest'ultimo, in un famoso articolo scritto nel 1910, che coniò l'aggettivo "crepuscolare" riferendosi alle tre raccolte in questione, ma lo stesso allargò la cerchia dei poeti così definiti aggiungendo i nomi di Sergio Corazzini e di Guido Gozzano. Il Martini va inquadrato come uno dei membri più importanti di quel cenacolo romano che nacque e si sviluppò attorno alla carismatica figura di Sergio Corazzini. La poesia sopra riportata mostra tutta l'influenza che esercitò Corazzini nelle composizioni poetiche di Fausto Maria Martini, lo si nota soprattutto nell'ultimo verso della prima strofa, verso che si ripete anche nelle due successive strofe e che molto somiglia a quel "morire un poco ogni giorno" che è un pensiero ricorrente nei versi corazziniani. Ma oltre a Corazzini, Martini ebbe presenti anche altri poeti, a cominciare da Gabriele D'Annunzio (ma fondamentalmente quello del "Poeme paradisiaco") per proseguire con Enrico Panzacchi, arrivando fino a Francis Jammes, poeta tardo-romantico francese i cui influssi risultano chiari in molte poesie del Martini, tra le quali va inclusa anche questa "Canzonetta nostalgica". La foto che segue il testo poetico è tratta dall'antologia "Gozzano e i crepuscolari", a cura di Cecilia Ghelli, Garzanti, Milano 1983.