sabato 30 settembre 2023

Poeti dimenticati: Alberto Viviani

 Nacque a Firenze nel 1894 e ivi morì nel 1970. Esordì in letteratura molto giovane, pubblicando delle poesie nella rivista Lacerba; alcune tra queste, comparvero poi nelle prime raccolte di versi che Viviani pubblicò tra il 1914 ed il 1916, in cui il poeta fiorentino si dimostrò un fervente seguace delle migliori avanguardie poetiche attive nei primissimi anni del XX secolo, in particolare del crepuscolarismo e del futurismo. Saltuariamente, Viviani continuò a scrivere poesie anche dopo la gioventù, inserendole in nuovi volumi che spesso comprendevano anche i suoi primi versi. Ma Viviani oggi è ricordato soprattutto per alcuni suoi libri di prosa, in cui rievocò i tempi in cui, frequentando il famoso caffè del capoluogo toscano: Le Giubbe Rosse, conobbe alcuni tra i più noti letterati italiani che a quei tempi pubblicavano i loro scritti in riviste come La Voce e, per l’appunto, Lacerba.

 

 

Opere poetiche

 

“Il mio cuore”, Tip. Galileiana, Firenze 1914.

“Le ville silenziose”, Gonnelli, Firenze 1915.

“Rose d'argento”, Tip. Galileiana, Firenze 1916.

“Il mio cuore” (2° ed.), Istituto Editoriale Italiano, Milano 1919.

“Sole mio”, Carra, Roma 1923.

“Han dato fuoco al Sole”, Alpes, Milano 1928.

“Fiordelmondo”, Studio Editoriale Moderno, Catania 1928.

 

 


 

Presenze in antologie

 

"I poeti del Futurismo 1909-1944" a cura di Glauco Viazzi, Longanesi & C., Milano 1978 (pp. 276-281).

"Dal simbolismo al déco", a cura di Glauco Viazzi, Einaudi, Torino 1981 (tomo secondo, pp. 539-544).

 

 

Testi

 

 

LA SALA GIALLA

 

Di giallo è parata la sala che dorme

nel grande castello.

Le sedie, i divani, le tende, i tappeti

son gialli,

le mura gli specchi ed i quadri

colore ottocento.

Arcigne le tele dei vecchi antenati in cornice

guardano incerte la porta

se mai vi apparisse

il servo vestito alla moda.

Respirano ansiosi i vecchi antenati

quell'aria che dentro vi spira,

quell'aria che odora

ancora

di dame vestite di raso

di cavalieri con le calze bianche e la parrucca,

con l'occhialetto

e i fiocchi color rosa.

Il vecchio orologio che ormai

non segna più l'ora

è casa ad un ragno.

E il ragno tesse e si affaccia stupito

alla mostra, da quel silenzio,

guardando melanconico

tutto quel giallo.

E tesse - Tesse senza posa la tela

che pende leggera nell'aria

color oro pallido,

che scende qual nebbia a velare la mostra di smalto.

Nell'angolo riposa (la tastiera aperta)

il pianoforte,

e la musica sgualcita è sul leggìo

che attende.

Quali manine avranno strappato

a quelle corde l'ultimo pianto? -

Chissà - Mistero.

 

La vecchia dama guarda sempre arcigna

la porta della sala

e l'impiantito sembra solcato

da frementi piedini

che vanno dietro, spasimosi,

a l'ultimo singhiozzo

del minuetto di Boccherini.

 

(da "Le ville silenziose", Gonnelli, Firenze 1915, pp. 19-20)

 

 

 

 

DALLA FINESTRA DEL MIO CASTELLO

 

I.

Oh come stranamente

singhiozza

questa notte nella via

l'organo di Barberia.

Suona con voce fiacca

quella strana, solita canzone polacca

che popola la via bianca

di una folla dolorosa

e stanca,

e pare quasi che le note lente

suonino l'agonia

di quella gente.

 

II.

Dalla cappella vicina

delle suore di Maria Riparata

come un'ondata

sale alle stelle la voce bambina

della spinetta scordata.

 

III.

(Voce di falsetto accompagnata dalla chitarra).

 

"Vieni alla finestra dolce amore

cuore del mio cuore

non mi far penar più..."

 

IV.

L'organo singhiozza ancòra

la canzone polacca

interminabile

che tanto, tanto addolora...

 

V.

Nell'aiola di rose dell'altare

un piccolo cristo

con gli occhi cerchiati di bistro

piange

lacrime amare.

 

(da "Rose d'argento", Tip. Galileiana, Firenze 1916, pp. 19-20)

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