Le rose sono i fiori più citati e decantati dai poeti simbolisti e decadenti di nazionalità italiana; in particolare i loro versi si concentrano sulle rose dal colore rosso (con diverse sfumature che vanno dal vermiglio allo scarlatto, dal sanguigno al fiammante, dal porporino al granato). Quando le rose si trovano sul corpo femminile o vengono sfogliate da una donna, divengono simbolo d’amore, di passione e d’erotismo, Volendo ora riassumere brevemente i contenuti di alcune tra le liriche presenti nell’elenco seguenti questo proemio, possiamo dire che nella poesia di Civinini le rose fungono da crisantemi, trovandosi in gran quantità nel giardino prospiciente l’eremo dove sono sepolte le ospiti che vissero nell’edificio religioso; grazie alle rose le suore possono tornare in vita, perché ognuna di esse è incarnata in un fiore. Anche in Rose di camposanto di Diego Garoglio, i fiori spuntati dal muro del cimitero simboleggiano una sorta di resurrezione. Così, in Il guanciale di rose di Cosimo Giorgieri Contri, i fiori hanno a che fare con la morte, ma della gioventù del poeta; esse, infatti, prendono il posto delle foglie che, in settembre, cominciano a cadere dagli alberi. In un’altra poesia del Giorgieri Contri: I cinquantamila rosai dell'Achilleion, si torna a parlare di conventi e di suore; quest’ultime colgono i fiori, li depongono sull’altare e pregano per un’imperatrice morta e per il poeta da lei prediletto. In Per un mazzo di rose conventuali di Corrado Govoni, il poeta prova ad immaginare che tipo di suora – giovanissima, matura, anziana – abbia colto i fiori che sta osservando all’interno dell’edificio. Nelle poesie di Arturo Graf, le rose divengono esseri pensanti, simili agli umani, e possono vedersi specchiate o sentirsi morire lentamente. Nel sonetto di Pietro Mastri, la rosa “nera”, pur molto ricercata e adorata dall’umanità, simboleggia l’impurità, il lutto ed il ribrezzo. Nelle due poesie di Angiolo Orvieto, le rose, pur in stagioni opposte (autunno e primavera) trasmettono al poeta, tramite il loro profumo e la loro vista, sentimenti di freschezza e d’amore. Nelle quartine di Ernesto Ragazzoni, il fiato delle “rose sfogliate” giunge al poeta, inducendolo a pensare ad un passato quasi dimenticato. Giuseppe Rino vede le rose ardenti e splendenti nei giardini delle ville, paragonandole alle “fiamme di un bel sogno impuro”. Nel sonetto di Guido Ruberti una donna “in manto celestiale” si punge cogliendo una rosa porporina; il fiore altro non è che la vita del poeta stesso. Agostino J. Sinadinò parla di un mondo fantastico, dove le nostre anime s’immergono e scoprono un’orchestra di rose rosse e rosa, in grado di far percepire una delizia immensa e misteriosa. Nella poesia di Giovanni Tecchio i fiori hanno funzione lenitiva: il poeta le invoca, affinché in gran quantità coprano la bara di una donna; grazie alle rose ella potrà dormire obliando per sempre ogni pena vissuta. Nei versi di Domenico Tumiati, una donna straniera dalle fulve chiome, dove aver composto un mazzo di rose, sale le scale di un tempio, per giungere all’altare e donare quei fiori alla Madonna, pregando per la sorte di un uomo che si chiama come il “triste amico di Gesù”. Le tre rose rosse che adornano la cintura di una donna, hanno evidentemente un valore fortemente simbolico nella poesia di Diego Valeri: mentre il poeta bacia, accarezza ed ama il corpo femminile, sentendosi sempre più sprofondare in un abisso d’ombra “morbida, calda e profumata”, i tre fiori citati all’inizio ed alla fine della lirica, simboleggiano la bellezza, l’amore e la lussuria.
Poesie sull’argomento
Mario Adobati:
"Le rose sanguigne" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).
Enrico Cavacchioli:
"L'orto delle rose" in "L'Incubo Velato" (1906).
Francesco Cazzamini
Mussi: "Le rose" in "I Canti dell'adolescenza (1904-1907)"
(1908).
Guelfo Civinini:
"Ballata delle rose «in memoriam»" in "L'Urna" (1900).
Girolamo Comi:
"Il giorno delle rose" in "Lampadario" (1912).
Girolamo Comi: "rose-granate
nel masso" in "Smeraldi" (1925).
Diego Garoglio:
"Rose morenti" e "Rose di camposanto" in "Sul bel
fiume d'Arno" (1912).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Il guanciale di rose" in "Il convegno dei
cipressi" (1894).
Cosimo Giorgieri
Contri: "I cinquantamila rosai dell'Achilleion" in
"Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).
Corrado Govoni:
"Rosa mystica" e "Rose profane" in "Le Fiale"
(1903).
Corrado Govoni:
"Per un mazzo di rose conventuali" in "Armonia in grigio et in
silenzio" (1903).
Corrado Govoni
"Le rose rosse", "Le rose bianche", "Le rose
thee", "La rosa doppia" in "Gli aborti" (1907).
Arturo Graf:
"Rosa specchiata" in "Morgana" (1901).
Arturo Graf: "La
rosa morente" in "Le Danaidi" (1905).
Pietro Mastri:
"La rosa nera" in "L'arcobaleno" (1900).
Arturo Onofri:
"Rose" in "Poesie edite e inedite (1900-1914)" (1982).
Angiolo Orvieto:
"Rosa d'autunno" e "Pur dalle rose" in "La Sposa
Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Ernesto Ragazzoni:
"Rose sfogliate" in "Poesie" (1927).
Giuseppe Rino:
"Le Rose" in "L'Estuario delle Ombre" (1907).
Guido Ruberti:
"Il rosaio" in "Le fiaccole" (1905).
Emanuele Sella:
"Le rose rosse" in "Liriche alla bellezza bruna" (1934).
Agostino John
Sinadinò: "Piccola orchestra" in "Melodie" (1900).
Giovanni Tecchio:
"Elegia" in "Canti" (1931).
Domenico Tumiati:
"L'offerta delle rose" in "Musica antica per chitarra"
(1897).
Diego Valeri:
"Rose rosse" in "Le gaie tristezze" (1913).
Alberto Viviani:
"Rose d'argento" in "Rose d'argento" (1916).
Remigio Zena: "Le rose" e "Tra le rose" in "Olympia" (1905).
Testi
LA ROSA NERA
di Pietro Mastri
(Pirro Masetti, 1868-1932)
Oh, ch'io non sappia
ove il tuo cespo alligna!
Oh, ch'io non veda
mai le tue corolle
mostruose, in cui
viscida ribolle
certo una qualche
essenza atra e maligna!
E l'uomo ti cercò,
per un'acrigna
sua voluttà? L'uomo
così ti volle,
così disnaturata?...
Ah, l'uomo è folle,
se alle sue brame
ogni suo ben traligna!
Fiore, su che posarsi
ape non osa,
tu sei la notte, ed
eri già l'aurora;
tu sei lutto e
ribrezzo, eri sorriso.
Tu sei l'impura dal
funereo viso,
dall'anima letale, o
fosca rosa,
cui l'uomo
disperatamente adora.
(da "L'arcobaleno", Zanichelli, Bologna 1900)
PICCOLA ORCHESTRA
di Agostino John
Sinadinò (1876-1956)
Sommersi ne l'acqua
de l'aria,
limpidamente
mareggiano le nostre
ànime e i sensi vividi per le
viride praterie - vi
profondano - ne le chiome
boschive, nel zaffiro
aerato
de le dolci montagne
violente, a la deriva di rose
- (ma dove, non viste, in quali orti?),
oh, tutta un'orchestra di rose:
rosee rose e rosse
rose, di rancie di
roride rose...
sì che la delizia
s'accresce
ne 'l calice dei
cuori floreali,
ah! che non più, che non più
nel cristallo, in un anello
di più limpido
cristallo, in novi più puri mattini
s'accrescerà.
Lugano, sabato, VII-VII-MCM.
(da
"Melodie", Stamperia del Tessin-Touriste, Lugano 1900)
![]() |
Martin Johnson Heade, "Jacqueminot Roses" (da questa pagina web) |
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