domenica 27 giugno 2021

Antologie: "Antologia della Letteratura Italiana 3"

 

Questo libro rappresenta per me qualcosa di affettivamente importante, al di là della sua importanza effettiva. Si tratta di un volume concepito e strutturato per il pubblico studentesco; per quanto concerne la copia da me posseduta, risultando assenti le 12 pagine introduttive e le 6 iniziali, sono riuscito a rintracciare ulteriori informazioni che lo riguardano tramite il sito Internet Culturale; qui ho dedotto che fu stampato dall'editore Zanichelli nel 1964, e che fu utilizzato in particolare negli istituti tecnici dell'Italia di allora. Io lo prelevai dalla casa dei miei nonni circa trent'anni fa, e grazie ad esso lessi alcune poesie che non conoscevo ancora, e a cui sono molto affezionato. Tra l'altro, è grazie alle pagine di questo libro che ho cominciato a conoscere i poeti crepuscolari: del tutto trascurati se non ignorati dai libri che avevo ai tempi del liceo. Per quel che concerne il curatore, occorre dire che Mario Pazzaglia (1925-2017) è stato un docente ed un critico letterario di primo piano, autore di antologie scolastiche - tra cui la presente - che furono fondamentali per molte generazioni di studenti; non meno essenziali sono i suoi studi su Giovanni Pascoli. In conclusione riporto l'elenco completo degli scrittori italiani dell'Ottocento e del Novecento antologizzati in questo volume vecchio e un po' sciupato... ma per me sempre bellissimo!


Pagine 908 e 909 del volume "Antologia della letteratura italiana 3", Zanichelli, Bologna


 

Ippolito Pindemonte, Vincenzo Monti, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Alessandro Manzoni, Giuseppe Mazzini, Goffredo Mameli, Vincenzo Gioberti, Cesare Balbo, Carlo Pisacane, Carlo Cattaneo, Silvio Pellico, Luigi Settembrini, Giuseppe Cesare Abba, Ippolito Nievo, Carlo Porta, Giuseppe Gioacchino Belli, Giuseppe Giusti, Giovanni Berchet, Niccolò Tommaseo, Giovanni Prati, Emilio Praga, Giovanni Camerana, Igino Ugo Tarchetti, Carlo Dossi, Emilio De Marchi, Olindo Guerrini, Giacomo Zanella, Giosuè Carducci, Luigi Capuana, Matilde Serao, Mario Pratesi, Salvatore Di Giacomo, Grazia Deledda, Giovanni Verga, Antonio Fogazzaro, Giovanni Pascoli, Gabriele D'Annunzio, Italo Svevo, Luigi Pirandello, Sergio Corazzini, Guido Gozzano, Filippo Tommaso Marinetti, Aldo Palazzeschi, Giovanni Papini, Scipio Slataper, Renato Serra, Vincenzo Cardarelli, Emilio Cecchi, Riccardo Bacchelli, Dino Campana, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Umberto Saba, Carlo Emilio Gadda, Cesare Pavese, Elio Vittorini.

domenica 20 giugno 2021

La poesia di Leonardo Sinisgalli

 

Non era possibile che nel mio blog ancora non ci fosse un post dedicato a Leonardo Sinisgalli (Montemurro 1908 - Roma 1981): poeta lucano che mi sta particolarmente a cuore, tanto che, negli anni, ho acquistato molti suoi volumi poetici (dei quali ce ne sono diversi praticamente introvabili), compreso l'ultimo, uscito appena un anno fa, che raccoglie tutti i suoi versi. In futuro, è probabile che mi soffermi più dettagliatamente su alcune raccolte poetiche assai notevoli di Sinisgalli, ma ora vorrei parlare brevemente della sua poesia in generale.

Se si esclude la raccolta giovanile d'esordio, ancora acerba e pregna di evidenti influssi derivanti da poetiche passatiste (crepuscolarismo in primis), si può affermare che le sue prime pubblicazioni lo collochino tra i migliori esponenti dell'ermetismo: corrente poetica nata nel quarto decennio del Novecento, che vide tra i massimi rappresentanti altri poeti insigni come Salvatore Quasimodo, Mario Luzi, Alfonso Gatto e Libero De Libero. A proposito di quest'ultimo, si può ben dire che nella prima fase poetica di Sinisgalli, risulti facile trovare diversi elementi che lo accomunano al poeta ciociaro; tra di essi spiccano una mitizzazione del periodo sia infantile che adolescenziale, e l'immenso amore per la terra natale, anch'essa mitizzata e raccontata quale luogo senza tempo, al di fuori della realtà. C'è da dire che Sinisgalli soffrì non poco per il fatto di aver dovuto abbandonare assai presto la sua regione, poiché per motivi di studio e di lavoro fu costretto ad emigrare nel nord Italia; lì completò i suo studi e trovò lavoro. Ingegnere e matematico di raro talento, seppe unire due discipline apparentemente distanti quali arte e scienza, tanto nei versi che nelle prose. Certe poesie, che spesso tendono all'epigramma, possono apparire fredde e distaccate, ma analizzandole con più attenzione è facile scoprire quanto invece siano ricche di quel "nuovo umanesimo" che Sinisgalli cercava di elaborare, proprio tramite una poesia sintetica e profonda, concentrata e ricca di sensazioni. Con gli anni i versi del poeta lucano hanno subito leggere mutazioni: allontanatosi dall'ermetismo; da un lato si è cimentato in poesie dalla struttura narrativa, autobiografiche e che in parte ricordano alcuni versi di Vincenzo Cardarelli; dall'altro ha accentuato la tendenza all'epigramma. In qualche opera poetica, ha inserito anche diverse prose di notevole valore, in cui abbondano riflessioni e meditazioni sulla poesia, sulla natura e sull'umanità. Le ultime tre raccolte, che attraversano quasi tutto l'ottavo decennio del XX secolo, mostrano una poesia sempre più scarna e, direi, ridotta all'osso; ciò non vuol dire affatto che non ci siano delle qualità, in questi epigrammi della vecchiaia, che un po' sembrano assomigliare a quelli di un poeta siciliano molto attivo proprio in quegli anni: Bartolo Cattafi. Per chiudere, riporto l'elenco delle raccolte di versi e cinque tra le mie poesie preferite di Leonardo Sinisgalli. 

 

 

 

 

Opere poetiche

 

"Cuore", Roma 1927.

"18 poesie", All'Insegna del Pesce d'Oro", Milano 1936.

"Poesie", Edizioni del Cavallino, Venezia 1938.

"Campi Elisi", All'Insegna del Pesce d'Oro", Milano 1939.

"Vidi le Muse, poesie (1931-1942)", Mondadori, Milano 1943.

"I nuovi Campi Elisi", Mondadori, Milano 1947.

"La vigna vecchia", La Meridiana, Milano 1952.

"La vigna vecchia" (ediz. accresciuta), Mondadori, Milano 1956.

"Banchetti", All'Insegna del Pesce d'Oro", Milano 1956.

"La Musa decrepita", Quaderni di Marsia, Roma 1959.

"Cineraccio", Neri Pozza, Venezia 1961.

"L'età della luna", Mondadori, Milano 1962.

"Poesie di ieri", Mondadori, Milano 1966.

"Il passero e il lebbroso", Mondadori, Milano 1970.

"Mosche in bottiglia", Mondadori, Milano 1975.

"Dimenticatoio, 1975-1978", Mondadori, Milano 1978.

"Come un ladro", Tip. Torraca, Bernalda 1979.

"Più vicino ai morti", Panda, Padova 1980.

"Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2020.

 

 


 

 

Testi

 

 

DA QUANTI ANNI, DA SEMPRE

 

Da quanti anni, da sempre

Sul finire del giorno

Lungo il muro il tuo passo ritorna

La tua mano mi tocca

Delusa: Leonardo, mi dici a bocca

Chiusa. Il vento leggera ti scioglie.

Io ti sento partire dal mio fianco

Nella brezza delle foglie.

La tua voce è una carezza

Che brucia più l’ora si attarda:

Io non so dove mi conduce.

 

(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2020, p. 69)

 

 

 

 

FRUTTETO

 

Sono tre calabroni

che saggiano la pera:

vi affondano le corna.

Scavano un buco

fino a succhiarne la polpa.

Quando il sole si sposta,

dalla parte del sole

cavano un altro occhio.

Chiama la gente queste

le piante della sorte:

come piccoli teschi

pendono le zuccone

dagli alberi funesti.

 

(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2020, pp. 124-125)

 

 

 

 

LO SPAURACCHIO

 

Non può piegarsi

a carezzare le spighe brune,

a stringere in pugno i passerotti.

Può solo guardare più a lungo

il tramonto.

 

(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2020, p. 147)

 

 

 

 

LAPIDE

 

Non è un orto

o un giardino

il cimitero

dove io sono sepolto.

È un luogo assorto,

un muro.

Ogni bene è scontato,

ogni debito pagato

e il nome tutelato.

Mio amico, fratello

contami i vecchi giuochi,

il fumo, i fuochi antichi.

Prendi di me l'effige,

le rughe, la fuliggine,

le lacrime, la ruggine.

Non è un orto

o un giardino

il cimitero dove io sono sepolto.

È un regno spento, muto.

Qui l'amore è perduto.

 

(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2020, p. 254)

 

 

 

 

LA STANZA

 

Mezza finestra per far luce

nella stanza. Lo Scriba non pensa,

registra, distribuisce lo spazio

torno torno: libri imbalsamati,

indumenti appesi, lenzuola

ammucchiate.

                     Il gatto ha scelto

una nicchia del camino

che porta la data 1781

scritta da uno scalpellino.

 

(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2020, p. 336)

 

 

 

domenica 13 giugno 2021

Poeti dimenticati: Alberto Musatti

 

Nacque a Venezia nel 1882 e morì a Roma nel 1960. Si laureò in legge a Padova, partecipò alla Prima Guerra Mondiale, fu consigliere comunale nella città natale e svolse per tutta la vita la professione di avvocato. Scrisse e pubblicò versi fin da giovanissimo, ma per un lungo periodo tacque; ritornò quindi a dedicarsi alla poesia in età molto matura, ripescando in un ultimo volume anche alcuni versi usciti in riviste molti anni prima.

La poesia di Musatti si rifà a quella dei poeti italiani del secondo Ottocento (in particolare si riscontrano diverse somiglianze con quella di Enrico Panzacchi), con, in aggiunta, una lieve malinconia, che in parte lo accomuna ai crepuscolari e, sempre in parte, anticipa la mirabile scrittura in versi di un suo corregionale insigne: Diego Valeri.

 

 

Opere poetiche

 

"Sonetti", Tip. Pozzato, Bassano 1899.

"Eco familiare", F.lli Druker, Verona-Padova 1901.

"La rosa dei venti", Treves, Milano 1906.

"Canto d'amore a un'ignota", Istituto Veneto di Arti Grafiche, Venezia 1907.

"Canzoniere di fidanzamento", Istituto Veneto di Arti Grafiche, Venezia 1920.

"Il pane segreto", Le Monnier, Firenze 1931.

 


 


Presenze in antologie

"Poeti delle Venezie", a cura di Federico Binaghi e Guido Marta, Zanetti, Venezia 1926 (pp. 165-170).



Testi


"BREVE ORTO CHIUSO..."

                                                        a Elda Gianelli

 

Breve orto chiuso, avanza

sotto il tuo salcio chino

qualche gondola, e va,

nel suo mistero,

vaga come un pensiero

che nessuno dirà

e che nessuno ignora;

tacite, ne l'aurora,

passan sotto il tuo salcio,

barche onuste d'ortaggi,

spandendo la fragranza,

per il rio che s'indora,

de i maggi rifiorenti

in torno a la città;

sotto il tuo salcio chino

passan, dileguan canti,

breve orto chiuso: tu

odi, ascolti, e non sveli

chi, ne la queta stanza,

fra quei semplici incanti,

educa in sogno, o pensa

un'antica speranza,

che dolce in cuore fu.

 

(da "Eco familiare", Fratelli Drucker, Verona 18901, pp. 35-36)

 

 

 

 

CAMPANE

 

Il canto de le rustiche campane

in questo punto a la tua casa giunge,

e un desiderio placido mi punge

del tuo paese, che lasciai stamane.

 

Del tuo paese e del tuo ciel, che ascolta

salirgli attenuandosi quel canto,

e che risponde al consueto incanto

con qualche stella, da l'azzurra volta.

 

Tu al davanzale, con il capo chino

ascolti l'Ave de le tue campane,

e una mestizia in cuor te ne rimane

ch'anche a me punge, a mezzo del cammino.

 

(da "La rosa dei venti", Treves, Milano 1906, p. 36)

 

 

 

 

PER UN CAMPOSANTO

 

L'acqua, che solo pare una luce più verde,

chiude un suo vivo anello intorno al camposanto,

e, come a un limitare entro cui si perde,

versan le chiome all'acqua i salici del pianto.

 

Su un triangol di pietra s'apre una porta breve,

lieve, socchiusa appena... Basta, a chi vuol aprire,

il suo ultimo soffio, e il silenzio lo beve...

Credo che non si possa per più pace morire...

 

(da "Il pane segreto", Le Monnier, Firenze 1931, p. 89)

domenica 6 giugno 2021

Dio in 10 poesie di 10 poeti italiani del XX secolo

 

Tra i temi più ricorrenti nei testi poetici di tutti i tempi e di tutte le parti del mondo, c'è senz'altro quello relativo alla possibile esistenza di uno o più esseri ultraterreni che siano gli artefici della vita di ogni entità umana, animale o vegetale. Esistono poesie bellissime su questo argomento, sia che vogliano in qualche modo dimostrare l'esistenza di una divinità, sia che intendano negarla seppure a malincuore. Qui sono presenti dieci poesie di poeti non molto noti, in verità, che scrissero e pubblicarono versi durante il XX secolo; come al solito, ho scelto soltanto poesie italiane, cercando una volta di più, tra i volumi ormai dimenticati, o magari del tutto ignorati, qualche piccolo capolavoro. Si noterà, leggendo questi versi, che domina il dubbio un po' in tutte le voci poetiche selezionate, e lo stanno a dimostrare i "forse", gli "eppure" che iniziano alcuni componimenti poetici, così come i tanti punti interrogativi sparsi qua e là, significativi del fatto che, pure in chi crede fermamente, esistano delle incertezze non risolvibili. D'altronde, anch'io, nel mio insignificante piccolo, non ho mai risolto l'eterno dilemma per eccellenza, che accomuna gran parte dell'umanità (beato chi ha delle certezze assolute!), né, molto probabilmente, lo risolverò fino alla fine dei miei giorni.

 

 

DIO IN 10 POESIE DI 10 POETI ITALIANI DEL XX SECOLO

 

 

Da "NOTTURNO"

di Orlando Pier Capponi (1917 - ?)

 

Ora che tutto è pace, ora che il mondo

vertiginoso quasi è una memoria

(affaticata la città di sole

s'è distesa daccanto al cimitero)

in me raccolto, spingermi sull'orlo

dell'orbite m'è caro; nell'interno

buio vagare, a limitari ignoti,

con lampi di pensiero finché, stanca,

sogna un approdo l'anima che getta,

nel vuoto esausto, un'àncora che è sempre

ricordo d'un'immagine del mondo.

 

Lassù, svelato, non altro che cielo;

e la luce degli occhi, se protesa,

tocca montagne o sfiora oceani d'acque.

 

(In quale sogno apparvero le stelle,

in quale brama fruttuosa la Terra,

in quale arsura delle sabbie il mare?).

 

In te, potenza assurda, tu puoi tutto,

creatura viva in brevi giorni e notti:

ilare nume cavalchi un pianeta;

forza offesa squilibri ora il sistema.

 

Dunque chi sei, quale la tua legge?

 

(da "Processo al dolore", De Luca, Roma 1970, p. 38)

 

 

 

 

NON MORTE...

di Francesco Carchedi (1909-1987)

 

Già inoltra l'inverno:

qualche foglia sui platani

verde resiste, dove

una lampada la intiepidisce.

Forse speranza

raggiungerà il giubilo

di aprile: non morte,

non vita improvvisa,

ma tutt'uno, o Iddio,

nella tua luce.

 

(da "Sono sotto le stelle", Edizioni di «Dialoghi», Roma 1963, p. 91)

 

 

 

 

ALTRO NON SO DIRTI

di Giuseppe Gerini (1895 - ?)

 

Sei Tu che a notte fonda mi desti,

sei Tu che mi chiami?

Angoscia

la Tua voce, la Tua presenza.

L'essere mio, labile,

quel silenzio, vive,

cecità fissa.

Chi sono?

Dove sono?

Tu sei che mi chiami,

altro non so dirti,

altro non so gridarti che solo Tu sei

ed io vivo in Te

sommerso attimo.

 

(da "Nel mio eterno, La Vedetta d'Italia, Fiume 1940, p. 33)

 

 

 

 

TI CERCO DA MILL'ANNI...

di Luca Ghiselli (1910-1939)

 

Ti cerco da mill'anni e ancor non vedo

l'ombra dell'orma Tua.

Tanto mi sei lontano?

Non senti la mia angoscia,

da che non ho più voce,

chiamarti con il palpito del cuore?

Non senti il mio silenzio germogliare

com'acqua di fontana?

Tanto mi sei lontano?...

 

(da "Prose e versi", Pananti, Firenze 1985, p. 375)

 

 

 

 

È VIVO IL DIO DELL'ODIO

di Tommaso Landolfi (1908-1979)

 

È vivo il dio dell'odio,

Morto il dio dell'amore: questo tace

Quanto il primo schiamazza, urla e minaccia.

Oh insensibile gioia,

Oh protezione silenziosa offerta

Dal cuore amante a quello che neppure

Conosce amore, o spregia.

Quale dunque sarà la nostra sorte

Se dovremo pagare con amore

L'amore? Dio del cielo, se

L'amore non sarà premio dell'odio?

 

(da "Il tradimento", Adelphi, Milano 2014, p. 47)

 

 

 

 

DIO SIGNORE

di Bruno Nardini (1921-1990)

 

So d'un tempo che fummo insieme felici,

quando non c'erano altari

e ogni legge era colpa agli occhi di Dio.

 

Un'età prima del tempo;

e il Signore abitava con noi nelle case,

viveva la nostra vita, parlava le nostre

parole: per quella Presenza

era sacro ogni amore.

 

La udivi in te come le pause dei boschi,

ti cantava nel sangue come la schiuma

delle maree, ti correva incontro coi volti

della tua gente, era sapore nel pane

del tuo mezzogiorno.

 

Quel tempo prima dei giorni

infinito così, che pare un attimo, un punto.

 

Ora il tronco è spaccato nel mezzo,

il fiume divaricato lascia il suo letto,

nei solchi sta mùtilo il seme.

Signore, per quale peccato.

 

Per quale colpa, Signore,

uno potrebbe vivere e non vive;

l'uccello in gabbia, il ramo tagliato,

questo nostro sognare.

 

Tu che non puoi separare dall'aria gli uccelli,

dalla terra il seme, dall'amore l'amore.

Tu che ci hai creato, che hai testimoniato.

 

Dio Signore! In te si componga

ogni cerchio spezzato.

 

(da "Variazioni del sangue", Vallecchi, Firenze 1950, pp. 12-13)

 

 

 

 

SPERANZA

di Giorgio Umani (1892-1965)

 

Come impronta del pollice d'un Dio

questa mattina il Cielo,

da nubi tenuissime striato,

appariva allo sguardo.

 

In ginocchio ho pregato: Dove mena

questo duro cammino che ho prescelto?

 

Per la gola del monte ancora fosca

i rami spogli e roridi dei faggi,

agitati dal vento,

han sospirato dolcemente: Spera.

Ed il Sole nascendo

ha inondato di luce la promessa

che m'è sembrata suggellata, in Cielo,

con l'impronta del pollice d'un Dio.

 

(da "Parabole gnostiche", La Lucerna, Ancona 1925, p. 15)

 

 

 

 

FORSE...

di Nicola Vernieri (1893-1965)

 

Forse c'ignori, o Dio. Semini al vento

quest'anime, semenza d'ombra e luce,

e le abbandoni al dubbio e allo sgomento

che le incalzano; e ciò che in noi traluce

di te, del Cielo, questo pio barlume

fra il bene e il male, nelle assidue lotte,

si accende e spegne come il fioco lume

della lucciola errante nella notte.

 

Che cosa è l'uomo, o Dio, su questa terra,

in questo brulichio di fiori e vermi,

d'ali e di code, di cui porta i germi

nella sua carne inquieta? È la misura

d'ogni cosa, di Te, dell'universo,

o un granello di polvere disperso

nella rapina d'una forza oscura?

 

Ci vedi, o Dio, ci segui? In noi trasfuso

sei l'anima impigliata nel pensiero,

questo pianto di luce circonfuso,

questo palpito d'ala prigioniero;

o lontano, nel vuoto sterminato,

giochi coi mondi, e l'uomo più non vedi,

che impastato di terra e di peccato

come formica brancola ai tuoi piedi?

 

(da "Itinerario", Istituto Statale d'Arte, Urbino 1954, p. 5)

 

 

 

 

PUR NON ERANO I MONDI...

di Giuseppe Villaroel (1889-1965)

 

Pur non erano i mondi e Tu non eri

prima dell'uomo e di sua stirpe, o Dio.

Infinito di te stesso entro il finito

prendesti nome ed ebbe voce e senso,

rivelato nel verbo, il tuo prodigio.

Oltre il verbo ti annulli; anche se splende

negli spazi il respiro delle stelle.

Terrificante stato, onde, sospeso

fuori della materia, il tuo volere

resta inespresso e solamente nasce

dalla tua legge la materia e vige.

Struggente affanno del pensiero. Fòlgora

da vàcue vene e dal mortale corso

del sangue marcescibile e non pulsa

al di là della vita. O non sei, forse,

signore e schiavo di te stesso, o Dio,

universa coscienza, entro il groviglio

del filo che tu fili e tu dipani

creato e creatore unico giro?

 

(da "L'uomo e Dio", Maia, Siena 1951, p. 131)

 

 

 

 

I DESIDERI MANTERRANNO INCERTA

di Paolo Wenzel (pseud. di Pietro Spinucci, 1921 - ?)

 

I desideri manterranno incerta

la forma del mio Dio, come la luce

che rapida si muove da una cosa a l'altra

o l'altalena che tra sole e pioggia

sopra un culmine splendido ci issa

a filo delle pergole più alte,

poi rapida c'imbuca, e solo ha senso

quest'onda di sangue ripetuta;

non c'è scampo, mantenersi in alto

non dura, è un'altra morte

che misura il vuoto.

                            Così vidi

giostrare nel grecale, come fuoco

tra nube e nube, sofferente emblema

del mio spirito, il falco...

Oh poterlo legare al mio paletto

dove smania alla frusta del mai visto

il cuore: qualcosa d'imprendibile

che non s'avvera, una pena immortale

in un laccio straniero. Così chiesi

a Dio di sovrastarmi,

d'allevare incertezze, di spillare

la sua musica pazza sino in fondo.

 

(da "Antologia della poesia religiosa italiana contemporanea", Vallecchi, Firenze 1952, p. 494)

 


Michelangelo, "Creazione di Adamo" (dettaglio)
(da questa pagina web)