Giugno: mese in cui ha inizio la calda estate. Quanti bei ricordi mi suscita questo piacevolissimo mese! Quasi tutti questi ricordi appartengono al periodo della meravigliosa infanzia, quando, verso la metà di giugno terminavano le scuole. Allora, per me era l’inizio del più sfrenato divertimento: tre mesi in cui potevo dedicarmi soltanto al gioco, trascorrendo intere lunghissime giornate all’aperto, da solo o magari con altri bambini. Mi alzavo presto, la mattina, ed i miei genitori, che dovevano recarsi sul posto di lavoro, mi portavano dai nonni, dove rimanevo fino a sera. Dopo una colazione veloce aprivo la porta e uscivo correndo nel cortile; da qui in avanti c’era solo e soltanto un puerile divertimento destinato a ripetersi per tutti i mesi estivi rimanenti. Ma giugno era certo il mese più bello, soprattutto dopo la graditissima notizia della promozione scolastica, che mi garantiva spensieratezza totale per l’intera estate.
di Giuseppe Albini (1863-1933)
È l'aureo giugno, e ciascun giorno un'ora
Il ciel s'oscura e freme.
Vaste frusciando inchinano le spiche,
E punta da nemiche
Aure ogni frasca abbrividisce e freme.
Deh sia vana minaccia! Oggi matura
L'annua speme al lavoro:
Biondeggi in aria e per i campi l'oro,
E te baci la gioia, o fronte pura.
(Da "Poesie", Zanichelli, Bologna 1901)
FINE DI GIUGNO
di Francesco Chiesa (1871-1973)
Papaveri, ciani, nel grano ch'è già tutto d'oro!
color della fiamma che ondeggia, del cielo che sta.
E tu, oro immenso... Oro folto che i solchi e i sentieri
dissimuli: grande che arrivi ai pampini e agli olmi!
Agli olmi onde scroscia la tempesta dell'ebbre cicale...
E voi, miti azzurri dispersi nell'oro, acri fuochi.
Papaveri, avvii d'una porpora miracolosa
che tessono in qualche lor selva dorata le fate.
Papaveri sparsi, come macchie d'eroico sangue
nell'aurea leggenda dei popoli, nel carme dei vati!
Nel gran che si muove tutto biondo, e le spighe già fanno
un fremere d'elitre vive, un sibilo immenso;
nel mar che diventa più colore di sole ogni giorno,
o boccioli, screzi di cielo! famiglia di fiamme!
Miti occhi cerulei di bimbi, di vergini: o ciani!
Azzurri, che par la festiva tua veste, o Madonna.
(Da "Fuochi di primavera", Formiggini, Roma 1919)
GIUGNO
di Corrado Alvaro (1895-1956)
Canti e il tuo canto è grazioso
come il fiore che ha perso
il ricordo dei campi e cresce gracile.
Canti e batton le tue opre in cadenza.
La tua voce è più intensa -
Cicala che inasprisce il suo metro
se il sole è più maestoso.
Aria senza riposo
corre l'estate della lunga veglia.
Con la chioma sconvolta
sembri discesa da un lungo percorso
attraverso l'inverno.
Ecco l'estate, il tuo antico regno
dove entrasti trionfante
sovra un carro adornato di ghirlande
di fiori artificiali.
Fanciulle nuove corrono con ali
spaventate e dipinte.
Mentre le stupefatte donne incinte
ammoniscono ad ogni angolo mute
come incantati segni zodiacali.
Ma tu, invece, risorta dall'inganno
procederai parata
di colori maestosi
compagna del generativo giugno.
Somigliano i tuoi anni a una pianura,
dove nell'aria muta si prolunga
il ricordo del verso
delle cicale, dopo che si è sperso
fuggendo l'ombra dell'ultima altura.
(Da "Almanacco letterario", Mondadori, Milano 1925)
GIUGNO
di Armando Perotti (1865-1924)
Re della gleba, re del Tavoliere,
iapigia prole, mietitor rubesto,
che i culmi arguti con il sacro gesto
stringi nel pugno quanto può tenere;
recidi a un palmo della terra, e questo
mannel d'ariste, fiore del podere,
offri adorando alle presenti e vere
divinità del tuo dominio agresto;
tu solo accogli senza meraviglia
la compiuta promessa, il premio atteso,
lo spirto vivo in realtà pagane:
nel solco che del sangue s'invermiglia,
che s'imbeve del pianto, ecco è disceso
il calore del sol che si fa pane.
(Da "Poesie", Laterza, Bari 1926).
MOTTETTO DI GIUGNO
di Elpidio Jenco (1893-1959)
L'ultimo raggio si scontra con l'ultimo trillo canoro,
e spolvera di lucciole i grigi maggesi l'està.
Un grillo infila a un raggio di luna il suo tremolo d'oro,
e a passi svelti la luna trascorre le nuvole già.
(Da "Essenze", Emiliano Degli Orfini, Genova 1933)
GIUGNO
di Attilio Bertolucci (1911-2000)
Stan le ciliege rosse tra le foglie
nella calma sera estiva
vedo il mio amore che le coglie
seria come una bambina, e così sola e schiva.
Non oso chiamarla, tanta grazia
è nella mano bruna che spicca...
Qualcuna ne mangia, ma come sazia,
movendo la capigliatura nera e ricca.
(Dalla rivista «Circoli», settembre-ottobre 1934)
LA MAGNOLIA DI GIUGNO
di Leonardo Sinisgalli (1908-1981)
Sono i giorni di un nuovo inferno
per me, la magnolia si spoglia
a un colpo basso di vento.
Ogni ramo cede una foglia
alle vampe di giugno.
Dietro le imposte son qui che abbocco
l'aria torbida di scirocco.
(Da "I Nuovi Campi Elisi", Mondadori, Milano 1947)
30 GIUGNO
di Maria Luisa Spaziani (1922)
Bruciano e si consumano le stelle,
regna la Grande Estate.
Passano dentro l'ombra dei balconi
figure esauste dagli occhi lucenti.
Grava sopra gli asfalti la polvere di Milano,
al chiosco dei giornali i fogli gialli
pendono come bandiere disertate.
Morder l'erba vorrei. Morire un poco
(con te, senza di te) contro la terra
che aspra inonda di profumo anche
la luna piena
come quando (è certo)
lunghe notti di grilli inebriate
splenderanno di fuochi e di comete
sopra la cieca pietra che fu un giorno
Maria Luisa.
(Da "Le acque del sabato", Mondadori, Milano 1954)
NEL MESE DI GIUGNO
di Mario Luzi (1914-2005)
Nel mese di giugno
la città quando sospesa
e alta sopra il nostro sperdimento
si desta alla frecciata delle luci
all'ora incerta tra vigilia e sonno
che il corpo inciampa nel suo peso
ma si rialza sulla sua fatica
nella pausa del tempo tra la rondine e l'assiolo
tra la vita e la sua sopravvivenza,
Tu che spezzi la servitù e l'orgoglio
- dicono - della sofferenza, vieni
se già non sei dovunque
in veste di randagio,
d'infermo, di bambino tribolato.
Segui il timido, accosta il solitario,
ripeti: la virtù quando non giunge
fino all'amore è cosa vana.
È quell'ora della metà dell'anno
che il senza tetto strascica i suoi cenci
sull'erba pesticciata, cerca asilo,
la lucciola lampeggia, il cane abbaia.
(Da "Onore del vero", Neri Pozza, Venezia 1957)
GIUGNO MIETUTO
di Edoardo Cacciatore (1912-1996)
Rondimi rèndimi uguale al tuo giugno
Immortalmente nella gola in cui mi uccidi
Saliva in cielo la corda stretta in pugno
Infuocata prima e intanto ghiaccio nei gridi
Svolgendosi avvinta a un anno ora è parete
Angoli e vincoli s'incurvano a collane
Abbraccio agli steli del pensiero che miete
La tua fretta nera ove la morte rimane
Un momento divisa da se stessa e incerta
Tra il precipizio allegro di cui sei la scorta
O l'infinita leggerezza rampa in erta
Luna a flagello e il silenzio solo sopporta
Cielo lacero al tramonto irto di ali
Senti il mio stelo e il giugno alfine sono eguali.
(Da "Il discorso a meraviglia", Einaudi, Torino 1996)
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