domenica 3 settembre 2023

Le poetiche nella poesia italiana decadente e simbolista

 

Con l’argomento “poetiche”, ho voluto riunire delle composizioni in cui il poeta dichiara esplicitamente o meno le sue scelte individuali nel modo di comporre versi, ovvero tutto ciò che predilige, che gli sta più a cuore o che ritiene maggiormente importante; in alcuni casi si tratta di vere e proprie autopresentazioni, nelle quali non mancano degli atteggiamenti narcisistici. Ciò che ho appena detto non vale per i poeti crepuscolari, che negano addirittura di essere dei poeti, sottostimandosi quasi con fiero compiacimento, e affermando di essere ben poca cosa rispetto ai vati che in quel preciso periodo storico attiravano maggiormente l’attenzione del pubblico della poesia. Particolarmente interessante e affascinante, a me sembrano i versi di Giovanni Camerana, che qui dichiara la sua appassionata ricerca di una poesia misteriosa, quasi inafferrabile, percepita soltanto da pochi eletti, tramite alcuni simboli che la natura offre agli occhi di coloro - i pochi - che riescono ad individuarli.

 

 

Poesie sull’argomento

 

Rosario Altomonte: "Non è per me!" in «Marforio», marzo 1904.

Giovanni Camerana: "Cerco la strofa che sia fosca e quieta" in "Poesie" (1968).

Sergio Corazzini: "Desolazione del povero poeta sentimentale" in "Piccolo libro inutile" (1906).

Ettore Cozzani: "Preludio" in "Poemetti notturni" (1920).

Federico De Maria: "Magia" in "Poesia", novembre 1908.

Beniamino De Ritis: "Commiato" in "Nell'orto degli ulivi" (1908).

Giuliano Donati Pétteni: "Vengo da strane lontananze..." in "Intimità" (1926).

Luisa Giaconi: "A Cherilo" in "Tebaide" (1912).

Giulio Gianelli: "Mentre l'esilio dura" in "Mentre l'esilio dura" (1904).

Cosimo Giorgieri Contri: "Domanda vana" in "La donna del velo" (1905).

Corrado Govoni: "Sesamo, apriti!" in "Gli aborti" (1907).

Giorgio Lais: "Commiato" in "Prometeo", gennaio 1906.

Fausto Maria Martini: "Mia terra, mia labile strada" in "Le piccole morte" (1906).

Nino Oxilia: "O le mie strofe..." in "Canti brevi" (1909).

Aldo Palazzeschi: "Chi sono?" in "Poemi" (1909).

Giuseppe Piazza: "Proemio" in «La Vita Letteraria», marzo 1907.

Romolo Quaglino: "Intermezzo" in "Dialoghi d'Esteta" (1899).

Salvatore Quasimodo: "La poesia" in "Bacia la soglia della tua casa" (1981).

Yosto Randaccio: "Divento poeta" in "Poemetti della convalescenza" (1909).

Emanuele Sella: "L'Arte ed il Sogno" in "Monteluce" (1909).

Emanuele Sella: "Vanitas vanitatis" in "L'Ospite della Sera" (1922).

Giuseppe Vannicola: "Corde della grande Lira" in «Leonardo», agosto 1906.

 

 

 

Testi

 

CERCO LA STROFA CHE SIA FOSCA E QUETA

di Giovanni Camerana

 

  Cerco la strofa che sia fosca e queta

Come il lago incassato entro la neve;

Ier vidi il lago, ed era il cielo greve,

Tetra la sponda e bianca la pineta.

Cerco la strofa che sia cupa e queta.

 

  L’acqua pareva d’ombra, e riflettea

Gli spetri capovolti delle piante.

Tutto era spetro; — delle cose sante

L’alito per la triste aura fremea.

Cerco la santa strofa e l’alta idea.

 

  Cerco la vaga strofa, indefinita

Come una lenta linea di montagna

Quando incombe la nebbia, e la campagna

Piange dell’anno la fuggente vita;

Cerco la grigia strofa indefinita,

 

  La indefinita strofa orizzontale,

In cui si volga, con cadenza blanda,

Come sui mesti orizzonti, in Olanda,

Dei pensosi mulini a vento l’ale,

Il fascinante sogno sepolcrale.

 

(da "Poesie", Einaudi, Torino 1968, p. 31)

 

 

 

 

VENGO DA STRANE LONTANANZE...

di Giuliano Donati Petteni

 

Vengo da strane lontananze e ancora

riprenderò domani il mio cammino.

Da dove, verso dove? Ecco è vicino

forse il mio giorno e l'anima l'ignora.

 

Ma tu mi dici: "Della primavera

cogli le rose, è voluttà d'un fiore

la vita, ed abbandonati all'amore

poichè langue nei cuori una chimera.

 

Sorridi. La speranza un nuovo giorno

dischiude, credi al sogno che s'implora;

l'amor accogli quando fa ritorno:

nulla è perduto e non passata è l'ora."

 

Ma tace in me placato ogni desio,

e guardo, là, sul fiume della vita,

in disparte, pel mare dell'oblio

degli uomini la triste dipartita.

 

E nulla chiedo. Al cuore non bisogna

più nulla. In me s'è spenta la passione

e dolce m'è questa rassegnazione

d'anima che non piange e che non sogna.

 

(da "Intimità", Zanichelli, Bologna 1926, pp. 26-27)

 



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