domenica 7 luglio 2024

I ragni nella poesia italiana decadente e simbolista

 Quando i poeti italiani decadenti e simbolisti parlano di ragni, spessissimo fanno esclusivo riferimento alla ragnatela: trama di sottilissimi fili che gli aracnidi costruiscono per catturare le loro prede. In questi casi, sempre ne consegue un accostamento alle vicende ed ai comportamenti degli umani; c’è chi - come il Chiaves - li giudica in modo negativo, poiché sono trappole simili a quelle ordite da persone scaltre e malevole; c’è chi ammira la pragmaticità della ragnatela, al contrario della inconcludente trama di pensieri che si susseguono nella testa del poeta per l’intera giornata, e che non portano a un bel nulla; c’è anche chi ritiene le tele dei ragni come qualcosa d’estremamente effimero, che si dissolve con un po’ di pioggia e di vento; il Piazza paragona l’opera di un ragno che si trova sul soffitto della sua misera stanza, a quella del suo cervello, dal quale scaturiscono le sue “memorie segrete”; ma se il ragno, dopo un turbine di vento distruttore, pazientemente ricomincia a tessere la sua ragnatela, il poeta, che ha visto similmente la sua opera dissolversi, non è più in grado di ricreare alcunché.

 

 

Poesie sull’argomento

 

Gustavo Botta: "Partenza" in "Alcuni scritti" (1952).

Enrico Cavacchioli: "Il ragno" in "Le ranocchie turchine" (1909).

Carlo Chiaves: "Ragnateli" in "Sogno e ironia" (1910).

Guglielmo Felice Damiani: "Il ragno che fila" in "Lira spezzata" (1912).

Alessandro Giribaldi: "Tela di ragno" in "I canti del prigioniero" (1940).

Guido Gozzano: "La statua e il ragno crociato" in "La Riviera Ligure", marzo 1913.

Arturo Graf: "Ragni" in "Medusa" (1890).

Pietro Mastri: "Ragnateli estivi" in "L'arcobaleno" (1900).

Giuseppe Piazza: "La spola" in "Le eumenidi" (1903).

Francesco ed Emilio Scaglione: "Conversazione minima" in "Limen" (1910).

 

 

 

Testi

 

RAGNI

di Arturo Graf (1848-1913)

 

Davanti a un foro per lungo e per largo

Distende il ragno la sua fragil tela;

Ed io de’ miei pensier la tela spargo

Sopra l’abisso che ogni cosa cela.

 

Ei nella rete onde si cinge intorno

Acchiappa il moscherin che in aria frulla:

Io sto sui miei pensier la notte e il giorno

E non ci colgo un maledetto nulla.

 

(da "Medusa", Loescher, Torino 1890, p. 168)

 

 

 

 

LA SPOLA

di Giuseppe Piazza (1882-1969)

 

O ragno che la ben callida rete

lavoravi sagace, or presto or lento,

mentre io, compagno a te di tetto e stento,

tessevo le memorie mie segrete,

 

poi che or le nostre opre mansuete

la violenza ruppe e spense il vento,

dopo un sussulto, giù, ratto e sgomento

percorresti la gelida parete.

 

Io non mi mossi. E pur se il tenue ordito

a rifare il tuo corpo oggi rivola,

l'angol ritroverà che 'l regga e 'l copra;

 

ma il mio cantuccio il vento ha demolito,

e ne 'l turbine ho perso anche la spola,

e la mia mano tremerebbe a l'opra.

 

(da " Le Eumenidi", Pierro, Napoli, 1903, p. 23)




Odilon Redon, "L'araignée"
(da questa pagina web)




 

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