Quando i poeti italiani decadenti e simbolisti parlano di ragni, spessissimo fanno esclusivo riferimento alla ragnatela: trama di sottilissimi fili che gli aracnidi costruiscono per catturare le loro prede. In questi casi, sempre ne consegue un accostamento alle vicende ed ai comportamenti degli umani; c’è chi - come il Chiaves - li giudica in modo negativo, poiché sono trappole simili a quelle ordite da persone scaltre e malevole; c’è chi ammira la pragmaticità della ragnatela, al contrario della inconcludente trama di pensieri che si susseguono nella testa del poeta per l’intera giornata, e che non portano a un bel nulla; c’è anche chi ritiene le tele dei ragni come qualcosa d’estremamente effimero, che si dissolve con un po’ di pioggia e di vento; il Piazza paragona l’opera di un ragno che si trova sul soffitto della sua misera stanza, a quella del suo cervello, dal quale scaturiscono le sue “memorie segrete”; ma se il ragno, dopo un turbine di vento distruttore, pazientemente ricomincia a tessere la sua ragnatela, il poeta, che ha visto similmente la sua opera dissolversi, non è più in grado di ricreare alcunché.
Poesie sull’argomento
Gustavo Botta:
"Partenza" in "Alcuni scritti" (1952).
Enrico Cavacchioli:
"Il ragno" in "Le ranocchie turchine" (1909).
Carlo Chiaves:
"Ragnateli" in "Sogno e ironia" (1910).
Guglielmo Felice
Damiani: "Il ragno che fila" in "Lira spezzata" (1912).
Alessandro Giribaldi:
"Tela di ragno" in "I canti del prigioniero" (1940).
Guido Gozzano:
"La statua e il ragno crociato" in "La Riviera Ligure",
marzo 1913.
Arturo Graf:
"Ragni" in "Medusa" (1890).
Pietro Mastri:
"Ragnateli estivi" in "L'arcobaleno" (1900).
Giuseppe Piazza:
"La spola" in "Le eumenidi" (1903).
Francesco ed Emilio Scaglione: "Conversazione minima" in "Limen" (1910).
Testi
RAGNI
di Arturo Graf (1848-1913)
Davanti a un foro per
lungo e per largo
Distende il ragno la
sua fragil tela;
Ed io de’ miei
pensier la tela spargo
Sopra l’abisso che
ogni cosa cela.
Ei nella rete onde si
cinge intorno
Acchiappa il
moscherin che in aria frulla:
Io sto sui miei
pensier la notte e il giorno
E non ci colgo un maledetto nulla.
(da "Medusa", Loescher, Torino 1890, p. 168)
LA SPOLA
di Giuseppe Piazza (1882-1969)
O ragno che la ben
callida rete
lavoravi sagace, or presto
or lento,
mentre io, compagno a
te di tetto e stento,
tessevo le memorie
mie segrete,
poi che or le nostre
opre mansuete
la violenza ruppe e
spense il vento,
dopo un sussulto,
giù, ratto e sgomento
percorresti la gelida
parete.
Io non mi mossi. E pur
se il tenue ordito
a rifare il tuo corpo
oggi rivola,
l'angol ritroverà che
'l regga e 'l copra;
ma il mio cantuccio
il vento ha demolito,
e ne 'l turbine ho
perso anche la spola,
e la mia mano
tremerebbe a l'opra.
(da " Le Eumenidi", Pierro, Napoli, 1903, p. 23)
Odilon Redon, "L'araignée"
(da questa pagina web)
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