lunedì 8 luglio 2024

La morte in pochi versi di Vivian Lamarque

 Sicuramente la morte fa paura un po' a tutti gli esseri umani. Anch'io la temevo, e lo stava a dimostrare il fatto che da ragazzo e anche oltre mi rifiutassi costantemente di far visita ai miei parenti appena deceduti, per non vedere i loro volti. Ma, cogli anni, ho dovuto prendere atto che la morte è qualcosa d'inevitabile, e nascondersi per non affrontarla ogniqualvolta si presenti, portandoci via persone care dalle quali non vorremmo mai separarci, è del tutto inutile ed ancor più doloroso. Così, oltre a quella delle persone care, è necessario accettare anche la nostra morte, e guardarla in faccia, pensando che sia un evento naturale non del tutto negativo, perché se non ci fosse la morte non ci sarebbe la nascita. È giunto, insomma, che ad un certo punto ci si faccia da parte per lasciar posto ai nuovi venuti. Di versi sull'argomento "morte" ce ne sono a bizzeffe, e tanti sono anche bellissimi; ma oggi voglio proporre una breve e nello stesso tempo intensa poesia di Vivian Lamarque, in cui la parola "morte" non viene mai pronunciata, ma si capisce benissimo che è lei la protagonista della lirica. Ciò che dice è inconfutabile: la morte è con noi già nel momento in cui nasciamo, ed è simile ad un essere invisibile che ci segue per tutta la vita, e, pazientemente, aspetta il momento giusto per riportarci da dove eravamo venuti.



CI ASPETTA 


Ci aspetta paziente

in un angolino

conosce il giorno e l'ora

che noi non conosciamo ancora.


(Era entrata chissà quando

pianino, nessuno l'aveva vista

o forse un bambino.)


(da "Poesie 1972-2002", Mondadori, Milano 2002, p. 207)

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