mercoledì 26 giugno 2013

Poeti dimenticati: Luigi Pirandello

Luigi Pirandello nacque ad Agrigento nel 1867 e morì a Roma nel 1936. Sarebbe qui inutile parlare del Pirandello grandissimo drammaturgo e ottimo prosatore; meno conosciuta è certamente la sua poesia, che pure riveste un ruolo tutt'altro che marginale nell'arte dello scrittore siciliano. Pirandello infatti si dedicò alla stesura di versi fin dai suoi esordi letterari, pubblicando varie raccolte che, inizialmente mostrano un adeguamento alla lirica tradizionale, mentre, nelle opere più mature (leggi Fuori di chiave), emergono elementi che preannunciano i migliori esiti della sua attività teatrale.




Opere poetiche

"Mal Giocondo", Clausen, Palermo 1889.
"Pasqua di Gea", Galli, Milano 1891.
"Elegie renane", Tip. Unione Cooperativa, Roma 1895.
"Zampogna", Dante Alighieri, Roma 1901.
"Fuori di chiave", Formiggini, Genova 1912.
"Tutte le poesie", Mondadori, Milano 1982.







Presenze in antologie

"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (pp. 334-336).
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (p. 435).
"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. 6, pp. 140-155).
"Antologia della lirica contemporanea dal Carducci al 1940", a cura di Enrico M. Fusco, SEI, Torino 1947 (pp. 127-129).
"Antologia della lirica italiana. Ottocento e Novecento", nuova edizione, a cura di Carlo Culcasi, Garzanti, Milano 1947 (pp. 209-210).
"La lirica moderna", a cura di Francesco Pedrina, Trevisini, Milano 1951 (pp. 447-451).
"L'altro Novecento, Volume V", a cura di Vittoriano Esposito, Bastogi, Foggia 1999 (pp. 55-58).
"Sicilia, poesia dei mille anni", a cura di Aldo Gerbino, Sciascia, Caltanissetta-Roma 2001 (354-357).




Testi

ATTESA

Io sono come l’albero che aspetta
la sua stagione e morto intanto pare.
Vien qualche vispa cincia a dimandare:
«Albero, ancora? Bada, è tempo: getta!»
Ma alle cince non dà l’albero retta:
muto ed assorto, rimane a sognare.

Sogna i freschi rampolli, e che tra i rami
verrà per grazia a raccogliere il volo,
ospite prezioso, un rosignuolo.
Piú d’altri uccelli non s’udran richiami.
In ciel, la luna; e magici ricami
d’ombra le frondi stamperan sul suolo.

Sogna e sogna... Ma già forse è passata
la sua stagione, e ad aspettarla sta
l’albero, invano, o forse non verrà
per lui giammai... Se questa, albero, è stata
l’ultima nostra gelida vernata,
che bei sogni la scure abbatterà!

(Da "Zampogna")

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